Giampaolo Dossena dizionario dei giochi con le parole



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della parola latina plebem. Per via culta mantiene il significato latino

di "plebe", di "popolo" contrapposto all'aristocrazia, di "volgo"; per

via popolare, volgare, diventa "pieve", con riferimento al popolo della parrocchia, alla circoscrizione ecclesiastica minore, all'edificio della piccola chiesa. Qualche altro esempio:

angustia-angoscia

area-ala

arena-rena

avversaria-versiera

bestia-biscia

blasfemia-bestemmia

causa-cosa

cippo-ceppo

circolo-cerchio

clausura-chiusura

collocare-coricare

copula-coppia

corona-cruna

cripta-grotta

cubito-gomito

encausto-inchiostro

epifania-befana

esame-sciame

estraneo-straniero

fauce-foce

favola-fola

flato-fiato

flebile-fievole

flutto-fiotto

fuga-foga

furia-foia

indice-endice

lari-alari

macchia-maglia

mistero-mestiere

nitido-netto

oscuro-scuro

parabola-parola

patrono-padrone

platèa-piazza

podio-poggio

pravo-bravo

razione-ragione

restauro-ristoro

rissa-ressa

ritmo-rima

schivare-schifare

seniore-signore

sibilo-zufolo

sinfonia-zampogna

singulto-singhiozzo

solido-soldo

spatola-spalla

stilo-stelo

stirpe-sterpo

succo-sugo

tono-tuono

vagina-guaina

verecondia-vergogna

vizio-vezzo.


Se il meccanismo non vi è sempre chiaro, e se la cosa non vi lascia indifferenti, divertitevi a guardare alcune fra queste parole sul DELI o sul DIR.

Alcuni usano il termine "allòtropo" per indicare la variante di forma, e, direte, non bisognerebbe far confusioni. Ma queste incertezze non sono da sbeffeggiare. In certi casi non è facile decidere se si sia

in presenza di allòtropi o di varianti di forma. In linea di massima si

riconosce una coppia di allòtropi quando le due parole hanno raggiunto significati diversi, ben divaricati. A volte la divaricazione è di pochi gradi, il goniometro sembra registrare solo sfumature stilistiche. Probabilmente è il caso di "oscuro-scuro"; e di "servigio-servizio"; quasi certamente è questo il caso di "cubito-gomito, bove-bue".

Ma se Zanella e Carducci dicevano "cubito, bove" (come avrebbe

certamente detto il maestro di retorica di Cesare Cantù, che incontriamo alla voce sinonimo); nessuno di noi lo direbbe mai, la sfumatura stilistica diventa una questione di gusto e vomito, di ideologia

e fucilazione. Una volta "negro-nero" erano varianti di forma, ora

"nero" è un eufemismo, obbligatorio per gli anti-razzisti. "Familiare"

viene dal latino familiarem, "famigliare" viene dall'italiano "famiglia"; i due sensi sono inconfondibili.

Nessuno proibisce di considerare "solido-soldo" un gioco di parole

come "canuto-canto" ( tempio-empio), o "serviGio-serviZio" un

gioco di parole come "gioCo-gioGo" ( lava-leva). Ma rendersi

conto del fatto che sono allòtropi dà un'altra luce alla trasformazione. Riconoscere una coppia di allòtropi è uno dei momenti più divertenti nello studio dell' etimologia: si sente un forte, confortante sapore di medioevo contadino.
20 \amaro-amore - Nella voce lava-leva consideriamo il caso della

sostituzione di una lettera vocàlica con altra lettera vocàlica. C'è un

sottocaso notevole: sostituzione simultanea di due lettere vocàliche

diverse tra loro con altre due lettere vocàliche diverse tra loro e diverse (almeno in parte) dalle precedenti. Esempio latino "mUtA mEtU",

in Lucrezio; in italiano "amAro-amorE", che si trova in tanti autori,

per esempio da Nocco di Cenni di Frediano a Dante Alighieri:


simil l'amaro amore alla 'mprimera,.

portan conforto ovunque io sento amore [...]

e portan dolce ovunque io sento amaro.
Annamaria Testa ha scritto un libro intitolato Leggere e amare (Feltrinelli, Milano 1993). Tutti subito leggono "lèggere e amare", ma più

sottilmente s'intende "leggère e amare".


