La Storia dell’architettura 1905-2008 Di Luigi Prestinenza Puglisi



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3.8 Paesaggio e nuovi linguaggi


Nel settembre del 1997, Bruno Zevi affronta il tema delle implicazioni formali di un rinnovato rapporto con la natura organizzando il convegno Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura. Un’architettura che diventa paesaggio deve, secondo il critico italiano, liberarsi dalla retorica dei linguaggi artistici già codificati per attingere a ciò che il semilogo Roland Barthes, sin dagli anni Cinquanta, ha indicato come grado zero, cioè un parlare non artificioso, essenziale privo di inutili aggettivazioni.

Se ciò effettivamente si realizza negli anni a seguire e' però difficile da dire. Certo e' che nella seconda metà degli anni novanta maturano una notevole pluralità di proposte di costruzione di un nuovo paesaggio, molte delle quali sviluppano ricerche che abbiamo già visto emergere negli anni precedenti. Tra queste sei tendenze sembrano le più interessanti.


A: PAESAGGIO ORGANICO

Per James Cutler occorre ritornare a un atteggiamento ecologista di tipo tradizionale: “prima la natura e poi l’ architettura”. Da qui edifici che si sviluppano lungo la direzione orizzontale, sono coperti dal verde e usano materiali naturali, soprattutto il legno, seguendo le indicazioni già prefigurate da architetti quali Obie Bowman, autore della Brunsell residence, Sea Ranch, California (1987) una affascinante casa che tende a mimetizzarsi con il contesto naturale nel quale e' inserita.

Meno mimetiche, ma non meno organiche, sono le ricerche di integrazione tra architettura e paesaggio degli australiani Glenn Murcutt e Sean Godsell, e dell’americano William Bruder.

Autore di raffinate quanto leggere case unifamiliari di sapore modernista, che nel 2002 gli varranno l’assegnazione del premio Pritker, Murcutt realizza strutture essenziali pensate per entrare in osmosi con l’esuberante natura australiana e, anche quando propone interventi dimensionalmente più consistenti quali l’Education center, West Camberra, New South Wales, Australia (1999) lo fa esercitando il minimo impatto sull’eco-sistema locale, seguendo l’andamento delle linee del paesaggio, adoperando materiali naturali, curando i dettagli costruttivi e non smarrendo mai il corretto rapporto di scala che lega l’utente, l’edificio e lo spazio circostante. Si muove in direzione simile Sean Godsell il quale, per meglio inserire l’architettura nel contesto, elimina le rigide divisioni tra interno e esterno ricorrendo all’uso di grigliati in legno o in ferro arrugginito nella casa a Kew, Melbourne, Australia (1996-1997) e nella casa Carter Tucker a Breamlea , Victoria, Australia (1998-2000).

Anch’egli autore di raffinate case unifamiliari, il californiano Bruder rinnova, con forme e materiali contemporanei, la tradizione organica .

La Central Library a Phoenix, Arizona, completata nel 1996, dialoga con le mesas di Monument Walley, grazie alle gigantesche pareti, curvate in una direzione e ondulate nell’altra, ricoperte in rame. Mentre con la Library a Jackson , Wyoming (completata nel 1998) e con l’Art Museum a Scottsdale, Arizona (completato nel 1999) realizza due opere che, pur non rinunciando a denunciare la loro presenza, riescono a inserirsi, anche grazie al loro andamento orizzontale, nel paesaggio del west americano.


B. PAESAGGIO POST ORGANICO

Vi e' poi un approccio che nasce da matrici organiche o espressioniste ma attinge alle moderne tecnologie e al loro immaginario formale. Sviluppato soprattutto in area tedesca, si caratterizza, come nei progetti di Thomas Herzog, con edifici che non esitano a ricorrere a nuovi materiali da costruzione e/o alla re-ingegnerizzazione di sistemi costruttivi di tipo tradizionale. A caratterizzare la produzione dell’architetto, il cui studio ha sede a Monaco, è, come nota Peter Buchanam, la consapevolezza che: “in sustainable architecture forms owes more to architects who question accepted practices and reorientate their work using scientific knowledge, than to the fireworks of self-appointed avantgardists who disguise old technology in spectacular new clothes”. Da qui nel 1996 la pubblicazione del libro Solar Energy in Architecture and Urban Planning. Tra le realizzazioni più interessanti di Herzog ricordiamo il padiglione per l’Expo 2000 ad Hannover, Germania (1999-2000) una struttura sostenuta da esili pilastri di disegno organico che incarna il principio della performance form, cioè di una conformazione non predeterminata da idee a-priori ma che nasce dalla risposta logica ai problemi posti dal progetto e dal contesto, soprattutto naturale.

