Giampaolo Dossena dizionario dei giochi con le parole



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L'etimologia è da "contre" e "péter, rendre un son", ma non ci si

può sottrarre alla forza del primo significato di "péter, faire un pet".

Ne viene al gioco una connotazione indecente, confermata dalla citazione d'obbligo, di François Rabelais (Panurge diceva "qu' il n'y avoit qu'une antistrophe entre femme folle à la messe et femme molle à la fesse"). Altri esempi:

le jeune homme aime diner en pensant - pisser en dansant,

méfiez-vous des dons couteux - cons douteux.


Se riduciamo lo schema di questo gioco a xA + yB = yA + xB vediamo che il meccanismo della francese contrepèterie è identico a quello dell'inglese spoonerism e a quello del gioco italiano della

caccia furiosa.

Mentre l'inglese spoonerism spesso parte da una frase anodina

per arrivare a un'altra non meno anodina, la contrepèterie porta a

una frase indecente (come abbiamo detto subito) quasi programmaticamente: "il faut bien reconnaitre qu'il serait un tantinet absurde de déployer d'aussi rudes efforts pour dissimuler, sous une phrase

banalement innocente, une seconde phrase innocemment banale".

Alcuni linguisti sanno cosa sono la contrepèterie e lo spoonerism, altri mettono tutto nel calderone della "papera".
62 \conversazione - In un film di Terry Jones con i Monty Python, "Il

senso della vita" (1983), c'è un cameriere che porge a due clienti, al tavolo, delle "carte di conversazione". Se non vi ricordate il film non importa, anzi forse è meglio (a me piace, ad altri dà il voltastomaco).

Quel che conta è il concetto: "carte di conversazione". A due persone, sedute in un ristorante, si offre un menù di argomenti dei quali possano chiacchierare, presupponendo che diversamente non saprebbero di cosa parlare, non avendo niente da dirsi: non aprirebbero bocca.

Per noi, "conversazione" è colloquio, arte e tecnica dello stare insieme chiacchierando. Fino a un secolo fa, "conversazione" era il fatto in sé di stare insieme, di trovarsi insieme di frequentarsi. (In questo

senso va tradotto, nei compiti di latino, ii verbo deponente "conversari", famosa trappola.) "Giochi di conversazione" era sinonimo di "giochi di società, giochi da sala, giochi da salotto". Erano "giochi di

conversazione" non solo è arrivato un bastimento carico di e il

telegrafo senza fili, ma anche scacchi, dama, carte ecc.

oggi che "conversazione" è "colloquio", si chiamano "giochi di conversazione" i giochi in scatola come Trivial Pursuit, che pongono domande o quiz, esigono risposte, come meccanismo apparente, e

che, come meccanismo vero, segreto, spingono i partecipanti a dir qualcosa, a attaccare discorso. oggi, se non c'è qualche stimolo, la gente non è neanche più capace di chiacchierare, spettegolare, confidarsi, raccontare storie. Qualcuno dice peste e corna di Trivial Pursuit. Io ne ho sempre parlato bene, fin da quando fu lanciato in Italia, nel 1985, perché l'avevo visto giocare, avevo provato a giocarlo

in compagnie svariate, e avevo visto a cosa serve: a rompere il ghiaccio della folla solitaria. The lonely crowd è titolo di un libro del 1950 di David Riesman. Non so se lo legge ancora qualcuno, e se vale ancora qualcosa. ma "folla solitaria" è un bell'ossimoro.

Il successo di Trivial Pursuit ha comportato il successo di innumerevoli imitazioni e derivazioni, per esempio Insieme, edito da Clementoni: figuravano come "autori" delle domande Giulio Andreotti, Renzo Arbore, Sandro Ciotti, Maurizio Costanzo, Luciano De Crescenzo, Jas Gawronski. Si possono aggiungere, con varie sfumature

per i diversi pubblici a cui si rivolgono o si rivolgevano, e per gli argomenti delle domande, giochi chiamati Master Quiz, Parola mia, Provocation, Partner, Mastrogola... Nei più complessi si hanno vari

meccanismi per il conteggio dei punti che i giocatori accumulano rispondendo alle domande e si moltiplicano gli incroci di ruolo fra i giocatori: per esempio si possono fare scommesse sul fatto che Tizio

saprà o no rispondere a una domanda, e Tizio può chiedere aiuto a

Caio, ecc. Al livello più semplice non si usa nessun tavoliere e non si

tien conto di punteggi: si gioca a domande e risposte e basta, quiz

nudi e crudi. Per far questo basta un libro.