Ser Alberto da Massa di Maremma fa questa variazione, passando

appunto a un "amare-amare" della famiglia di sei-sei ("amare"

verbo all'infinito e plurale femminile di "amaro"):
dunque ben è d'amare

tal donne, già d'amare

cose non ha che dea.
Nel Detto d'amore Dante Alighieri salda le due possibilità:
Tu mi vuo' trar d'amare

e dì ch'amor amar'è.


Questo tormentone poi s'intreccia col gioco di aggiunta di una lettera, "amore-a moRte", o di più lettere, "amore-amARore" ( tempio-empio,).

Ser Conte del fu Giovanni da Massa fa "Conte-canti, chale-chulo,

lupo-l'epa, fango-funghi"; Guittone fa "merta-morte". Negli esempi

di ser Conte le 4 lettere vocàliche in gioco sono tutte diverse. Gidino

di Sommacampagna fa uguali la 1 e la 2, diverse da 1 e 2 e diverse tra

séla3 e la 4:


Nel mondo non se vive senza menda,

virtude cara fa posar lo core,

per oprar mara troppo l'omo more,

volgiesi in tondo la ben fatta tenda.


Il detto "donna danno" può essere inteso in tre modi:

1. come sostituzione di lettere vocàliche;

2. come gioco della famiglia di marchesa-maschera;

3. come gioco della famiglia di banana e ananas.

In ogni caso, "chi Dice Donna Dice Danno" fa una bella allitterazione iniziale: un _ poker.
\\21 \amo il mio amore con la a - Gioco analogo a è arrivato un bastimento carico di. Si può fare a voce o per iscritto, in un numero illimitato di persone. Fissata una certa lettera, tocca a un giocatore dopo l'altro di rispondere a voce a varie domande, oppure ogni giocatore deve rispondere a tutte, a voce o per iscritto.

Le domande possono variare e moltiplicarsi: come si chiama? cosa

fa? dove vive? cosa mangia? cosa beve? ecc. Un esempio:
Amo il mio amore con la A

perché si chiama Armando,

fa l'Alpinista,

vive ad Alessandria,

mangia Albicocche,

beve Aleatico...


Un libretto Sonzogno anteriore alla prima guerra mondiale chiama

questo gioco Alfabeto dell'Amore e dice:


Amo il mio Amante dall'A perché egli è Accessibile, si chiama Andrea,

gli dò la mia Ametista, lo nutro di Ananassi e gli fo un mazzolin di

Anemoni.
Molto simile è il gioco dell'Alfabeto in viaggio:
Vado a Ancona per Aggiustare Attaccapanni Arrugginiti; vado a Bologna per Barattare Bambole Brune, vado a Como per Cucinare Cavoli Cappucci, vado a Domodossola per Domare Dodici Draghi, vado a Empoli per Eseguire Esercizi Estrosi...
Questo Alfabeto in viaggio può avere molte varianti. Gli esempi che

abbiamo dato si possono considerare "puri" perché accostano parole senza connettivi. Vengon facili coi plurali, ma anche col singolare si può andare a Mantova per Mangiare Molta Minestra. Si possono accettare esempi "impuri" dove fra parola e parola si intromettano articoli, congiunzioni, preposizioni: "Vado a Livorno per

Lavare le Lenzuola con la Lisciva, vado a Torino per Tirarti un Tavolo in Testa...".

Altra variante, si può cercar di mettere a profitto allitterazioni

consolidate da modi di dire ("vado a Firenze per Far Fuoco e

Fiamme"), da canzoni popolari ("vado a Bergamo perBallare con una

Bella Bimba" ), d a versi famosi ( " vado a Pstoia per Piangere col Pietoso Pastor": è Torquato Tasso che ha scritto "il Pietoso Pastor Pianse al suo Pianto" ) .

Ultima variante, da consigliare a depressi e ipocondriaci, l'Alfabeto

all'ospedale. Dovete vedere voi cosa vi viene in mente: "Mi son beccato un...", e se vi vien forza e voglia di dirlo, o no.

