agricoltura urbana è in rapido sviluppo, praticata in tutto il mondo in particolare in Asia ed Africa, tipica dei paesi in via di sviluppo, dove tetti, discariche di rifiuti o strade isolate fungono da terreno agricolo. I sottoproletari urbani riescono ad integrare i propri reddito e a rifornire i mercati urbani senza costi di immigrazione o trasporto. Circa 800 milioni di persone integrano il proprio fabbisogno energetico con questa pratica, soddisfacendo per 1\7 la domanda alimentare mondiale. L’area urbana di Bangkok risulta ad esempio coltivata per il 60%. Essa riduce drasticamente la malnutrizione, evita la dispersione di rifiuti umani\animali trasformando ad esempio gli escrementi in concime, ma ha gravi influenze ambientali, sia dal punto di vista idrico, con la deviazione illegale delle condotte d’acqua per annaffiare le colture, sia per l’utilizzo indiscriminato di fertilizzanti.
7.4 La rivoluzione verde.
Negli ultimi anni la produttività agricola è aumentata grazie all’incremento delle rese dei terreni già coltivati e non all’espansione delle aree coltivabili.
Es: tra il 74 e il 2004 la produzione agricola di cereali è aumentata del 68%, ma il rendimento è in continua variabilità, soprattutto per fattori climatici che influenzano i raccolti. Ciò ha fatto si che la disponibilità pro capite di cereali, nonostante l’aumento della produttività, diminuisse tra anni 80 e 90. La maggior parte dell’incremento è dovuto allo sfruttamento intensivo dei terreni e non ad un’estensione territoriale agricola.
Due fattori caratterizzano le recenti partiche agricole:
In larga parte del mondo meno sviluppato, sono aumentati fattori produttivi come acqua e fertilizzanti, così da incrementare i raccolti pur su una superficie rimasta costante. Le aree irrigate tra il 1960 e il 2004 sono quasi raddoppiate. Un’analoga crescita hanno avuto i pesticidi, portando all’abbandono della pratica di far inselvatichire il terreno per rinnovarne la fertilità.
Rivoluzione verde, sintetica denominazione per far riferimento a molteplici innovazioni tecnologiche, biologiche e nella gestione, adattate ai bisogni dell’agricoltura intensiva e concepite per ottenere raccolti più ricchi su una data superficie. Tale incremento della produttività ha scaturito una maggior disponibilità di derrate alimentari e ha particolare importanza per aree agricole di sussistenza densamente popolate.
L’adozione di nuove varietà e delle necessarie innovazioni in termini di irrigazione, m meccanizzazione, fertilizzazione e impiego di pesticidi ha creato una nuova agricoltura ad ‘’alto investimento-alta resa’’. Molti contadini poveri non traggono beneficio da queste nuove colture, poiché necessitano un’alta irrigazione e fertilizzanti.
La produzione incrementata ha contribuito a un calo della popolazione malnutrita, che tuttavia a causa dell’incremento demografico resta intorno ai 900 milioni di persone, ma la disponibilità di cibo è considerevolmente aumentata ancor più rapidamente che la popolazione e così continuerà, secondo l’ONU, fino al 2030.
Dal punto di vista ambientale ci sono stati numerosi fattori controproducenti, infatti è aumentata la desertificazione a causa dell’alta salinità di alcuni terreni non irrigati e delle improvvide deviazioni delle condotte, portando a un impoverimento delle falde acquifere. Inoltre, lo scopo ricercato dall’agricoltura di mercato è di massimizzare i profitti e non mira ad assicurare un alto coefficiente calorico dei produttori agricoli: i contadini poveri che non potevano permettersi l’investimento capitale richiesto dalla rivoluzione verde, sono stati così soppiantati dalla monocultura di mercato, spesso orientata verso coltivazioni agroindustriali, concepite per l’esportazione piuttosto che per un consumo sul mercato interno.
7.5 Agricoltura di mercato.
Quasi tutte e economie sono state raggiunte dalla realtà globalizzata\capitalistica. I sistemi agricoli di sussistenza si sono ormai evoluti ad agricoltura di mercato: questa rientra nelle cosiddette economie integrate in cui l’agricoltura rappresenta un elemento della complessa struttura comprendente tutte le attività produttive di servizio.
In queste economie le attività agricole, sono in genere orientate alla legge di domanda ed offerta, e lo scopo dell’agricoltore è il guadagno non più il sostentamento.
L’agricoltura all’interno delle moderne economie di mercato è caratterizzata dalla specializzazione, dalla vendita esterna in luogo della produzione per sussistenza e dall’ interdipendenza di produttori e acquirenti collegati attraverso i mercati.