Vi sono poi i progetti di Günter Behnisch & Partner, l’altro importante studio tedesco impegnato sui temi della sostenibilità. Rappresentano il logico svolgimento di una attività che già dai primi anni settanta, con il parco sportivo a Monaco di Baviera, Germania (1972), realizzato con Frei Otto in occasione dei giochi olimpici, ha portato Behnisch a sperimentare l’uso di strutture leggere e innovative. E che negli anni ottanta ha anticipato, per poter meglio articolare l’edificio all’interno del contesto naturale, l’estetica della decostruzione e della landform architecture californiana con la biblioteca dell’Università cattolica di Eichstätt, Germania (1985-1987) e l’istituto di ricerca Hysolar dell’università di Stoccarda, Germania (1986-1987). Ricerche approdate a quella che Behnisch definisce l’architettura situazionale: un metodo di costruzione aderente al compito, al tempo, al luogo e che con la performance form di Herzog condivide l’esigenza di sottrarre l’attività progettuale ai pericoli dell’arbitrarietà e del formalismo. Il metodo è stato applicato con successo al Nuovo Parlamento di Bonn (completato nel 1992) e alla Geschwister Scholl a Römerstadt, Germania (1992-1994) nonché alle numerose realizzazioni che lo studio mette in cantiere a partire dalla seconda metà degli anni novanta a cominciare dal Centro regionale di Assicurazioni dello Schleswig-Holstein a Lubecca, Germania (1992-1997): opere caratterizzate tutte da impianti planimetrici aperti che si inseriscono nell’ambiente circostante e da grandi spazi vetrati interni che permettono condizioni microclimatiche e ambientali ottimali, tali da competere , per qualità di luce e per varietà spaziale, con l’ambiente naturale. Vi è poi l’IBN Institute for Forestry and Nature Research,Wageningen, Olanda (1992-1998) dove il paesaggio esterno all’edificio, reso più rigoglioso attraverso un’accurata opera di piantumazione di nuove essenze arboree, entra in contatto attraverso una grande parete vetrata con quello interno, anch’esso dominato dal verde. “We imagine – sostiene lo studio nella presentazione del progetto- that through time the building will help the landscape become more intricate, varied and autonomous than that which presently exists”.

Gli edifici del duo francese François Jorda e Gilles Perraudin puntano anch’essi a conciliare le nuove tecnologie con la ricerca di un nuovo paesaggio sostenibile.

Nel 1998 il duo completa le Law Courts a Melun, Francia un edificio caratterizzato all’esterno da una tettoia sorretta da pilastri a forma di albero e all’interno da un giardino che evita l’aspetto triste e da caserma degli edifici giudiziari. L’Accademia per la formazione a Herne Sodingen, Germania (1992-1999) e' una trasparente serra in legno e del vetro nel cui interno sono contenuti gli edifici e gli spazi pubblici. Un “campo solare” di 1000 mq. di cellule fotovoltaiche, trasforma il complesso in una centrale che produce 1 megawatt di energia.

Sciolta la partnership con Jorda, Perraudin prosegue la sua attività puntando a recuperare le qualità di un antico materiale quale la pietra, industrializzandone l’estrazione, il trasporto e la messa in opera e quindi puntando a ridurre i costi di manodopera, in base all’assunzione che i metodi di costruzione tradizionali hanno potenzialità ecologiche che sarebbe stupido perdere per l’incapacità di immetterli nei procedimenti costruttivi contemporanei.


C. PAESAGGIO TECNOLOGICO

Anche in Gran Bretagna, gli studi High Tech – o Eco-Tech, come li abbiamo definiti nel capitolo precedente- virano in questi anni, con sempre maggior decisione, le proprie ricerche sui temi ambientali, cercando di conciliare l’innovazione con il risparmio energetico, staccandosi definitivamente di dosso un’etichetta che li voleva come produttori di antiecologici scatoloni in ferro e vetro ad alto consumo di risorse naturali. Ciò accade, per esempio, nel progetto di ristrutturazione del Reichstag a Berlino dello studio Foster (1995-1999) in cui la distrutta cupola del parlamento tedesco è ricostruita trasformandola in una panoramica struttura vetrata nel cui interno c’e' un sistema di specchi che illumina la sala sottostante e il cui meccanismo di ombreggiatura ruota a 360 gradi seguendo il movimento del sole. E’ la natura con le sue forme organiche che suggerisce la realizzazione di forme curve ed avvolgenti. Avviene in due progetti dello studio Foster noti, oltretutto, per avere un notevole impatto sul townscape della City di Londra: il grattacielo per la Swiss Reinsurance Company (1997-2004) che per la sua insolita forma determinata da motivazioni bioclimatiche e' stato ribattezzato “Gherkin”, e la nuova City Hall (1998-2002) sede del sindaco di Londra e della Greater London Authorithy (GLC). Quest’ultima è caratterizzata all’esterno da una complessa forma curvilinea e all’interno da leggere rampe a spirale che salgono verso il cielo senza apparente sostegno.

