Per comprendere appieno le dinamiche di costruzione della disinformazione da parte dei media occorre analizzare il modo in cui le notizie riportate si relazionano a tre specifici elementi: la salute, il benessere e l’identità. È proprio attorno a questi perni, infatti, che vengono strutturate tutte quelle informazioni che si prestano in maniera peculiare alla polarizzazione delle scelte del pubblico o che vengono concepite ed elaborate direttamente con questo fine. Questo perché i timori della popolazione autoctona nell’ambito dello Stato vanno sempre, o quasi, a concernere quello che è il proprio diritto di accesso alle cure sanitarie, al benessere in ogni sua forma, ma anche la conservazione della propria identità culturale. Siamo andati dunque ad elencare tutte questioni rispetto alle quali il migrante viene riconosciuto come minaccia, una minaccia concreta che si deve affrontare sul proprio territorio. Un territorio nel quale si è cittadini riconosciuti e votanti. Ovviamente e malauguratamente, il pubblico di utenza del materiale mediatico il più delle volte non comprende quanto questa visione sia del tutto inadatta e a dir poco aberrante se rapportata al mondo in cui viviamo, un mondo fortemente globalizzato ed interconnesso. Un mondo sempre più definito a livello sovranazionale e nel quale queste credenze così fortemente legate ad una concezione dello Stato quasi come entità sovrana (in quanto garante di salute, benessere e identità) appaiono a dir poco obsolete.
Si pensi, dunque, a quanto il tema della salute abbia polarizzato la comunicazione e l’informazione mediatica nell’era della pandemia da Covid-19. Giunti a questo punto, potremmo chiederci quale sia stata la modalità di attacco nei confronti della comunità migrante. La risposta è semplice, ci si è infatti concentrati su dei timori insiti nelle strutture della società: si è temuto che i migranti non rispettassero in alcun modo i distanziamenti sociali e che godessero della possibilità di un accesso preferenziale alle cure mediche in correlazione ai sintomi del virus. Ancora, nell’ambito del benessere, si è temuto che i migranti costituissero un peso insostenibile per il welfare19 dei paesi europei. Tutto ciò è stato ritenuto dai molti inaccettabile, l’ennesimo oltraggio alla cittadinanza regolare. Un oltraggio che è stato più volte ricordato, esasperato, reso quasi insostenibile da numerosi leader delle forze politiche che per i propri scopi si sono serviti della disinformazione. Tale angheria, del tutto supposta, non ha nulla a che vedere con la realtà, ma questo, per lo meno nell’ambito della narrazione mediatica, sembra avere perso qualsivoglia parvenza di importanza. Così come, ad oggi, sembra non avere alcuna rilevanza il fatto che tutte le teorie che vedono l’identità migrante come pericolo per la conservazione dell’identità culturale dei Paesi europei siano assolutamente infondate. A tal proposito, basti pensare alla folle idea sull’esistenza di cospirazioni d’élite volte alla sostituzione etnica dei popoli cristiani in Europa con quelle che vengono sovente designate, non a caso, come orde di musulmani, provenienti dall’Africa o dall’Est europeo.20 Ancora una volta si è scelto di citare un termine, orda (per di più nella sua forma plurale), proprio per sottolineare l’accezione profondamente dispregiativa di quelle che sono le scelte lessicali spesso utilizzate in ambito mediatico. Scelte che sembrano ricercare il contesto bellico mediante l’utilizzo di sostantivi quali orda, invasione e tanti altri. Così facendo, si tenta di ricreare nell’immaginario comune quella che è la coscienza dell’imprescindibilità di una lotta. Uno scontro nei confronti del migrante, del “clandestino”, del diverso, che deve essere percepito come ineluttabile. Uno scontro che nella realtà non è neanche voluto dalla stragrande maggioranza dei diversi, da coloro che si vedono costretti ad intraprendere il viaggio della speranza. Noi non facciamo che ignorare o dimenticare il fatto che questi individui, che sono uomini come noi, lasciano indietro non solo i propri affetti ma anche la propria stabilità, le proprie certezze, rischiando persino e fin troppo spesso la propria esistenza. Tale viaggio, infatti, non porta con sé desiderio di conquista o sostituzione etnica ma bensì un'unica grande volontà: quella di ricercare e ricreare un futuro migliore, un futuro degno di essere vissuto, un futuro in cui non si sia persa la speranza. Chi siamo noi per impedire ciò? Soprattutto se ci soffermiamo su quello che è il passato della nostra cara Italia. Come dimenticare infatti che quello stesso Paese che ad oggi è terra di immigrazione sia stato per decenni luogo di emigrazione, luogo di partenze analogamente sofferte ma al contempo inevitabili. Si pensi, a tal proposito, all’emigrazione italiana verso l’America che interessò in maniera peculiare il primo ventennio del XX secolo. Come possiamo voltarci dall’altra parte nel momento in cui la storia ci ripropone, ma questa volta nel nostro territorio, le medesime dinamiche, la medesima denigrazione, gli stessi soprusi, ma con dei soggetti differenti da noi stessi? Ciò che nell’attuale contesto storico occorre invocare, al di là dei principi umanitari basilari e sacrosanti, è un minimo di coerenza. Si richiede, dunque, la riscoperta dell’empatia, dell’amore per il prossimo e della comprensione. Questi ultimi si uniranno poi ad una coscienza storica che è nostro dovere, in quanto cittadini, ascoltare.