Si parte dal presupposto che una libera economia di mercato produca di più. Teoricamente meno i prodotti agricoli sono disponibili, maggiore sarà il loro prezzo di mercato, il che a sua volta induce ad un incremento di produzione per far fronte alla domanda.
In alcuni paesi in via di sviluppo le politiche di governo impongono un prezzo basso per certi generi, allora la corrispondenza tra costi di produzione e prezzi ne risulta alterata.
Quando prevalgono le condizioni di libero mercato, i contadini tendono a produrre per soddisfare la domanda, secondo una valutazione della possibilità di profitto, tuttavia fattori imprevedibili possono frustrare il mercato, portando i produttori al collasso economico, tra di essi le incertezze circa le condizioni della stagione vegetativa.
Per evitare una eccessiva serie di rischi dovuti a fattori imprevedibili, dovuti a sovrapproduzione o sottoproduzione, dagli anni 50 i ricercatori introdussero una serie di accordi contrattuali o integrazioni verticali che servono a ridurre i rischi della produzione e a garantire il profitto: si stabiliscono contratti di produzione tra coltivatore e compratore-trasformatore. L’agricoltura si fonde in tal modo con i moderni sistemi economici creando un settore chiamato sistema agroindustriale. Questo tipo di sistema è diffuso ormai anche in paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Sebbene sia spesso criticata per essere uno dei tanti lati negativi della globalizzazione, la FAO ha tuttavia recensito positivamente tale sviluppo volto a modernizzare agricolture di sussistenza.
7.6 Il modello di localizzazione agricola di Von Thunen.
Von Thunen nel XIX secolo osservò che suoli dalle medesime caratteristiche erano impiegati per colture per scopi agricoli diversi. Egli notò che attorno a ciascuna delle più importanti città in cui di concentrava il mercato dei produttori agricoli del territorio circostante si sviluppava una serie concentrica di anelli di terreno, ciascuno usato per produrre derrate differenti, L’anello più vicino si specializza i prodotti deperibili, costosi da trasportare e molto richiesti. Più lontani si era dal centro e più i terreni costavano poco, più le colture erano destinate a derrate meno deperibili con costi di trasporto più contenuti, domanda meno alta e prezzi di mercato inferiori.
Il modello di von Thunen fu forse il primo sviluppato per analizzare la distribuzione territoriale dell’attività economica, egli giunse alla conclusione che le differenze riflettevano il costo necessario per superare le distanze che separava una data fattoria da una città centro del mercato. Maggiore era la distanza, più elevato era il costo operativo perché alle altre spese bisognava aggiungere il trasporto. Quando i costi produttivi di un bene più quelli di trasporto equivalevano semplicemente al valore di mercato del bene, allora tale bene si situava al margine estremo della sua praticabilità economica. Ne consegue una semplice proporzione: più elevati sono i costi di trasporto, più bassa è la rendita che si poteva pagare per la terra, affinché il raccolto prodotto restasse competitivo su mercato.
Poiché in questo modello i costi di trasporto sono uguali in qualsiasi direzione a partire dal centro, ne risulta uno schema zonale a cerchi concentrici di sfruttamento del terreno chiamato anelli di von Thunen.
L’agricoltura specializzata interessa colture ed allevamenti di grande qualità ed è rivolta a mercati avanzati come Europa e Asia.
7.7 Agricoltura di mercato intensiva.
Nei paesi più sviluppati dopo la IIWW l’agricoltura si è sempre più concentrata sull’efficacia dei metodi di produzione. In tal senso l’intera agricoltura di mercato moderna è intensiva. I contadini che impiegano grandi quantità di capitale in mezzi di produzione e di lavoro per unità di superficie, si dedicano all’agricoltura commerciale intensiva. Essi producono beni altamente deperibili e dall’alto valore di mercato, che giustificano i grandi investimenti. Non è un caso che intorno a città medio-grandi si concentrano i punti di produzione di colture di valore come frutta, ortaggi, prodotti caseari e per gli alti costi di trasporto di localizzano nei pressi dei centri di mercato.
Le aziende con cerealicoltura finalizzata all’allevamento si dedicano a coltivare cereali destinati al consumo del bestiame di un’azienda, e tale capitale è convertito non solo in carne ma anche in burro, latte, formaggi. Sebbene i contadini lavorino la terra in maniera intensiva, il valore del loro prodotto è inferiore a quello di un’azienda ortofrutticola.
