1.3 Il migrante come capro espiatorio
Come già anticipato, nell’assetto sociale odierno, colui che è soggetto attivo (volente o nolente) del processo migratorio diviene sempre più spesso oggetto di un discorso che non esitiamo a definire come di odio12. Un odio che nel corso dell’emergenza pandemica è riuscito a diffondersi in una percentuale sicuramente allarmante dell’opinione pubblica, rendendola sempre più chiusa ed anacronistica. Questo peculiare discorso si è servito, in maniera particolare, dei contenuti veicolati dai media tradizionali e da quelli di matrice digitale, e dunque dalle piattaforme dei social media. Queste ultime, ad oggi, come sappiamo, costituiscono una buona parte delle nostre attività quotidiane. Non è quindi illecito sottolinearne l’importanza nell’ambito della veicolazione di contenuti fortemente discriminatori e denigranti nei confronti dei migranti. I sopracitati topic, infatti, si servono della figura del migrante in maniera smisurata. Egli diviene così un capro espiatorio che sconta in prima persona la colpa della pluralità dei mali che affliggono la società odierna.
Tale premessa è tanto essenziale quanto doverosa per la comprensione dello studio che è alla base di questa riflessione. Essa, infatti, prende le mosse da un issue paper volto, in maniera particolare, all’analisi del ruolo delle migrazioni in quanto oggetto di disinformazione. Tale analisi scaturisce dallo studio di 1425 articoli giornalistici pubblicati per via digitale tra maggio 2019 e luglio 2020 in Germania, Italia, Spagna ed infine Repubblica Ceca. Questo peculiare documento, intitolato “Fear and lying in the EU: fighting disinformation on migration with alternative narratives”13 nasce come prodotto di un progetto finanziato dal Parlamento Europeo ed è stato pubblicato al termine del mese di novembre del 2020. Esso, inoltre, è stato reso possibile dalla sinergica collaborazione tra la FEPS14 (Foundation for European Progressive Studies), la Friedrich Ebert-Stiftung15 (The Friedrich Ebert foundation) e, infine, la Fundación Pablo Iglesias16. Si è dunque scelto di inserire le informazioni, le riflessioni e gli spunti derivanti dal sopracitato issue paper in questo elaborato, in primo luogo per la rilevanza del tema trattato, ma anche e soprattutto per la sua straordinaria attualità.
Questo documento ci aiuta a prendere coscienza del fatto che quando si parla di disinformazione in correlazione ai flussi migratori, cioè a quegli stessi flussi che da anni segnano la pagina politica e mediatica della pluralità degli stati europei, non si fa riferimento solo a vere e proprie “bufale”, così come le abbiamo viste definite in precedenza, ma anche a quelle che potremmo designare come mezze verità o ancora, abili manipolazioni. È bene comprendere che i procedimenti della narrativa mediatica, la quale si serve spesso di elementi “oscuri” con il fine di catturare l’attenzione dell’utente, dello spettatore o del lettore, sono in continua evoluzione. Questi espedienti, infatti, mutano a seconda di ciò che avviene all’interno dell’assetto sociale, cambiano in base alle condizioni socioeconomiche che sovente non concernono solo una nazione, ma che trascendono i confini dello stato per operare un’influenza se non globale, quantomeno internazionale. Una volta appurato questo, non ci si stupisce in alcun modo del fatto che la pandemia da Covid-19 abbia scatenato, come già anticipato, una crescita esponenziale di articoli volti, quasi accanitamente, a trovare una correlazione effettiva tra i migranti e il rischio di infezione. Ancora una volta è bene sottolineare come alla base della proliferazione della disinformazione concernente i migranti vi sia lo sfruttamento dei timori e delle paure della popolazione da parte di coloro che concepiscono la formulazione delle notizie e che non detengono solo interessi di natura mediatica, ma anche di natura politica. A tal proposito, «un filone sempre più influente di ricerche dimostra l’integrazione della cognizione e dell’emozione nel processo di decisione politica»17. Qui il fine è dunque, senza alcun dubbio, quello di generare paura e di polarizzare le scelte degli individui che fruiscono giornalmente di questi contenuti mediatici, a discapito di coloro che detengono un’unica colpa: quella di essere nati nella parte sbagliata del nostro pianeta. Molto spesso, inoltre, questa volontà di polarizzazione delle scelte degli individui nella società si accompagna a quella dell’opposizione politica di andare a minare, in maniera progressiva ma inesorabile, la fiducia degli individui nei confronti delle istituzioni vigenti. Questa continua ed incessante disinformazione mediatica che colpisce i soggetti attivi delle migrazioni, dunque, rende difficile, se non impossibile, l’esistenza di un’informazione non politicamente orientata, affidabile e neutra. A tal proposito basti pensare al fatto che gli europei, e gli italiani in particolar modo, vanno molto spesso a sovrastimare il numero di coloro che risiedono in Europa ma che invece sono nati in paesi extra-comunitari. Questo avviene perché, malauguratamente, si assiste, quasi ogni giorno, al rimando ai flussi di migranti da parte dei media per mezzo di un termine la cui accezione negativa è più che manifesta: invasione. Che poi questo termine sia declinato in lingua tedesca, italiana, spagnola o ceca, poco importa, le conseguenze sono sempre le medesime. Tra queste ricordiamo la domanda di misure sempre più restrittive nei confronti dei nuovi arrivi di migranti nel continente europeo. Da tali volontà scaturiscono, in misura allarmante, quelle che ci appaiono come delle svolte fortemente populiste e sovraniste nel contesto politico dei differenti paesi europei. Non a caso, «l’avanzata delle forze politiche populiste in Europa è considerata uno degli sviluppi più importanti nella politica europea contemporanea»18.
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