I "giochi di conversazione" ci interessano perché sono basati su

quiz, e perché delimitano uno dei territori in cui si possono suddividere i mille modi di giocare con le parole: non "giochi di parole" alla ricerca dell'arguzia bensì scambio di informazioni trite o di puri vocalizzi. E notorio che a volte la gente parla senza aver niente da dire, "tanto per parlare". I "giochi di conversazione" sollecitano a parlare,

a emettere almeno mugolii da pitecantropi in gabbia.

Altri giochi di conversazione non sono imitazioni e derivazioni di Trivial Pursuit: nel comune intento di spingere la gente a conversare introducono elementi più sugosi del solito quiz. Dedichiamo voci singole a questi giochi di conversazione di più alto livello: Blablabla, Plagio, Tabooo; di Bindolo parliamo nella voce gioco del vocabolario.
63 \coppia minima - I linguisti chiamano "coppia minima" una coppia

di parole che differiscono soltanto per un suono (ma i linguisti intendono "suono" in un senso tecnico molto preciso; parlano di fonèma). Le coppie minime servono a identificare i suoni e a distinguere

un suono dall'altro.

Sono coppie minime i giochi di parole che consideriamo alla voce

lava-leva e alla voce tempio-empio, sul finire.
64 \cosce-coscienza - Dice Angelo Poliziano che "essere di buona coscienza vuol dire avere buone cosce". Questo mi sembra un bell'esempio di quelle "etimologie sbagliate in malafede" che cerchiamo di capire nella voce etimologia. Forse vi sembrerà più semplice riferirvi alla voce falso derivato. Non vorrei perdeste

tempo a decidere quale etichetta applicare a questo o quel fenomeno. Mi basterebbe che a sentire uno scherzo ve ne venga in mente qualche altro, per esempio quelli che facevano i latini dicendo "verbis verberare, castratus ad castra", quelli che facciamo noi quando contrapponiamo i nordici ai sudici.

Scherzi di questo genere possono essere utili nel gioco del vocabolario, ma possono costituire un gioco a sé, un filone di freddure che i francesi chiamano "gioco delle parole ritrovate"; se ne son

compilati vocabolarietti appositi, anche in italiano. In uno di questi

troviamo giochi pieni di grazia sugli alluci e le allucinazioni; leggiamo

anche:
desiderio (dal latino de-, prefisso indicante allontanamento, e sidus/sìderis, stella): stato d'animo intenso di provenienza stellare.


Questa battuta va presa con le molle perché in "desiderio" la radice

della parola latina che vuol dire "stella" c'è davvero. Sapere che "desiderare" è fratello di "considerare" e di "assiderare" non l'ha ordinato il medico, ma già che ci siamo è meglio lo sappiate.

Non è spiritoso ripetere "lucus a non lucendo" ridacchiando alle

spalle dello scrittore latino Marco Fabio Quintiliano, quasi fosse da

babbei mettere in rapporto il bosco, opaco d'ombre, con la luce. E

meglio saperlo, che lucus era una volta la radura sacra, in cui la luce

penetrava. (Quintiliano la azzeccava in pieno se diceva "lucus a lucendo " ) .
Il bello del linguaggio starà nel fatto che si perda coscienza di certe

origini, ma una vera signora certe cose le sente, e preferisce minacciarmi un ceffone anziché un cazzotto.

Si potrebbero dare altri esempi di scherzi da prendere con le molle,

su etimologie che si credono sbagliate mentre son giuste. Roberto

Lombardi ha scritto un libro divertente, che gioca su etimologie veramente false, basate sull'inizio della parola ("Colt-coltellata"), o sul finale ("odalisca-lisca") o sul centro ("assassino-sassi"); ma sono

frammischiate a etimologie giuste: il "sudario" ha veramente a che

fare col "sudore", e così "appioppare-pioppo, barcamenare-barca,

bocciare-boccia, capatina-capo, enorme-norma, impaperarsi-papera,

lapislazzul1-lapis, temperanza-temperino". Per vie traverse anche "affiorare" ha a che fare col "fiore", e secondo alcuni la balena ha a che fare col baleno: non è cosa certa ma è ipotesi risaputa, non sorprendente.