A questo punto ci troviamo sul confine fra giochi scemi e giochi "idioti" (jeux idiots dicono i francesi: come il Gioco della Verità o il Gioco della Torre). Se starete attenti, troverete pur sempre qualcosa

di indiziario o di interpretabile anche nelle reazioni più meccaniche

dei giochi precedenti. Per esempio, nel gioco de!l'Alfabeto in viaggio,

arrivati alla lettera o saranno tre persone abbastanza diverse quelle

che si troveranno sulla strada che mena a otranto, la prima per ottenere orgasmi ottimali, la seconda per obbedire a ordini oculati, la terza per oziare a un'ombra opaca...


22 \anagramma - Il gioco di travaglio-giravolta ha un nome preciso,

inequivocabile: "anagramma". Questo nome risale al greco antico e

si ritrova ben riconoscibile in varie lingue.

Presente in molte letterature, l'anagramma è il più prestigioso fra i

giochi di parole, e spesso suscita stupore. I greci ne attribuivano l'invenzione a Licofrone il tragico. Nato nel 330 a.C. visse ad Alessandria sotto Tolomeo Il Filadelfo e fu premiato per l'anagramma che

cavò dal nome del sovrano: "Ptolemaios apomelitos, Tolomeo dolcissimo". Nella tradizione cabalistica l'anagramma è principio costitutivo della temurà.

In termini magici si crede che in un nome sia racchiuso un presagio

(si dice in latino "nomina sunt consequentia rebus, i nomi sono legati

alle cose con un rapporto di causa-effetto; nomen-omen, il nome è

un presagio"; "onomanzia" è l'arte di predire l'awenire di una persona interpretandone il nome e le lettere di cui è composto). A questa stregua l'anagramma sarebbe un oracolo che svela il segreto del

nome, che porta in luce le doti o il destino di una persona o di una

istituzione. Per esempio si ritenne di buon auspicio che "Calvinus"

fosse anagramma di "Alcuinus" (v = u) e "Gustavus" di "Augustus"

(v = u). Anagrammi encomiastici e satirici furono diffusi in Francia

nei secoli XVI-XVIII: dal nome di "frère Jacques Clément", il fanatico

assassino di Enrico III, si ricavò "c'est l'enfer qui m'a créé" (J = i); da

"Révolution Française" si ricavò "un veto corse la finira" (ç = c).

Nella cultura anglosassone si tende a distinguere l'aptagramma (anagramma che si riveli adatto, cioè pertinente) dal'antigramma (anagramma che si riveli pertinente per antifrasi); questa distinzione si

presta a sottigliezze ironiche negli anagrammi praticati come gioco di

società. "Eugenio Montale", anagrammato, dà "uomo inelegante":

aptagramma o antigramma? Aptagramma!

Aptagrammi, antigrammi e anagrammi oracolari in genere sono giochi per così dire impegnati. Più liberi e vaporosi risultano gli anagrammi vicini al nonsenso. All'anagramma "on. Giulio Andreotti

= un gelido Totò Riina" si può preferire "Giulio Andreotti = Attilio

Gerundio" .

Anagrammi totalmente nonsènsici possono servire per cacce al tesoro (vedi vartiloga).
Sono anagrammi certi pseudonimi come Voltaire (Arouet l[e] j[eune]: u = v, j = i), Americo Scarlatti (Cesare Mascaretti), Ugone di Certoit (Guido Ceronetti).

Se, come negli ultimi due esempi, si parte da un nome-e-cognome, e,

anagrammando, se ne cava un nuovo nome e cognome, Si ha un

"anagramma onomàstico". Carmelo Filocamo ha fatto una serie di

indovinelli, intitolati La padrona di casa. Eccone un esempio:
Che festa! C'era tanta bella gente, donne stupende. Carmela Candeli,

Armance Cadelli, Marlène Caldaci, Imelda Lernacca, Linda Cercamale,

Amanda Reccelli, Clara Mendélica, Ermelinda Lacca, Darella Meccani,

Enrica Del Calma, Rina Della Mecca, Nilde Malacerca, Nella di Ramacca, Alcina Malcrede, Alma Cenci-Lerma. Ma la più incantevole era

la padrona di casa.
I nomi di tutte le signore sono anagrammi l'uno dell'altro; l'ennesimo anagramma è quello della padrona di casa (non difficile da indovinare: Camilla Cederna).