7.8 Agricoltura di mercato estensiva.
Più lontano dai mercati, su terreno meno costoso vi è minore necessita di sfruttare il terreno in maniera intensiva. La terra a buon mercato, seguendo il modello di Von Thunen, origina vaste aree rurali, ma vi sono dei limiti al suo modello: speso infatti sono i climi umidi e l’energia del rilievo a determinare l’agricoltura estensiva più che la distanza dal centro. Per ragioni climatiche si tende a concentrare le coltivazioni lungo zone temperate, dove il maggior bene prodotto è il frumento. Assistiamo dunque alla coltura di frumento su larga scala in Canada, Argentina, Russia, Kansas, Australia.
I grandi allevamenti di bestiame allo stato brado tendono a concentrarsi nelle stesse latitudini dell’agricoltura estensiva di mercato, tuttavia l’allevamento è ridotto a causa dell’erosione delle colture, e il miglioramento delle tecniche di coltura ha ridotto il calore nutritivo degli animali presi in considerazione, spesso l’allevamento è stato anche accusato di aver distrutto ecosistemi a favore dei pascoli. Poiché la quantità remunerativa dei pascoli all’aperto è remunerativa solo dove l’utilizzo del terreno da pascolare è l’unico utilizzo del territorio e la qualità del suolo è modesta, le regioni del mondo che lo praticano sono caratterizzate da bassa densità abitativa e bassi investimenti per unità di superficie e da una richiesta limitata di manodopera.
Agricoltura di mercato estensiva:
-terreni lontano dai mercati, a basso costo.
- prodotti ad alto investimento per semina e raccolta, ma bassi investimenti per unità di terreno.
- prodotti non deperibili a basso costo di trasporto.
7.9 Agricoltura specializzata: agricoltura di piantagione.
La piantagione comporta l’introduzione di elementi esterni: investimenti, gestione, commercializzazione, in colture ed economie indigene e spesso comporta l’importazione di manodopera non locale. I lavoratori tendono a produrre una o sue colture specializzate, le quali, anche se spesso tipiche dei tropici, non sono autoctone. Come il caffè: ha origine in Africa, ma è coltivato nelle Americhe, o anche il cacao e il tabacco, di origine americana e coltivati in Asia e Africa.
Tipica delle ex-colonie dove si tendeva a coltivare a basso costo prodotti non coltivabili nelle zone di mercato.
Si usa il termine piantagione anche quando i produttori sono indigeni e i prodotti locali, come il caso delle noci di cola in Guinea.
Per la facilità di trasporto del prodotto si trovano vicino alle coste, non arricchiscono e giovano in alcun modo gli autoctoni, per via della monocultura anzi portano il terreno all’impoverimento.
7.10 Tipi di insediamento rurale.
Insediamento, cioè il modo di abitare, si distingue in: accentrato, sparso, annucleato.
Si dice centro, il gruppo più o meno grande di case che esplica funzioni di pubblico interesse.
Accentramento e dispersione sono in reazione ad influenze naturali e culturali:
-disponibilità d’acqua
-configurazione del rilievo
-necessità di mutuo aiuto e difesa
I sistemi di produzione: la densità delle case sparse cresce con l’intensità delle colture.
All’origine dei nuclei va considerata anche la tradizione latina della trasmissione della proprietà: la fattoria si trasforma in addensamento di case.
Case sparse sono quelle situate ognuna sul fondo rustico da cui trae sostentamento la famiglia dei contadini che vi abita.
Nucleo: è formato dall’aggregazione di alcune case rurali riunite in gruppo.
Centro: un gruppo più o meno grande: di case che sia un polo di vita organizzata sul piano sociale.
L’indice di accentramento si misura in %: popolazione dei centri\popolazione totale
L’indice di dispersione si misura in %: popolazione sparsa x numero delle località\popolazione totale del comune.
I centri si distinguono per:
-sito, collocazione topografica dell’abitato
-origine
-forma
Fattori determinanti: necessità di comunicazione (centri di ponte, di confluenza, di fondovalle…), necessità di difesa (centri di sprone, di cucuzzolo ecc…).
Le strutture agrarie dell’Europa:
Openfield (bassopiano franco-germanico-polacco) nei campi aperti le terre di ciascun agricoltore non solo non sono separate da siepi, la le decisioni sopra le coltivazioni di ciascuna zona, sono prese in comune tra i vicini, nel rispetto delle tradizioni.
Bocage (Europa atlantica) particolare paesaggio rurale che comprende piccoli boschi, siepi naturali e paludi frammiste a terreni coltivati di forma irregolare, recintati. Idealmente adatto alla produzione di foraggio e al pascolo, produce frutta, selvaggina e funghi. Il bocage richiede tuttavia una manutenzione costante, infatti fossati e terrapieni devono essere sistemati, le siepi tagliate.
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