A qualcuno può sembrare incredibile che la vagina = fodero abbia a

che fare con la vagina = canale muscolomembranoso dell'apparato

genitale femminile che va dall'esterno fino al collo dell'utero. Invece

ha a che fare, anzi le due vagine sono la stessa parola, come campo-campo, come cappuccino-cappuccino. Sul doppio senso (o doppiosenso) di "vagina" (tale e quale in latino) scherzava già Plauto. Un simile passaggio di significato sembra sia esclusivo del latino e dell'italiano, trovando un lontano riscontro solo in lituano.
65 \costrizione - Questa è parola dal suono sinistro:

atto, effetto del costringere (fare in modo, usando la forza fisica o morale, le minacce e sim., che qualcuno agisca come non vorrebbe),.

limitazione imposta alla volontà individuale da circostanze particolari o

da persone ostili, avvilente rinuncia o sacrificio.


C'è sotto una concezione di Libertà da straccioni, da piccioni come

quelli (ne parlava Kant) che (credevano) avrebbero volato meglio

senza l'"ostacolo" dell'aria.

Nei giochi la costrizione è data dalle regole. Un gioco senza regole

(destrutturato, informale, aperto, alternativo, spontaneo, creativo) è

un delirio sessantottino.

Nei giochi di parole la costrizione è data dalle regole di questo o quel

gioco in particolare. In generale c'è la "costrizione di" fare una certa

cosa (per esempio si devono usare certe parole in Blablabla), c'è la

"costrizione di non" fare una certa cosa (per esempio non si devono

usare certe parole in Taboo).

Se si decide di scrivere in poesia in un certo modo si devono usare la

rima e altre costrizioni. se si decide di scrivere in prosa si deve

scrivere una cartella o più o meno (a meno di cadere in sbrodolature epistolari, diaristiche, oratorie ecc.). Eliminati dalla scuola gli esercizi del riassunto e della amplificazione, il senso della misura è

un segreto da corporazione medievale, da costruttori di cattedrali.

gli uomini politici sono i primi a ignorare l'arte di parlare entro un

tempo prefissato, e gli autori di molti vocabolari si dimenticano di

registrare, di spiegare, cos'è "una cartella".

Gli enigmisti, con tutti i loro difetti ripugnanti, hanno almeno il merito di praticare certe costrizioni sottili, che non stanno nella misura della cartella, roba da muratori, ma nella misura della battuta, roba da orologiai. anzi gli enigmisti adottano una unità di misura ancor più stretta: quella della lettera dell'alfabeto. Per capir qualcosa di

questi segreti vale la pena di osservare che una frase adatta al salto

del cavallo deve avere 64 lettere, non conta il numero delle battute.

Per bravata, per masochismo, si possono moltiplicare le costrizioni:

alla costrizione dell'abbecedario si può assommare quella del tautogramma, sperimentando l' abbecedario tautogrammatico; si può assommare la costrizione del tautogramma o dell' anagramma a quella dell'acròstico, ecc. ecc. Ma attenzione: la fatica

che facciamo noi qui, adesso, già solo per farci venire in mente quali

siano questi giochi a costrizione multipla, è maggiore della fatica che

fanno "essi" a praticare tali giochi. "Essi" hanno tempo, sono allenati, e si divertono.


66 \crittografia - La "crittografìa" è una scrittura convenzionale

segreta, che può essere decifrata solo da chi conosca il codice segreto.

Gli enigmisti italiani chiamano crittografia un gioco analogo al rebus: ma qui l'esposto dell' indovinello è formulato con lettere

dell'alfabeto anziché con immagini.

Nel caso più semplice, le lettere dell'alfabeto possono essere alterate

nelle dimensioni o nella forma. Prendete carta e matita. Scrivete "doloRE, poi riscrivetelo allungando sulla verticale le tre lettere finali.