Diverso è il gioco di partire da un nome-e-cognome, e, anagrammando, cavarne qualcosa che, pur sembrando un nome-e-cognome, suoni palesemente falso onde per dargli senso, se non credibilità, si debba inventare una storia, una biografia del nuovo, improbabile personaggio. Umberto Eco ha fatto molti di questi, che si potrebbero chiamare "anagrammi pseudo-onomastici". Rinunciando alle brevi storie, ne citiamo quattro, riferibili all'autore del presente volume: Leossio Pagadoman, Moana Possi Lagode, Magno Piselo Asado, Pio Algone Sadomas.

Per suggestione di certe ipotesi di Ferdinand de Saussure (vedi illustrazione n. 17), alcuni critici letterari hanno voluto riconoscere anagrammi in punti-chiave di testi poetici famosi: per esempio la prima

strofa di A Silvia del Leopardi si apre con "Silvia" e si chiude con

"salivi", che ne è l'anagramma; analogamente sono stati definiti anagrammi giochi imperfetti come "nave/vanì" in Pascoli, "valva/lava"

in Montale ecc.

In realtà non è impossibile cavare buoni anagrammi da versi di poeti

antichi o moderni, anzi è facile, con computers potenti e ben programmati, scoprire in un verso di un poeta l'anagramma di altro verso di altro poeta ( versi per-versi).

Nella classificazione dei giochi di parole l'anagramma sta al punto
Illustrazione n. 17.
Questi sono gli schemi di alcuni tra gli "ipogrammi" o "paragrammi" che nel 1908-1909 Ferdinand de Saussure andò cercando a titolo d'ipotesi nei versi saturni; lasciò

inediti i suoi appunti. altri li pubblicarono parlando di "anagrammi". Ciascuno fa

quel che vuole, soprattutto con gli inediti dei morti. Questa illustrazione può farvi

venir voglia di guardare gli appunti di Ferdinand de Saussure, oppure può farvene

passare la voglia per sempre.
Molti anagrammi funzionano all'occhio ma non all'orecchio. Basta osservare, in "travaglio-giravolta-volgarità", i diversi suoni a cui corrispondono la G di Giravolta, la G di volGarità, la G di travaGlio. Che l'anagramma abbia a che fare con le lettere e non coi suoni è detto dal suo nome stesso, con riferimento alla parola greca

"gramma = lettera".

Un esempio efficace si ha negli anagrammi "eterosillabici", costituiti

da parole con diverso numero di sillabe. Se da "acidulo" e "acinaci"

si passa a "Claudio" e "ciancia", si perdono due sillabe: dove vanno

a finire?

La domanda è magistralmente ingannevole, perché l'anagramma è

un gioco basato sulle lettere, i suoni non c'entrano (e le sillabe sono

suoni).

Un esempio inverso, di anagramma che funziona all'orecchio ma non



all'occhio si ha in Toti Scialoja: "Crimea-Chimera (krimea-kimera)".

Per gli enigmisti italiani, "anagramma" è un indovinello la cui soluzione è data da una parola e da un suo anagramma. Nella intestazione è indicato il numero di lettere della parola in gioco. Fra tanti vocabolari, solo il Gabrielli distingue nettamente i due significati di

"anagramma": 1. gioco di parole, 2. indovinello basato su tale gioco

di parole.

Quando si anagrammano contemporaneamente più parole si hanno

giochi particolari, che gli enigmisti italiani distinguono con sottigliezza: vedi frase.

Due notevoli ibridi dell'anagramma sono il logogrifo e il metanagramma. ibridando l'anagramma con l' acròstico si ha l'acròstico anagrammàtico.

La storia dell'anagramma nella "letteratura italiana" di livello "alto"

sembra si fermi al 1682. Come tutte le storie potrà avere integrazioni. Per esempio La Delia di Giulio Strozzi (1639) mette in scena soldati con scudi a lettere d'oro: cantano e ballano e cambiano schieramento formando frasi inserite nei loro canti:
Delia saluto, l'idea tu sola.

Venetiana, neve natia.

La beltade riveriamo

d'età bella amori veri.


Abbiamo dizionari anagrammatici di due tipi.

Il primo raccoglie le parole in ordine alfabetico all'interno di sezioni

(che possono andare da "parole di quattro lettere" a "parole di diciotto lettere"). Accanto ad ogni parola sono scritti gli anagrammi che se ne possono cavare. Per esempio "giravolta = travaglio, virgolata, volgarità". poi c'è una voce "travagliò" ecc.'

