Nel 1993 Herzog & de Meuron completano quattro edifici il cui successo contribuirà a orientare una parte sempre più consistente della ricerca architettonica dal tema dello spazio, caro alle ricerche decostruttiviste, a quello dell’involucro dell’edificio, o come si preferirà dire con un termine mutuato dalla biologia, della sua pelle. Sono gli appartamenti in Schützenmattstrasse a Basilea, Svizzera, gli uffici e appartamenti SUVA a Basilea, il Centro sportivo Pfaffenholz a St. Louis, Francia e la Fabbrica Ricola-Europe Sa a Mulhouse, Francia.
L’edificio in Schützenmattstrasse (1984-1993) si caratterizza per le persiane in ghisa che riprendono, ingrandendolo, il motivo decorativo dei tombini della città di Basilea. Ad ispirare Herzog & de Meuron sono probabilmente le opere di Frank Gehry. Ma con la differenza che mentre queste sono visivamente eclatanti, l’edificio in Schützenmattstrasse si inserisce con discrezione nel contesto circostante. L’inusuale facciata continua a persiane riprende, infatti, un motivo decorativo – quello dei tombini, appunto- al quale gli abitanti di Basilea sono abituati. Inoltre, potendo essere ripiegate e in parte scomparire, caratterizzano l’edificio con un segno leggero e mutevole.
Il progetto per gli uffici e appartamenti SUVA (1988-1993) consiste nell’ammodernamento di un edificio risalente agli anni sessanta e nell’ampliamento dello stesso con l’aggiunta di un nuovo corpo di fabbrica. La coerenza formale dell’insieme e' ottenuta ricorrendo a un curtain wall vetrato continuo che riveste l’immobile preesistente e la nuova costruzione. In questo modo l’immobile, pur caratterizzandosi con un aspetto contemporaneo, mostra, attraverso la stratificazione degli interventi successivi, la propria storia diventando una sorta di palinsesto. A rendere intrigante questa pelle trasparente che involucro l’edificio provvedono inoltre le scritte serigrafate con il logo del cliente e fasce di infissi con funzioni diverse: alcune manovrate individualmente dagli utenti in relazione alle specifiche esigenze e altre, con funzione di brise soleil, il cui orientamento è centralizzato e gestito elettronicamente in rapporto ai raggi di inclinazione del sole.
Sull’inganno percettivo gioca il Centro sportivo Pfaffenholz (1998-1993). L’edificio principale – un volume semplicissimo- e' infatti caratterizzato da vetri color verde scuro, sui quali e' serigrafato il pattern del truciolato del rivestimento retrostante che, oltretutto, si intravede in trasparenza creando così un piacevole quanto disorientante effetto di ridondanza ottica. Mentre il corpo più ridotto – un volume altrettanto elementare- degli spogliatoi e' realizzato con un cemento su cui e' impressa l’immagine di un particolare ingrandito e sgranato del materiale stesso. Un altro edificio che si caratterizza per l’ estremo rigore delle linee architettoniche e , insieme, per la ricchezza del rivestimento superficiale e' la Fabbrica Ricola-Europe Sa (1992-1993). Appare come una scatola di imballaggio in cui i due lati lunghi sono aperti e sollevati. A renderla accattivante provvedono i pannelli in policarbonato serigrafato con il motivo di una palma a 11 foglie che richiama il tema della natura. Mentre sui lati corti le pareti in cemento sulle quali, per la voluta assenza di una gronda, scola l’acqua piovana conferiscono alla costruzione un carattere materico con colorazioni ed effetti percettivi che variano nel tempo.
Nel 1994, lo stesso anno in cui Nouvel inaugura la fondazione Cartier, Herzog & de Meuron hanno appena finito di lavorare alla cabina di segnalazione Auf dem Wolf a Basilea e ne stanno progettando una seconda che verrà completata nel 1997. Si tratta di due prismi rivestiti da sottili lamelle in rame che si piegano in corrispondenza delle finestre retrostanti, per lasciar passare la luce. La doppia pelle ( la tamponatura tradizionale e, sopra, le lamelle) serve a realizzare una gabbia di Faraday per proteggere le delicate apparecchiature dell’edificio. Ricorda un gigantesco trasformatore, avvolto di sottili fili metallici: una scultura a scala urbana che potrebbe essere un’opera d’arte minimal o pop, a seconda che la si guardi come un volume puro o come un object trouvè.
