Indice Disinformazione e Covid-19: IL virus dell’odio verso l’altro introduzione Disinformazione nell’era digitale Quando l’emozione diviene mezzo di controllo


Quando l’emozione diviene mezzo di controllo



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Tesina politica internazionale

1.2 Quando l’emozione diviene mezzo di controllo

Si è già visto come durante l’epidemia da Covid-19 e la crisi sanitaria nazionale e mondiale che ne è scaturita, e che ad oggi appare tutt’altro che conclusa, la disinformazione sia cresciuta di giorno in giorno. Questa cattiva informazione è andata a concernere in maniera particolare alcuni tra gli individui più fragili del nostro assetto sociale odierno: i migranti. Ma da cosa nasce questa crociata che è pronta a sacrificare dinanzi ad un’opinione pubblica cieca, famelica e distruttiva coloro che già sono stati provati dalle innumerevoli vicissitudini di un’esistenza tutt’altro che semplice? La risposta a questo quesito ci stupisce per la sua immediatezza. Nel contesto della società “in rete”, la società del XXI secolo nella quale viviamo, la narrazione operata dalle forme mediatiche tradizionali (si pensi alla televisione, ai giornali) e da quelle che si sviluppano nell’ambito delle piattaforme digitali tende sovente a risvegliare in coloro che fruiscono dei vari contenuti mediatici delle emozioni forti. Non si può negare che «il pubblico dedica livelli di attenzione marcatamente diversi a diverse notizie giornalistiche»9. Le notizie più salienti sono quelle che sembrano minacciare la sicurezza del consumatore dei media o ancora, quelle che risvegliano la paura. La spiegazione della peculiare rilevanza di questa tipologia di notizie ci rimanda all’ambito delle neuroscienze. Questo perché coloro che fruiscono dei contenuti che suscitano quell’emozione correlata alla paura e al timore vanno a mobilitare delle risorse cognitive che attivano l’attenzione. Ancora, «odio, ansia, paura sono particolarmente stimolanti e sono anche trattenuti nella memoria a lungo termine»10.


A partire da ciò, ricordiamo che durante lo scorso anno, segnato dall’epidemia, quella che al tempo era ancora opposizione ha più volte sottolineato, senza alcuna vergogna, il presunto ruolo dei migranti nella diffusione del Coronavirus nel nostro paese. A questo proposito, torniamo ancora una volta a parlare della Lega, che già al termine dello scorso gennaio aveva dato vita a quella che ci appare propriamente definibile come una politica dell’odio nei confronti del diverso e, dunque, del migrante. Basti pensare all’idea della presunta correlazione tra i migranti in arrivo dal Mediterraneo ed i casi di Sars-CoV-2, diffusa dalla Lega proprio mediante la via dei social media. Una via sicuramente più immediata, nella quale il tempo dedicato all’elaborazione dei contenuti e quindi alla codifica dei messaggi è sempre minore. Tutto ciò non fa che influire, in maniera negativa, su quella riflessività che sembra appartenerci in misura sempre più contenuta. Se si desidera entrare più nello specifico:
Il 29 gennaio, il segretario della Lega Matteo Salvini ha chiesto provocatoriamente su Facebook, Twitter e Instagram se sia «normale» che mentre nel resto del mondo vengono chiuse le «frontiere» per via del nuovo coronavirus cinese 2019-CoV, in Italia vengano fatti sbarcare i migranti.11
Ancora una volta ci troviamo a far fronte ad una dialettica politica che ci presenta i migranti non come uomini che condividono le nostre paure, le nostre preoccupazioni, quella stessa incertezza del futuro che ci porta a chiederci che cosa succederà domani, ma come altro da noi, un altro che non merita nessuno sforzo di comprensione, nessuna empatia, nessuna forma di accoglienza. Qui si sceglie di nascondersi dietro l’emergenza pandemica quando nella realtà c’è anche un’altra emergenza, quella che vede una costante ed inarrestabile fuga da ogni parvenza di umanità. Tuttavia, qui non si riscontra solamente la mancanza di empatia, ma un vero e proprio discorso che pare trasudare odio in ogni parola, in ogni sillaba, lettera, virgola. Qui non si sta solamente allontanando il diverso ma lo si giudica in partenza come fonte di male ineluttabile, come imbruttimento della società, come un qualcosa di non voluto, di non cercato. Un qualcosa che non si è in alcun modo disposti ad accettare. La pandemia che ha contraddistinto l’anno appena trascorso e che continua a dettare le regole che seguiamo ogni giorno si è trasformata molto, anzi troppo, spesso in un continuo incitamento all’odio e alla discriminazione nei confronti del migrante, non riconosciuto come uomo ma solo come minaccia impellente e inaccettabile.

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