Il secondo tipo, all'interno di sezioni (che possono andare da "parole

di due lettere" a "parole di diciannove lettere") raccoglie in ordine

alfabetico non parole bensì stringhe di lettere accanto alle quali sono

scritte le parole che se ne possono cavare. Per esempio "aagilortv =

giravolta, travaglio, travagliò, volgarità".'

Formula. "Giorgio Manganelli" è 17 lettere. Per vedere quanti anagrammi se ne possono cavare, si moltiplica lx2x3 ecc. fino a 17. Si

arriva alle decine di miliardi. Ma ci sono lettere doppie o triple... Allora la cifra ottenuta (se l'avete ottenuta) prima si divide per il numero di permutazioni delle tre G, delle tre I e delle due A, L, N, o

6x6x2x2x2x2

Vorrei concludere, sulla base della mia esperienza personale, che

l'anagramma frutta sempre molte lettere, per chi faccia posta coi lettori in rubriche di giochi. Scattano spesso molle d'amore, di rivalità

amorosa, di odio per amore non corrisposto, di ferocia per futili motivi, e scatta sempre la voglia di mettere in piazza l'anagramma dolce

o amaro. Un anagramma dolce, lusinghiero, è un'arma di seduzione

efficace. E la molla di far anagrammi scatta nelle circostanze più impensate. Ai tempi del rapimento di Aldo Moro fu recapitato ai monaci della Novalesa questo messaggio: "Il mandarino è marcio". Anagrammato, dava "il cane morirà domani": e l'indomani Moro fu assassinato.


Nella critica dantesca, dopo secoli di ricerche sul verso "Pape satan, pape satan aleppe" forse si è cominciata a intrawedere una lucina ricorrendo all'anagramma: "pela patate, passa panna, pepe"

(notevoli la coerenza culinaria e la allitterazione in P), o forse

"appena palpate, pena passate" (basta una toccatina, e subito arriva il castigo).'6

Per civetteria mi piacciono le cattiverie, per cattiveria non mi piace la

creatività.
nota:

ugenio Greco,

professore alla Bocconi, scrisse un

paio di libri su "Evelina de Puitter",

anagramma di "perdite eventuali".

23 \anilina-anilina - Se scrivete la parola "anilina", e poi la leggete da

destra verso sinistra, avete ancora "anilina".

Nella classificazione dei giochi di parole siamo al punto L: una

parola, che, letta normalmente da sinistra verso destra vuol dire una

certa cosa, se la leggiamo da destra verso sinistra vuol dire la stessa

cosa, anzi resta la stessa parola. Diversi sono i casi di enoteca-acetone e di aiuto-otuia.
Questo gioco da molti viene chiamato "palindromo"; in realtà è un

palindromo di primo tipo, da non confondere con gli altri due tipi, enoteca-acetone e aiuto-otuia.

Questo gioco funziona prevalentemente all' occhio. Se si dispone

di apparecchiature abastanza sofisticate si può sentire che "anilina"

invertendo la marcia del nastro diventa qualcosa di diverso da "anilina"; e basta guardare il diverso valore che hanno le due G di "inGeGni" .

La più lunga parola italiana di questo tipo sembra sia "onorarono".

Anziché lettera-per-lettera il gioco si può fare sillaba-per-sillaba: "comi-co".

Irresistibile è la tentazione di scrivere testi di tipo "anilina". Già gli

antichi greci e latini caddero in questa tentazione.

è abastanza famoso un verso latino che vorrebbe definire le falene o le torce:


in girum imus nocte et consumimur igni,
"andiamo in giro di notte e siamo consumate dal fuoco".
Alcuni dicono che è di Virgilio. Nelle opere di Virgilio non c'è. Alcuni spiegano che è un brutto verso, come Virgilio non ne ha mai scritti. Sarà di un poeta successivo, forse Sidonio Apollinare.

