La Storia dell’architettura 1905-2008 Di Luigi Prestinenza Puglisi



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1.6 Utzon e la Sidney Opera House


Quando nel novembre del 1956 il danese Jorn Utzon consegna il progetto per la Sydney Opera House ha 38 anni ed al suo attivo poche, anche se interessanti realizzazioni. Tra queste la sua abitazione in stile usoniano ( Utzon apprezza Wright ed e' stato per un breve tempo ospite a Taliesin) e un complesso di case a patio rivestite in mattoni e abilmente disposte all’interno del contesto naturale, presso Helsingor. Nulla quindi fa pensare che di lì a poco sarebbe assurto agli onori della cronaca e proclamato vincitore di una delle prime importanti consultazioni internazionali del dopoguerra, tanto più che la sua proposta si discosta sensibilmente dalle altre: invece di edificio a sé stante, Utzon propone un segno alla scala del paesaggio costituito da un grande zoccolo in pietra su cui sono adagiati dei gusci, per alcuni dei ventagli, per altri delle vele. Il vantaggio di questa scelta e' duplice: per chi dovrà vedere l’edificio dal mare, si presenterà come un antichissimo spazio cerimoniale realizzato sul promontorio e, grazie allo zoccolo-piattaforma, pensato in stretta osmosi con questo, per chi lo vedrà dalla città come una struttura plastica tridimensionale, che, grazie alla curvatura dei gusci, non richiede un punto di vista privilegiato, ed e' egualmente interessante sia sui lati che dall’alto.

Numerose voci circolano, sin dal primo momento, sul perché di una scelta così inconsueta che premia un outsider. Quasi tutte attribuiscono la vittoria del giovane danese al deciso appoggio di Eero Saarinen, uno tra i più autorevoli giurati, che fa di tutto – si dice: addirittura tirando fuori i disegni dal pacco degli esclusi- per far premiare il progetto di un edificio coraggioso le cui forme ricordano il suo progetto per il Terminal della Twa a New York, anche queste vigorosamnente sensuali e non prive di riferimenti alla poetica organica. Ma una poetica organica che evita un coinvolgimento troppo stretto con la natura -e non e' un caso che Wright interrogato a proposito dai giornali, stronca il progetto di Utzon parlando di tendone da circo- e si orienta invece su immagini cariche di energia, fortemente gestuali. Forme che verranno, invece, apprezzate dagli artisti situazionisti e in particolare dal pittore danese Asger Jorn, uno dei fondatori del gruppo COBRA, che le vedranno quale valido antidoto sia al taylorismo funzionalista sia agli eccessi naturalistici dei seguaci dell’architettura organica propriamente detta.

Ad affiancare Utzon in un incarico così complesso e' la società di ingegneria Arup. Insieme rivedono il progetto infinite volte al fine di trovare un modello matematico e concettuale in grado di rendere realizzabile il disegno di forme così inusuali. Su intuizione di Utzon, si opta, infine, per volte pensate come ricavate dal taglio di una sfera: ciò permette a una maggiore semplicità dei calcoli e la prefabbricazione dei componenti dei gusci. Nonostante il duro lavoro di Utzon e del suo team, i lavori procedono a rilento e le spese si moltiplicano. Nel 1966, a dieci anni dal concorso, Utzon viene bruscamente licenziato e il lavoro fatto completare ad altri. Per quanto manomesso e rimaneggiato, una volta completato l’edificio diventa il simbolo di Sidney. Testimonia che e' possibile, anche in tempi contemporanei, realizzare opere che hanno una forte capacità di presa sui cittadini, ma soprattutto che l’International Style e' oramai morto e sepolto. Al suo posto si delinea un’architettura che dialoga con la dimensione territoriale, le cui valenze – esattamente come succederà con le opere del suo mentore Saarinen- verranno interamente sondate solo dopo diversi decenni.

1.7 Scharoun: due capolavori


Nonostante il successo dell’innovativo progetto di scuola presentato nel 1951 a Darmstadt – ne abbiamo parlato nel capitolo precedente- la prima occasione concreta per realizzare un edificio scolastico si presente a Scharoun solo nel 1955, con l’incarico per il Liceo Geschwister-Scholl a Lünen in Westfalia. L’edificio, destinato a un liceo linguistico femminile e completato nel 1962, riprende l’idea di un modello scolastico alternativo fondato sul rapporto tra le aule, concepite come microcosmi familiari, e gli spazi comuni intesi come luogo dell’incontro e dello scambio. Le prime sono caratterizzate da una pianta esagonale, hanno uno stretto rapporto con lo spazio circostante –un cortile o una terrazza dove fare lezione all’aperto-, emergono come volumi e sono illuminate dall’alto su tutti i lati. Gli spazi comuni gravitano su un atrio lungo un centinaio di metri che lega i nuclei delle classi e affaccia su un cortile di forma approssimativamente semicircolare alle cui estremità sono localizzati l’aula magna esagonale e la sala per la musica circolare (quest’ultima non e' stata realizzata). L’edificio, nonostante la sua apparente complessità, rivela padronanza di forme e chiarezza di relazioni e funziona come un organismo. L’unità minima, cioè la classe, come una cellula, ha un suo nucleo intorno a cui gravitano elementi funzionali minimi. Questa, a sua volta, e' l’elemento costitutivo di un tessuto che gravita su servizi di rango più elevato. I tessuti, infine, compongono un sistema organico vivificato dalle più importanti attrezzature collettive.

La logica compositiva messa a punto da Scharoun ricorda quella relazionale che in questi stessi anni stanno sperimentando gli architetti del Team 10: in fondo, tra questa scuola e l’orfanotrofio di van Eyck vi sono più analogie che differenze. E analogie si possono riscontrare anche con il lavoro di Louis Kahn, anch’esso teso all’approntamento di organismi.

Nel 1956 Scharoun lavora al progetto per la Filarmonica di Berlino. Può così finalmente, dopo le cocenti delusioni a seguito dei concorsi vinti e non realizzati, costruire un edificio di notevole importanza. La sala, completata nel 1963, si basa su un principio estremamente semplice: disporre gli spettatori in circolo attorno ai musicisti, evitando la disposizione frontale. Scharoun lo attua organizzando i posti in un piacevole sistema di terrazze e giocando su una geometria che, oltre a soddisfare le esigenze funzionali ( si pensi agli eleganti elementi curvi che disegnano il soffitto e insieme ottimizzano l’acustica) contribuisce a creare una forte sensazione di centralità. A controbilanciare la quale, così come negli altri progetti elaborati sullo stesso tema, corrisponde lo spazio fluido del foyer, articolato su diversi livelli, legati tra loro attraverso una coinvolgente dialettica spaziale. Dicevamo prima di aspetti che legano la ricerca organica di Scharoun con quelle del Team 10. Uno dei suoi esponenti di punta, Jaap Bakema, così commenta, in termini entusiastici, il foyer: “ le vie di accesso e di fuga, le scale, le gallerie e gli ascensori…sembrano impartire una lezione di urbanistica, i cui principi progettuali mi auguro verranno estesi alla città”. E che di un edificio alla scala urbana si tratta, lo testimonia l’ aspetto esterno risolto con una immagine folgorante che ricorda insieme una fortezza e un’arca e che, grazie al rivestimento dorato, trasforma la Filamornica in un landmark urbano che anticipa di quaranta anni il Guggenheim di Bilbao con le sue luccicanti scaglie di titanio.



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