Avete disegnato una crittografia che ha per soluzione "le ore del dolore sono lunghe".

In casi più complessi, le lettere dell'alfabeto possono essere disposte

in modo irregolare, ridotte a oggetti grafici o tipografici, secondo

princìpi analoghi a quelli del carme figurato, del calligramma, delle tavole parolibere futuriste, della "poesia concreta". Per esempio

scrivete una sotto l'altra le tre sillabe "al", "ri", "go":
AL

RI

Go


Si legge: "RI sotto AL su Go = risotto al sugo".

Senza alterazioni grafiche, l'esposto dell'indovinello può essere costituito da una o più parole di cui si considerano le lettere in base alle singole posizioni reciproche. Per esempio "Teresa" si considera composta da "tesa" e da "re". Si interpreta "in tesa (è) collocato re". Si

risolve "intesa col locatore".

A questo tipo di crittografia si apparentano certe freddure in uso nelle definizioni delle parole incrociate. Per esempio "Le ultime lettere

di Jacopo ortis = is", giocato sul campo-campo "lettere = epistole; lettere = elementi dell'alfabeto", con soperchieria di riferimento al noto romanzo di Ugo Foscolo. Così "capo del governo, il centro della città, i confini d'Italia" sono "go, t, ia" (GOverno, ciTtà, ItalIA").

L'intestazione della crittografia è accompagnata da una doppia serie

di numeri, corrispondenti alle lettere delle "parole" dell'interpretazione (prima lettura) e alle lettere delle parole della soluzione (seconda lettura). Per l'esempio del "risotto al sugo" i numeri sono 2, 5,

2, 2, 2, = 7, 2, 4.

Le crittografie sin qui descritte si definiscono "crittografie" senz'altra

specificazione, o "crittografie meccaniche". Se ne distinguono vari

tipi che ricevono denominazioni varie e discusse (crittografie semplici o pure, sinonimiche, parasinonimiche, perifrastiche, sillogistiche, derivate).

Le "crittografie mnemòniche" sono un gioco ben diverso, basato su

meccanismi di campo-campo e di sei-sei. Una frase fatta è piegata o stravolta a un possibile significato diverso da quello corrente.

Per esempio "provviste di bordo" ha un senso corrente, forte, che è

"scorte alimentari di una nave, viveri per la ciurma", ma può avere

anche un senso più debole che è "dotate di bordo, fornite di orlo".

Su questo senso debole punta la crittografia intestata "Lenzuola (9,

2, 5)".


Allo stesso modo "pianta spoglia" può significare da un lato (senso forte) "albero nudo", dall'altro (senso debole) "lacrimata salma"; "entrate pure" può significare da un lato "redditi netti",

dall'altro "venite dentro, prego!"; "formazione di calcio" può significare da un lato "squadra di football", dall'altro "sedimento

calcareo". Un esempio ancora migliore: "turbata libertà degli incanti" da un lato può sembrare un verso postermetico, dall'altro

può essere un articolo del Codice Civile in cui si prevede che un

comportamento scorretto alteri il libero svolgimento di vendite

all'asta.

Gli enigmisti italiani parlano di "frasi bisenso".

Leggendo avrete volta per volta, automaticamente, chiaramente pensato ai due possibili significati delle varie frasi fatte: ripetendo l'esempio "pianta spoglia":

- "albero nudo" da un lato

- "lacrimata salma" dall'altro.

Se vorrete concentrarvi o rilassarvi, ripetendo più volte, tra voi,

"pianta spoglia", potrebbe arrivare un momento in cui non sapete

più se vuol dire "albero nudo" o "lacrimata salma", pressappoco come awiene con certe illusioni ottiche, dove un unico disegno può

suggerire due diverse immagini, e l'occhio balla tra le due possibilità,

fino quasi a vederle insieme (illustrazione n. 31).

Nota bene. In queste frasi da crittografie mnemòniche (o "frasi bisenso") non intervengono tagli. Tagli intervengono invece nelle frasi doppie ("tremendi canti-tre mendicanti").