Sul pavimento del Battistero fiorentino è scritto in cerchio un altro

verso, in un punto che rimane illuminato da un raggio di sole, a mezzogiorno, attraverso una feritoia praticata nei pressi della lanterna, il giorno in cui il sole entra nel Cancro, o vi entrava quando fu fatto

quel buco nel tetto. Ne parla Giovanni Villani, 2.23. Dice:

en giro torte sol ciclos et rotor igne.
Sembra un latino ancor peggiore di quello precedente. Si potrebbe

tradurre: "ecco nel giro obliquamente il sole [portare] i cicli ed [ecco] il rotore nel [suo] fuoco". La illustrazione n. 18 dà un'immagine fortemente restaurata per facilitare la lettura.

Il verso latino sul pavimento del Battistero di Firenze,

è leggibile sia da sinistra verso destra, sia da destra verso sinistra (sia in senso orario, sia in senso antiorario).


In tedesco vien spesso citata (e attribuita a Schopenhauer) la frase

"Ein Neger mit Gazelle zagt im Regen nie", un negro con gazzella

non esita mai nella pioggia.

In inglese si hanno frasi meravigliose, come questa (sono le prime

parole che il primo uomo pronunciò nell'Eden): "Madam, I'm

Adam", signora, io sono Adamo.

In francese Georges Perec ha scritto lunghe pagine in questo modo,

ma l'impresa suscita solo un imbarazzato rispetto.

Anche in casa nostra si son fatti testi lunghi o lunghissimi, leggibili

sia da sinistra verso destra, sia da destra verso sinistra. è già troppo

ricordare il biglietto che Arrigo Boito mandò a Eleonora Duse col

dono di un anello:


E fedel, non lede fe'

e Madonn'annoda a me.


ibrido di "anilina-anilina" e di alcune-lacune è il gioco di banana e ananas.
24 \apòcope - Si chiama "apòcope" o "troncamento" il fenomeno linguistico per cui cadono uno o più suoni alla fine di una parola, come

in "automobile" cade "mobile" e resta "auto".

Il significato non cambia, mentre cambia il significato nei giochi di

parole come "maiS-mai, sportA-sport" (che vediamo alla voce tempio-empio), per i quali dunque sarebbe meglio non parlare di "apòcope" (se proprio si volesse, si potrebbe parlare di "pseudoapòcope" ) .

"Automobile-auto" sono varianti di forma.

Sembra che questo fenomeno sia molto più diffuso di quello della

afèresi. Da "Nicola" sembra più frequente "Nico" che "Cola". Gli

esempi di apòcope sono infiniti, e in veloce espansione. Da "cinematografo" si ha "cinema" e da "cinema" si ha "cine". "Frigo, moto, bici" suonano bene. "Profe" e "prof" sono sgradevoli. Il Pillitteri sindaco di Milano e cognato di Craxi era popolare coll'affettuosa apòcope di Pilli.

Nel lento passaggio dal latino all'italiano "virtutem" può dare sia

"virtude" sia "virtù". La seconda è una forma apocopata. Altri esempi: "signore-signor, grande-gran, santo-san, piede-piè, fede-fé, fecefé, buono-buon, bello-bel...".

Alcuni distinguono l'apòcope dall'elisione, che vuol l'apostrofo

("l'eroe"). Però anche alcune apòcopi vogliono l'apostrofo ("ca',

mo', po', sta', di', fa'...").

L'apòcope è speculare alla paragòge.

La poesia più nociva del colonnello Mario Zaverio Rossi (per la quale l'infame aveva composto anche la musica) diceva:
Io, uomo d'onor,

con grande dolor

ho visto un belfior

in preda al terror.

O nobile fior!

tu non sei l'allor,

ma col tuo calor

ridoni a color

il loro color.

Ah, gioia e decor!

ah, forza e pudor!

Tu, d'oggi ad allor,

resterai sempre nei nostri cuor.
L'effetto era micidiale se si permetteva al feroce colonnello di cantare

il testo una seconda volta, con una musica doppiamente stravolta:


Io, uomo d'onore,

con grande dolore

ho v/sto un bel fiore

in preda al terrore.

o, nobile fiore!

tu non sei l'alloro

ma col tuo calore

ridoni a coloro

il loro colore.

Ah, gioia e decoro!

ah, forza e pudore!

Tu, d'oggi ad allora

resterai sempre nei nostri cuori.
Il primo testo è monorimo: un Dottor Jekill melenso ma onesto. Il

secondo è un Mister Hyde. Effetti non meno devitalizzanti si hanno

leggendo con orecchio sospettoso poeti come abba, Berchet


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