Qui di seguito si riporta uno schema esemplificativo sulla rilevanza di determinati contenuti e cornici interpretative della disinformazione ovvero di specifici frame, così come vengono designati nelle scienze sociali. Tali elementi ci rimandano a quella che si è scelto di designare come “triade del timore” (costituita da salute, benessere e identità). Questa rilevanza è stata riscontrata nell’ambito dello studio citato in precedenza, dal titolo “Fear and lying in the EU: fighting disinformation on migration with alternative narratives”. Come sappiamo, questo documento ha analizzato 1425 articoli diffusi online tra il 2019 e il 2020 in quattro differenti paesi dell’Europa: 21
Quello che si evince, è che i contenuti relativi ai timori concernenti la salute ed il benessere sembrano superare quelli riguardanti l’identità e si presentano come maggiormente pressanti, quasi incalzanti nel loro scopo. Quest’ultimo è quello di andare a dare vita ad una destabilizzazione proprio nell’aspetto psicologico di colui che fruisce del contenuto, in maniera più o meno manifesta. Alla base di questa destabilizzazione vi, è per l’appunto, l’insinuarsi del timore di essere privati di diritti assolutamente fondamentali nel contesto statale del quale ci si reputa parte integrante e perfettamente integrata.
Vediamo ora, ancor più nello specifico, le principali tematiche della cattiva informazione mediatica che sono stati analizzate nel peculiare studio a cui si è fatto riferimento, in correlazione alle varie realtà nazionali prese in esame. Tutte queste tematiche sono indissolubilmente legate alla triade del timore; questo poiché ne rappresentano delle specificità:
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Come si può notare, molti degli aspetti evidenziati nello schema sono già stati affrontati in precedenza in questo elaborato. Si pensi, a tal proposito, all’invasione, ma anche alla cospirazione d’élite, alla discriminazione, al sentimento antieuropeo ed infine all’assistenza sanitaria. Tutti questi contenuti sono contraddistinti da un’accezione negativa direttamente correlata a quella che si pensa essere la minaccia rappresentata dai migranti. Tale accezione è stata sicuramente incrementata dal fenomeno della disinformazione nel corso dell’emergenza pandemica e dunque economica e sanitaria. Esso, infatti, si è evoluto fino ad andare a rappresentare una vera e propria infodemia23. Non è sicuramente un caso il fatto che questo termine nel 2020 sia stato inserito nella lista dei neologismi dell’enciclopedia Treccani. Questo poiché fatichiamo ad individuare un termine altrettanto attuale, contemporaneo e, al contempo, allarmante.
Ciò che non occorre dimenticare, ad ogni modo, è che le narrative della disinformazione sono in continua ed incessante evoluzione e sono spesso correlate a priorità di natura sociale e politica. Dunque, la giusta strategia per far fronte alle disastrose conseguenze di una disinformazione sempre più invasiva, è quella di andare a dimostrare che i timori degli individui sono, nella realtà, la vera e propria risultante di quella stessa informazione che non esitiamo a definire come distorta e manipolatrice, nonché frutto di una sempre più ingente infodemia.
Il XXI secolo con le sue reti digitali, le sue connessioni sovranazionali, la sua globalizzazione ormai quasi pienamente realizzata, la sua digitalizzazione della comunicazione e dell’informazione, ci si pone dinanzi con la promessa di una libertà assoluta e di una neutralità e autonomia invincibili. Tuttavia, la triste verità è che nella realtà della nostra società “in rete” non vi è alcuna forma di neutralità, questo perché qualsivoglia tecnologia è sempre alimentata da una logica. Sia questa una logica economica o ancora, così come avviene nel contesto della crociata mediatica all’immigrazione, di natura eminentemente politica. È comprendendo tutto ciò che possiamo far fronte al fenomeno della disinformazione, appellandoci cioè a quella che è la nostra coscienza di cittadini raziocinanti e capaci di riflessività.
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