Illustrazione n. 31.
Due illusioni ottiche paragonabili, visualmente, all'effetto semantico delle crittografie

mnemoniche. In quella di destra (10 di cuori) è facile vedere due profili neri oppure un

vaso loianco. In quella di sinistra (donna di picche) è meno lbacile vedere una giovane

donna oppure una brutta vecchia (punto chiave: l'orecchio della giovane è l'occhio

della vecchia). Can you believe your eyes? Y and B Associates, Hampstead 1987.
67 \cronogramma - Gioco alfanumèrico latino. Mentre i giochi alfanumèrici ebraici sono complessi, in quanto ogni lettera dell'alfabeto ebraico ha valore numerico (vedi gematrià), il cronogramma è un gioco semplice, perché in latino solo alcune lettere hanno valore numerico:
I = 1

V = 5


X = 10

L = 50


C = 100

D = 500


M = 1000
In una frase latina si può prestare attenzione a queste lettere, e sommarle. Se la frase è ben costruita, il numero che ne risulta può indicare la data dell'evento a cui la frase si riferisce.
Francorum turbis siculus fert funera vesper
può essere letto "franCorVM tVrbIs sICVLVs fert fVnera Vesper", e

così abbiamo C + V + M + V + I + I + C + V + L + V + V + V =

1282, data dei Vespri Siciliani.

Si può applicare la regola del cronogramma a un nome, o a un nomee-cognome, per misurare il valore di una persona, per stabilire l'ordine di partenza in una gara ecc. Domenico vale 1101, Luigi 52 (57 se

lo scriviamo LVIgI).

In un punto poco felice del Purgatorio Dante Alighieri, volendo alludere a un condottiero, e volendolo dire alla latina, "dux", cioè

"DVX", dice "un cinquecento diece e cinque".

Più felicemente Matteo Franco dice a Luigi Pulci:


Cento, cinque e cinquanta, o fiero Gigi,

aggiunto un zero, a' tuoi versi si appropria.


Come il Franco deve uscir dal seminato, e ricorrere allo zero per aver

CVLo, così Antonio Alamanni deve ricorrere a una lettera estravagante, la A, per aver CICILIA (Cecilia):


Centun, centuno, cinquantuno e un'A,

compar, son la cagion ch'io mi disperi.


nota:

Un'altra forma o deformità

di cronogramma voglio tener nascosta in questa nota. Sulla torre della

cattedrale di Winchester si legge un

passo della Bibbia (Isaia 49, 23) che

dice (manipolato con disinvoltura)

"sint domus huius pii reges nutritii,

reginae nutrices piae". Trascrivete

mettendo in maiuscolo la M, la D, la

C, le cinque V e le dieci ( ! ) I. se tutto

va bene dovrebbe risultare una successione equivalente a 1635.
68 \cuoiaio - Sembra che "cuoiaio" sia la parola italiana in cui compare (per l' occhio) il maggior numero di lettere vocàliche (e semivocàliche): 6, contro una sola lettera consonàntica. Possiamo dire che

"cuoiaio" è una parola "ipervocàlica" (mentre è "iperconsonàntica"

schincherche).

Quanto a successione, in "cuoiaio" abbiamo 6 lettere vocàliche successive.

E ci sono parole "olovocàliche"? composte solo di lettere vocàliche

C'è Eoie, titolo di un'opera attribuita a Esiodo, e c'è "auieo" (di cui

parliamo alla voce aiuole, punto 21). E forse si possono costruire

frasi "olovocàliche"

E ci sono parole "monovocaliche"? in cui compaiono varie lettere

consonàntiche, ma una lettera vocàlica sola, una volta sola? In inglese c'è "strenghts".

Se avvertite un leggero malditesta, tornate alle vecchie sane parole

"omovocàliche", come assatanata.


69 \dadi con lettere - Generalmente i dadi sono cubici e recano sulle

sei facce numeri espressi con cifre o con puntini. Li possiamo chiamare "dadi numerici".

Anziché numeri, certi dadi possono recare lettere dell'alfabeto. Questi li possiamo chiamare "dadi alfabètici".