Ricordiamo, poi, di Nicholas Grimshaw l’affascinante involucro, ripreso dalle strutture reticolari di Buckminster Fuller, per il parco naturalistico Eden Project, in Cornwall, Gran Bretagna (1995-2001). Testimonia l’ininterrotto filo di continuità che lega le ricerche di questi anni, soprattutto in ambito High-Tech con le intuizioni della cultura radicale degli anni sessanta e settanta.

La casa nel Pembrokeshire, Wales (1994-1997) disegnata da Future System si caratterizza per la sua capacità di rendersi quasi invisibile all’interno di uno splendido contesto naturale, senza per questo rinunciare a una forma moderna. Tanto, che come nota Marcus Field, la scocca sarebbe potuta essere stata anche interamente prefabbricata in officina, realizzando un sogno degli Archigram.


D. CONTESTUALISMO SOFT TECH

Renzo Piano tra il 1997 e il 2001 completa quattro interventi edilizi e ne sta per terminare un quinto a forte impatto paesaggistico. Sono: la ristrutturazione del porto antico di Genova, Italia (1988-2001), il centro culturale Jean-Marie Tjibaou in Nouméa, Nuova Caledonia (1991-1998), la ricostruzione di Potsdamer Platz a Berlino (1992-2000), le Torri per Uffici e residenze a Sydney, Australia (1996-2000), l’auditorium a Roma (1994-2002). A testimoniare che per l’architetto italiano non esiste una strategia unica, ma un metodo pragmatico ed empirista che gli permette di calibrare le risposte in relazione alle specifiche condizioni contestuali, le cinque opere sono tra loro diverse. Nel porto di Genova la scelta e' tecnologica e si rifà all’immaginario navale: una tensostruttura che ricorda le vele delle barche e un ascensore panoramico sorretto da pennoni in ferro. In Nuova Caledonia, dove la natura è ancora incontaminata e si sentono le tracce delle culture locali, Piano disegna un edificio con dieci absidi in legno e di differente altezza ispirate alle antiche capanne. Costruite da listelli distanziati, si inseriscono nel paesaggio collinare e vibrano quando sono attraversate dai venti oceanici producendo un suono simile a quello degli alberi. A Berlino, dove l’obiettivo e' l’effetto città, Piano propone la costruzione di un quartiere all’italiana, progettato a misura d’uomo grazie ad un articolato tessuto di strade e di piazze fiancheggiate da edifici rivestiti di cotto. Mentre a Sidney, la cui downtown e' sviluppata in altezza, e' l’umanizzazione del tema del grattacielo, reso energicamente efficiente attraverso un sistema di ventilazione naturale, che migliora il paesaggio urbano. Infine, nell’auditorium di Roma i tre gusci delle sale da musica, pensati come casse armoniche di uno strumento musicale, ma rivestite in piombo per dialogare con i rivestimenti delle cupole romane, sono organizzati attorno a una cavea centrale in cui si svolgono concerti all’aperto. Con le loro forme organiche vagamente bloboidali, garantiscono una presenza contemporanea evidente ma non stridente all’interno del Flaminio, un quartiere romano dove si alternano strutture residenziali e spazi a verde.


E. PAESAGGIO METAFORICO e METAFISICO

Ad un approccio meno pragmatico e più poetico ed astratto ricorre il giapponese Toyo Ito che nel 2001 completa la mediateca di Sendai. Per Ito il nuovo paesaggio nasce dalla sintesi della natura e della tecnologia ed ha la forza di un’immagine semplice ed efficace, antica e moderna: quella dell’acqua che scorre. L’acqua, infatti, da sempre è legata all’idea della vita e del movimento tanto da essere stata evocata già dal filosofo greco Eraclito, con l’immagine della corrente del fiume, sempre diversa e sempre uguale. Inoltre l’elemento liquido, per la sua capacità ad acquisire qualsiasi forma, bene rappresenta i flussi della società dell’elettronica.