La conseguenza e' che anche nell’ Auf dem Wolf la complessità e' evitata: la banalità della composizione, come avviene nel campo dell’arte concettuale o della scultura minimalista, serve a mettere in risalto materiali, grane, consonanze e relazioni che altrimenti correrebbero il rischio di passare in secondo piano. Sempre tra il 1993 e il 1994, tuttavia, Herzog & de Merong si muovono in direzione di una più coinvolgente ricerca spaziale. Per esempio con la casa Koechlin a Riehen, Svizzera (1993-1994) che si rapporta con la movimentata orografia del terreno circostante e, nello stesso tempo, si organizza intorno a un patio centrale, giocando molto abilmente con le doppie altezze. Oppure con il museo delle caricature e dei fumetti a St Alban Vorstaadt, Basilea, Svizzera (1994-1996) dove il piccolo spazio a disposizione e' moltiplicato ricorrendo a un percorso vivacizzato e reso interessante dalle trasparenze e dalle riflessioni dei vetri.
2.7 Minimalismi
Dal 1993 al 1997 e oltre la parola minimalismo ricorre frequentemente nelle pubblicazioni e nelle mostre di architettura. Nel 1993 la rivista El Croquis pubblica un numero monografico dal titolo Minimalismos curato da Josep Maria Montaner. Nel 1994 e' il turno di Lotus International e di Architectural Design. Nel 1995 esce un libro di saggi di Ignasi de Solà-Morales in cui e' ripubblicato un saggio su Mies van der Rohe e il minimalismo. Nel 1995 al MoMA di New York si inaugura la mostra Light Construction. Il 26 giugno 1996 a Barcellona la mostra Less is more. Minimalismo en arquitectura i d’altres arts. Il 30 settembre 1996 a Pittsburgh, Pennsylvania inaugura la mostra Monolithic Architecture curata da Rodolfo Machado e Rodolphe el-Koury. Tuttavia, come spesso succede, più si indaga sull’argomento più crescono le difficoltà nell’individuare con precisione in cosa consista l’oggetto della ricerca: in questo caso il minimalismo in architettura. Lo si vede, per esempio, nell’introduzione al catalogo della mostra Less is more dove i due curatori, Vittorio E.Savi e Josep M.Montaner, elencano otto caratteristiche che si possono ritrovare -una sola, alcune o tutte insieme- negli edifici che appartengono a questa tendenza. Sono: il gusto per le forme tradizionali semplici e asciutte, il rigore geometrico, l’etica della ripetizione, la precisione tecnica unita all’amore della materia, la ricerca dell’unità e della semplicità, il salto di scala, la predominanza formale della struttura, la pura presenza che rinuncia alle allusioni storiche o all’espressività. E così, coerentemente con queste premesse, ad illustrare il pezzo compaiono celebri edifici storici, quali per esempio la casa Farnsworth di Mies van der Rohe e altri più recenti quali la Fondazione Cartier di Nouvel e la centrale ferroviaria a Basilea di Herzog & de Meuron. Nonché molti altri, appartenenti ai periodi più diversi della storia dell’architettura del novecento quali la casa Steiner a Vienna (1910) di Adolf Loos (1870-1930), la piscina a Leça de Palmeira in Spagna (1955) di Alvaro Siza Vieira (1930), the Monument to the Unknown Political Prisoner (1952) di Max Bill (1908-1994), il Salk Institute in la Iolla, California (1969-1965) di Louis Kahn (1901-1974), lo Student Residence in Chieti, Italia (1976-1979) di Giorgio Grassi (1935).
Ma se così e', e' chiaro che la parola minimalismo corre il rischio di diventare generica e perdere di efficacia. Per esprimere, nel migliore dei casi, soltanto l’esigenza, particolarmente sentita in questi anni da un crescente numero di architetti, di purificare il linguaggio architettonico dagli eccessi formali focalizzando l’attenzione più sull’involucro dell’edificio che sulla progettazione di complesse dinamiche formali e spaziali.
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