Anche i dadi alfabètici generalmente sono cubici (con l'eccezione del

dado a 20 facce, icosaedro, del Saltinmente, un gioco in scatola

variazione sul tema di fiori-frutta-mari-monti; vedi illustrazione

n. 32.
I dadi cubici alfabètici su ogni faccia recano una lettera, accompagnata o no da una cifra con valore di punteggio. Le lettere sono distribuite sulle facce di un certo numero di dadi, così da ricostruire

un alfabeto di 21 o 26 lettere il quale non sia solo completo, ma

abbia ripetute le lettere di maggior frequenza. Qualche faccia può

recare un jolly. Alcune serie di dadi si presentano ingabbiati in vari

attrezzi (Boggle, Passaparola); generalmente si tirano, a mano libera o con un bussolotto.

Procurarsi o fabbricarsi dadi con lettere non è difficile. Se ne trovano

in commercio di vari tipi (illustrazione n. 33). Difficile è inventare

un modo divertente per adoperarli.

Un modo originale per usare dadi con lettere è quello di Boggle.

Il modo più banale è quello di tirare i dadi e cercar di formare parole

con le lettere che appaiono in vista, spostando i dadi orizzontalmente

secondo i princìpi dell'Anagramma e del logogrifo, oppure

orizzontalmente-e-verticalmente secondo il principio delle parole

incrociate. Qualche complicazione divertente porta il Perquackey.


70 \de dominicis - Francesco Saverio De Dominicis si trova sulle enciclopedie: pedagogista di scuola positivistica, nato a Buonalbergo in provincia di Benevento nel 1846, morì a Pavia nel 1930. Nelle Linee

di pedagogia elementare (1919) spezzò una lancia per il "metodo proposizionale", presentando "una proposizione che contenga tutti gli elementi delle lettere dell'abbiccì, con le loro combinazioni".

Sembra di capire che tale frase dovesse comprendere non solo tutte

le 21 lettere del cosiddetto alfabeto latino-italiano (come nel gioco pranzo d'acqua) e tutti i 30 suoni della lingua italiana (come nel gioco chiamato qui nella

zona), ma anche le "combinazioni" di lettere, cioè i modi in cui si

possono combinare le 21 lettere per rendere i 30 suoni.

L'impresa non è semplice, visto che in italiano né a ogni lettera corrisponde un solo suono, né a ogni suono corrisponde una sola lettera

(come vorrebbe invece il programma dell' AFI). Per esempio alle

lettere E, o, s, z corrispondono più suoni, e il suono di C dura si

può rendere sia con C (Cane), sia con CH (CHilo), sia con Q (Quadro), mentre il suono della C dolce si può rendere sia con C (Cena) sia con CI (CIabatta), e si usa CI anche in camiCIe, benché sembri lo

stesso caso di Cena...

In breve, la proposizione del De Dominicis (vorrete apprezzarne forma e contenuto) diceva:


Belli, scelti garofani, gelsomini, viole, fiori odorosi che qui Cesare raccoglie senza pena e lagni.
Sembra sia opportuno completarla con qualcosa come "Egli ha l'effigie di un ghiro giovane, una scheggia di gneiss, due ciabatte e tre camicie in uno zaino negligentemente sciolto" (vorrete apprezzare forma e contenuto).

Siamo al gioco di lana più caprina che si possa immaginare. Vogliate

notare almeno che per la S sorda il De Dominicis mette "gelSomini";

probabilmente "odoroSi" serve per la S sonora, ma ancora al giorno

d'oggi vari vocabolari raccomandano la pronuncia di "odoroSi" con

S sorda...


71 \dièresi - (a) All'orecchio, la "dièresi" è la possibilità di far diventare iato un dittongo: "nien-te", che di solito son due sillabe, può diventare "ni-en-te", tre sillabe.

(B) All'occhio, la "dièresi" è il segno con cui scrivendo si indica il fenomeno (a): due punti disposti orizzontalmente sulla vocale più debole di quello che era o sarebbe il dittongo: "niente". Scrivendo a

macchina, si torna indietro e si ribatte, su quella I, il tasto delle virgolette: " .

Il contrario della dieresi è la sinèresi: la possibilità di far diventare iato un dittongo. Alcuni credono che "sciare", tre sillabe, "sci-a-re"


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