La mediateca, conseguentemente, è pensata come un acquario i cui piani sono posti in comunicazione tra di loro attraverso pozzi circolari: dove filtra la luce naturale dall’alto, dove possono essere localizzati i collegamenti verticali e i cavi a fibra ottica attraverso i quali scorrono i flussi informativi. A trasformare i pozzi in altrettanti punti focali della costruzione provvedono i pilastri in acciaio la cui tessitura ricorda i bambù che si trovano sulle rive degli acquitrini e l’uso delle luci artificiali che ricostruisce l’effetto dell’acqua: il garage per esempio è illuminato con un azzurro tale da ricordare il fondo dell’oceano.

I pattern serigrafati sui vetri dell’edificio modulano, infine, la luce solare che proviene dalle facciate mentre la diversa altezza degli interpiani ritma, con studiato disequilibrio orientale, quella che altrimenti sarebbe una semplice glass box.

Anche Herzog & de Meuron si mostrano in questi anni, e in misura crescente , sensibili al tema del paesaggio. E lo fanno mettendo in crisi i concetti di naturale e artificiale. Ciò avviene mostrando da un lato la artificialità di ciò che appare come naturale: per esempio la pietra o il legno che vengono adoperati in modi inconsueti che ne fanno risaltare gli aspetti geometrici e astratti. E viceversa la naturalità di ciò che appare come artificiale: per esempio i pattern della grana dell’isolante termico dell’edificio, magari mettendoli bene in evidenza dietro un rivestimento in vetro. Il risultato e' un mondo fisico, e allo stesso tempo metafisico, fatto di continue sorprese che lascia stupefatti per la ricchezza delle infinite e inaspettate relazioni che esistono tra le cose, le loro forme, le loro strutture. Come nella Dominus Winery in Yountville, California (1995-1998) dove le pareti dell’edificio sono realizzate con pietre sovrapposte tenute insieme da sottili gabbie metalliche. L’edificio appare nello stesso tempo massiccio e fragile, antico e contemporaneo mentre all’interno la luce che filtra tra le pietre dipinge uno spazio caratterizzato da suggestivi contrasti chiaroscurali. Nel Pharmaceutical Research Centre for the Basel Hospital Switzerland (1995-1999) quella che in lontananza appare come una elegante , ma fredda e anonima, palazzina rivestita da una facciata in vetro, si rivela, ad una vista ravvicinata, grazie al gioco delle trasparenze, un universo composto sulla complessa geometria dei frattali, la stessa cioè in base alla quale sono organizzati i paesaggi naturali più frastagliati.

Più deludente e', invece, il progetto per la ristrutturazione della Tate Gallery of Modern Art a Londra ( 1994-2000). Qui, infatti, il contrasto tra materiali e forme sembra perdersi all’interno della gigantesca massa del preesistente gigantesco edificio industriale di Sir Gilbert Scott. Tuttavia questo progetto, per l’importanza e la visibilità dell’incarico, servirà a lanciare il duo a livello mondiale.


F. DIS-ARCHITETTURA

Se per Ito la natura deve essere sublimata, attraverso la rielaborazione metaforica, nelle forme astratte dell’ architettura, per Emilio Ambasz e per James Wines il problema inverso: è l’architettura che deve piegarsi alla natura, ritornare ad essa, anche a costo di perdere il proprio aspetto artificiale.

E’ da tempo che entrambi i progettisti, che vantano una militanza all’interno dei movimenti radicali degli anni sessanta e settanta, sviluppano e rielaborano le loro teorie dis-architettoniche. Ma è solo in questi anni - anche grazie agli esperimenti di progettisti più giovani che lavorano sul tema della dis-architettura, quali Edouard François e, per certi aspetti, François Roche - che il loro lavoro, precedentemente snobbato o tenuto in scarsa considerazione dalla critica, viene rivalutato.

L’Acros Building a Fukuoka, Giappone (1990-1995) di Ambasz è un centro congressi progettato per scomparire, trasformandosi con la crescita della vegetazione in una sequenza di giardini pensili. Emerge solo il taglio che delimita l’ingresso, la cui forma allude, ai simbolismi delle architetture arcaiche e, insieme alla condizione abitativa della grotta.

