La Storia dell’architettura 1905-2008 Di Luigi Prestinenza Puglisi



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3.14 Da dove ripartire?


Gli anni che vanno dal 1998 al 2001 presentano un impressionante parallelismo con quelli che vanno dal 1926 al 1932. Si tratta, in entrambi i casi, di due periodi eroici della storia dell’architettura, segnati dalla produzione di opere di straordinario interesse, se non di veri e propri capolavori. A realizzarle sono architetti che si muovono all’interno di un movimento d’avanguardia e che coronano una ricerca di oltre un decennio. A stimolare la loro creatività e' un fervido contesto sociale e culturale in bruciante accelerazione, trainato in un caso dalla rivoluzione meccanica e nell’altro dalla rivoluzione digitale. Cioè rispettivamente dall’imperativo dello standard o da quello dell’individualità.

La realizzazione, in entrambi i due periodi, di opere mature dal punto di vista formale e convincenti dal punto di vista tecnico contribuisce al successo non solo degli Autori, che diventano dei protagonisti riconosciuti della scena internazionale, ma di tutto il movimento che questi rappresentano ed ha una immediata ripercussione, in termini di emulazione, presso le più giovani generazioni. Da qui la diffusione di un nuovo sentire estetico. Il successo, però , segna la fine del periodo eroico e l’inizio della routine stilistica che non esita a ricorrere alla ripetizione acritica di formule preconfezionate. E difatti come nel 1932 nasce l’International Style, a partire dal 2001 dilaga lo stile dello Star System. A mettere in crisi le acquisite certezze estetiche, in entrambi i casi, sono gli avvenimenti storici. L’avvento o il consolidarsi delle grandi dittature– Hitler, Stalin, Mussolini- o le turbolenze mondiali – guerra in Afganistan, in Iraq- che fanno seguito all’11 settembre 2001. All’euforia, subentra l’angoscia. Si manifestano le contraddizioni, le ritirate e gli arretramenti. Nello stesso tempo cominciano a intravedersi anche originali e insondate direzioni di ricerca. Da dove ripartire? Certamente – lo vedremo nel prossimo capitolo- dalla consapevolezza etica che emerge dalle macerie degli attentati e delle guerre, ma anche da quel nuovo rapporto con la natura, che proprio nel periodo 1998-2001 si e' delineato con forza e secondo una notevole pluralità di punti di vista all’interno delle ricerche più significative.




Parte 4 capitolo 4: Trends: 2002-2007




4.1 World Trade Center


“ Let me put my cards on the table. It’s important to me that the spire is shaped in a way that recalls the Statue of Liberty. And I want the tower to be 1776 feet high, so the building stands for something substantive, the Declaration of Independence. In the end, this is what matters to me”60.

Con queste parole, come ci racconta nella sua biografia, Daniel Libeskind, appena nominato vincitore del concorso per il masterplan del Word Trade center, difende il proprio progetto davanti a David Childs, il direttore dello studio SOM, scelto dal developer Larry Silverstein e che, poi, di fatto lo esautorerà. E’ interessante notare che Libeskind sottolinea gli aspetti simbolici della sua idea architettonica, evidenziando, invece, nell’atteggiamento di Childs semplici preoccupazioni di tipo commerciale.

Al gesto di natura simbolica dei terroristi consistenti nell’abbattimento delle Twin Towers occorre infatti contrapporne un altro che abbia non minore forza, e ciò può avvenire puntando solo sui valori più alti della civiltà americana: l’apertura agli stranieri in cerca di futuro e il culto per la libertà.

Ed era stato proprio Libeskind, che tra i partecipanti al concorso per la ricostruzione del WTC aveva tradotto questo concetto nella forma più semplice e chiara attraverso un render in cui la nuova Liberty Tower trovava il suo doppio nella statua della Libertà , la prima immagine incontrata dagli emigranti che si recavano in America.

Il concorso, svoltosi nel settembre del 2002, non era stato facile, visto l’intreccio dei fattori in gioco: la componente emozionale e simbolica, gli enormi interessi economici, la complessità di un nodo urbanistico così delicato della città di Manhattan, le considerazioni legate al futuro e alla sicurezza. Tra gli oltre 400 aspiranti erano stati selezionati, insieme a Libeskind , Foster & Partners, il gruppo THINK guidato da by Rafael Viñoly61, United Architects62, Peterson/Littenberg Architecture, Skidmore, Owings and Merril (SOM)63 e, infine, una associazione tra gli architetti Richard Meier, Peter Eisenman, Charles Gwathmey e Steven Holl battezzata a volte Dream Team, a volte New York 4.

La scelta dei sette team di progettazione, effettuata da New Visions, un gruppo di 21 tra architetti, ingegneri, urbanisti ed esperti di paesaggio, è molto equilibrata in quanto a tendenze architettoniche: nella rosa compare infatti un esponente di primo piano del decostruttivismo ( Libeskind), uno dell’High Tech (Foster), sono rappresentati i progettisti di punta dell’area newyorkese (Dream Team), le nuove generazioni che si muovono in direzione bloboidale (United Architects), due rilevanti gruppi professionali ( SOM e THINK), nonché gli architetti sensibili al New Urbanism e alle teorie di Leon Krier e del principe Carlo (Peterson/Littenberg).

