Verso quale direzione si muoverà l’architettura nel prossimo futuro?
Non e' azzardato prevedere che a dominare il panorama sarà ancora lo Star System, che si rafforzerà con nuovi incarichi, provenienti soprattutto dai Paesi emergenti: Cina, India e Golfo Persico dove, a Dubai, stanno muovendosi importanti interessi economico finanziari. Tra le opere che si produrranno alcune saranno di notevole intensità poetica e interesse formale. E’ difficile infatti pensare che personaggi creativi come Gehry, Hadid, Koolhaas si ripeteranno stancamente, accettando la banalizzazione e il facile successo che la celebrità può comportare.
Da parte dei progettisti emergenti avremo, invece, un atteggiamento ambivalente. Da un lato cercheranno di entrare nel circuito dello Star System, dall’altro lato assisteremo a prese di distanza. Ciò porterà, nel primo caso, alla diffusione di quello che prima o poi verrà a configurarsi come uno stile, non diversamente da quanto e' successo con lo Stile Internazionale. Mentre, nel secondo, caso porterà all’emergere di nuove tensioni, inquietudini e idee progettuali non meno interessanti di quelle che una ventina di anni fa provocarono i notevoli cambiamenti architettonici che abbiamo vissuto e di cui godiamo i frutti.
Sicuramente, alcuni di questi rivolgimenti sono già in atto ed e' solo colpa della presbiopia di noi critici, che sappiamo leggere meglio ciò che e' passato rispetto a ciò che abbiamo proprio sotto gli occhi, il non riuscire a vederli e decodificarli. Come non lo fecero quelli della generazione che ci hanno preceduti quando per esempio nel 1980 non notarono gli eccentrici contributi di Gehry e Koolhaas alla altrimenti postmoderna Strada Nuovissima della Biennale di Venezia o quando, ancora prima, nel 1978 non riuscirono a prevedere le ricadute delle novità preannunciate dall’ampliamento della casa dello stesso Gehry a Santa Monica.
Tre direzioni appaiono comunque oggi delinearsi.
La prima consiste nella crescente importanza del contesto a scapito dell’oggetto. L’architettura si confronterà sempre di più con la dimensione territoriale e, non essendoci più nette linee di demarcazione, la natura entrerà sempre più prepotentemente nel processo progettuale, anche come materiale da costruzione. Oltre il risparmio energetico e la sostenibilità, la prossima frontiera sarà il nuovo rapporto con tutto ciò che ci circonda. Da qui il rifiuto per le architetture-scultura acontestuali. Ma anche lo scarso interesse per le composizioni tettonicamente ben proporzionate- anch’esse, alla fine dei conti, pensate come oggetti scultorei autonomi rispetto al paesaggio.
La seconda direzione tenderà a rivedere il rapporto tra High Tech e Low Tech, superando l’ eccessivo entusiasmo degli anni novanta per il digitale ma anche la paura , cresciuta dopo le Twin Towers, per tutto ciò che appare come tecnologico. Ciò, ovviamente, non vuol dire un banale equilibrio con scelte mediane. Ma appassionanti incontri e scontri -tra semplice e complesso, tra lento e veloce, tra digitale e meccanico, tra automatico e manuale, tra leggero e pesante, tra trasparente e opaco, tra astratto e concreto…- alcuni dei quali, come abbiamo già visto, cominciano già a delinearsi nei progetti degli architetti più giovani.
La terza direzione vede l’architettura entrare nel circuito dei desideri. Ciò vuol dire superare la fase dei bisogni elementari e dello standard per entrare in quella dei bisogni complessi, dei modelli di vita. Gli aspetti comunicativi e retorici diventeranno predominanti. Come avviene nella moda e nell’arte, entrambe sempre meno coinvolte in ricerche oggettuali e sempre di più in dinamiche relazionali. A questo punto spetterà agli architetti decidere se utilizzare le tecniche mistificanti della prima o quelle ben meno arrendevoli della seconda.
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