James Wines , dopo la aver realizzato la promenade all’Expo e il padiglione arabo per l’Expo di Siviglia, Spagna(1992) e il parco e piazza a Chattannoga, Tennessee (1992), produce numerosi progetti, di notevole interesse ambientale, ma che rimangono sulla carta: quali il museum of Islamic Arts a Doha,Quasar (1997)e il progetto per l’USA pavilion all’Expo di Hannover (1998). Nel 2000 pubblica il libro Green Architecture ed e' impegnato con due progetti in Italia, uno dei quali – il giardino di sculture a Carate in Brianza- sarà completato nel 2006. Entrambi i lavori si caratterizzano per un approccio ecologista sempre più deciso in cui la costruzione dell’architettura diventa parte integrante della sistemazione del landscape, tanto che alla fine i due elementi appaiono tra loro indistinguibili. Tanto che non e' azzardato affermare che il verde e' oramai il nuovo materiale da costruzione anche perché, come nota Wines, “ glass curtain walls are hardly avant garde icons any more – in fact they have become the ultimate right wing symbol”51.
G. APRROCCIO SCULTOREO E LANDFORM ARCHITECTURE

In direzione opposta rispetto alla de-architetturizzazione proposta da Ambasz e Wines, si muovono quegli architetti che vogliono creare un nuovo paesaggio o a partire dalla costruzione di oggetti scultorei o, come nel caso della landform architecture, materializzando in un’opera dalla forte energia plastica linee, flussi e forme del contesto circostante.

I progetti dello spagnolo Santiago Calatrava, come abbiamo avuto già occasione di notare, nascono dall’osservazione dei principi strutturali a cui soggiacciono le forme naturali. In questi anni realizza l’elegante Ponte Bianco,una passerella pedonale sul rio Nervon in prossimità del museo Guggenheim di Bilbao, Spagna (1990-97), la città dell’arte e della scienza a Valencia, Spagna (completata nel 2006), l’ampliamento del Milwaukee Art Museum, Wisconsin (1994-2001). Sono edifici e spazi che ricordano foreste gotiche o ibride strutture viventi sospese tra il passato remoto della paleo-storia e il futuro immaginato dalla fantascienza. Vi e' però un eccesso di invenzione che non semplifica le forme strutturali – per esempio togliendo materia e peso- ma le rende artatamente complesse. Con il risultato che – lo si vede soprattutto a Valencia- le opere captano l’attenzione e suscitano curiosità ma affaticano la vista con un continuo gioco di rimandi, per essere alla fine percepite come ridondanti.

Nel 2000 scompare tragicamente Eric Miralles. Sarebbe diventato – ne abbiamo già visto le premesse nei capitoli precedenti- un protagonista del nuovo millennio. I suoi migliori progetti, in bilico tra espressionismo organico e decostruttivismo, saranno realizzati postumi con l’apporto di Benedetta Tagliabue. Sono caratterizzati da una formidabile tensione paesistica, dall’uso creativo dei materiali grezzi e da un deciso cromatismo, come nel nuovo parlamento scozzese ad Edimburgo (1998-2004) o nel recupero del mercato di santa Caterina a Barcellona (1999-2004). Di quest’ultimo progetto colpisce il manto ceramico variamente colorato che trasforma quella che in genere è una parte dimenticata dell’edificio in un affascinante oggetto di artificial landscape.

E’ con il Landesgartenschau 1999 a Weil am Reihn , un padiglione realizzato per ospitare eventi e mostre legati al gardening show del 1999 che Zaha Hadid orienta decisamente, anche in senso naturalistico e ambientale, la sua ricerca sul temi della costruzione di un nuovo paesaggio.

L’edificio sembra appartenere al luogo sia perché le linee curve riprendono le percorrenze che attraversano il parco sia perché ricordano quelle fluide che si incontrano in natura. Nello stesso tempo, attraverso la dinamica della scomposizione architettonica, la Hadid carica il luogo di una energia plastica che altrimenti non avrebbe. Lo stesso metodo e' utilizzato nel concorso del 1998 per il Centro di Arti Contemporanee a Roma. Tema: una macchina culturale localizzata su un'area di 3 ettari all'interno del quartiere Flaminio, che ospiterà strutture museali e per esposizioni temporanee, spazi sperimentali multimediali, un settore educativo e attività indipendenti e extraistituzionali. La Hadid propone un edificio che nasce dall’incontro di diverse linee generatrici questa volta legate alla realtà urbana. L’obiettivo e' generare un sistema vitale, concepito come un campo di forze, navigato dai visitatori attratti dalle diverse distribuzioni di densità che si registrano all'interno della struttura. Gli elementi di circolazione verticali e obliqui sono collocati nei punti di confluenza, interferenza e turbolenza. Insomma: un sistema dotato di molteplici direzioni, dove scorre un ininterrotto flusso di energia e dove l’architettura perde la sua consistenza oggettuale per diventare paesaggio.




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