I progetti vengono esposti dal dicembre del 2002 al febbraio dell’anno successivo al Winter Garden del World Financial Center richiamando oltre 80.000 visitatori che lasciano circa 10.000 commenti mentre il website approntato dalla Lower Manhattan Development Corporation (LMDC) conta oltre otto milioni di contatti. L’immaginario popolare si scatena nel caratterizzare ciascun progetto con un soprannome: The kissing one per Foster, The tic-tac-toe one per Dream Team , The skeletons per THINK, The one with the circle per Libeskind.

Mettendo così senza volerlo e impietosamente in luce proprio quella retorica, unita a un certo autocompiacimento formale, che i progettisti avrebbero dovuto evitare. A mostrare le maggiori debolezze sono proprio i gruppi più impegnati sul versante della ricerca linguistica: gli United Architects e il Dream Team.

Il progetto degli United Architects dispone a semicerchio alcune torri che si incontrano per cinque piani per poi proseguire e, con una di esse, raggiungere il record mondiale di altezza. Nel loro punto di congiunzione, posto al sessantesimo piano, formano una “City in the Sky” destinata ad ospitare attività commerciali e spazi culturali e ricreativi nonché aree verdi. Ma il risultato finale e' immagine eccessiva, gigantesca e incombente nonché, non essendo frazionabile, complicata a realizzare.

Il Dream Team propone 5 torri alte ciascuna 1111 piedi, collegate tra loro in orizzontale. E’ una non meno monumentale griglia che densa di valori simbolici e di riferimenti – in primis alla scacchiera di Manhattan- viene, con efficace ironia, da molti interpretata come una rete acchiappa-aerei.

Più felice il progetto di Foster che riprende il tema delle Twin Towers con due edifici , alti 1764 piedi, che si toccano in tre punti creando altrettanti spazi pubblici panoramici, destinati a mostre e attività ricreative, piantumate con alberi che, come parchi sospesi, hanno il compito di purificare l’aria naturale e di ventilare l’edificio. A giustificare la coraggiosa scelta di concentrare la cubatura in due soli edifici, la possibilità di liberare a terra spazi per destinarli ad uso pubblico.

Delle tre proposte presentate da THINK quella che riscuote il maggior successo prevede due tralicci – le Towers of Culture- che ricordano i profili delle Twin Towers ma nel cui interno vuoto sono liberamente collocati spazi destinati alla cultura: il memorial, il museo, l’anfiteatro all’aperto, il centro conferenze e una piattaforma panoramica. A soddisfare la cubatura provvedono nove edifici più bassi.

Il progetto di Daniel Libeskind, come abbiamo già detto, punta sui valori metaforici della svettante Freedom Tower. E sull’effetto di insieme che realizza con l’apporto di quattro torri di minori dimensioni “ this wasn’t a stand-alone tower singing solo -afferma- but part of a symphony with the four other towers”64 . Anche perché sono disposte in modo tale da permettere ogni 11 settembre alla luce di creare un effetto suggestivo, commemorando così l’evento.

Scartata l’ipotesi di Foster che dal punto di vista urbanistico e ambientale e' la più innovativa ma, non essendo frazionabile in una pluralità di interventi, e' difficile da realizzare, restano in gioco THINK e Libeskind. Che difatti il 1 febbraio 2003 passano il turno. Seguono alcune settimane di polemiche roventi, di prese di posizione, di colpi bassi e di inspiegabili voltafaccia critici. Ma alla fine, aiutato anche da una circostanza che avrebbe dovuto esulare dallo stretto giudizio architettonico, vince Libeskind che ottiene l’appoggio del governatore George Pataki. Viene così ad essere premiato il progetto più chiaro, sicuramente quello più efficace dal punto di vista comunicativo. Non senza malumori di larga parte della intelligenzia architettonica, oltretutto indispettita dalla vittoria di un architetto che per molti versi e' considerato un outsider. Ciò, come ha notato Paul Goldberger provoca una situazione paradossale: “Although Libeskind has spent most of his career as an academic, he was now positioned as a populist figure. This may be why, despite his background as an avant-garde architect, he didn’t get as much support among the city’s artistic and intellectual community as Viñoly did, even though Viñoly, paradoxically, has always been much more a corporate architect”65.

Non appoggiato dai suoi colleghi più autorevoli e posto di fronte al diktat del developer Larry Silverstein che preferisce all’intellettuale con scarsa esperienza uno studio, di provata capacità operativa, quale SOM, il progetto di Libeskind viene di fatto compromesso. La nuova Freedom Tower, elaborata congiuntamente e non senza conflittualità dai due team, e' presentata nel dicembre del 2003. Visibilmente appesantita nelle proporzioni, rassomiglia sempre più ai corporate building che i grossi studi professionali realizzano per il mondo. A ricordare il mito del sogno americano così felicemente , anche se retoricamente tratteggiato nell’originario disegno, e' la data scelta per la posa della prima pietra: il 4 luglio 2004, il giorno della Festa dell’Indipendenza.



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