Senza criminalizzare lo scritto, sembra opportuno tener presente che da qualche secolo siamo schiavi dell'alfabeto e della stampa, percepiamo visualmente la parola, la vediamo scritta anche quando parliamo. Lo scritto ha un effetto ipnotico.
Posto che oralità primaria sia quella dell'analfabeta che vive in una società mai alfabetizzata, noi abbiamo una oralità secondaria (anche se qualcuno sostiene che ci sia una "oralità di ritorno" per merito di radio, televisione ecc.: e almeno è certo che pochi scrivono ancora lettere, si preferisce telefonare).
Per i giochi di parole, usiamo "orale" in senso lato o in senso stretto.
In senso stretto, è orale (solo orale) un gioco di parole che si può fare a voce ma non per iscritto, in quanto basato su suoni ai quali manchi corrispondenza alfabètica: venti-venti, colla-colla, presento-presento, razza-razza.
In senso lato, è orale (anche orale) un gioco di parole fatto a voce, che funziona come tale se pronunciato e ascoltato, avendo piena validità fonico-acustica, corrispondendo cioè identici suoni alle varie lettere con cui le parole in questione possono essere scritte. Si distingue dal, ma non necessariamente si contrappone al, gioco alfabètico. Sono sempre giochi orali in senso lato campo-campo, sei-sei, quasi sempre la rima (con la trascurabile eccezione della rima per l'occhio); non sempre l' allitterazione e il tremare-tre/mare; spesso il lava-leva e il tempio-empio; raramente l' alcune lacune e il marchesa-maschera; solo eccezionalmente e all'ingrosso si possono considerare giochi orali !'anilina-anilina, !'enoteca-acetone, Paiuto-otuia e il travaglio-giravolta. Il subito-subito sta ai confini fra il gioco orale in senso lato e il gioco orale in senso stretto.
I giochi orali sono essenziali nelle prime fasi dell'acquisizione del linguaggio e in quella che psicologi e linguisti chiamano con parola tedesca "Ammensprache", lingua della nutrice: la lingua vezzeggiativa con cui mamme e nutrici si rivolgono ai loro infanti e che vorrebbe coincidere con quella in cui si esprimono gli infanti. Una variante veneta di questa lingua è stata valorizzata letterariamente da Andrea Zanzotto.
In ninnenanne, filastrocche e conte i giochi orali mantengono una funzione prevalente di gratificazione orale (lallazione).
Doppia funzione, di divertimento e di esercizio, ha lo scioglilingua, il gioco più orale che ci sia.
Giochi orali di tipo vario si riscontrano in altri comportamenti verbali: da certi lapsus (involontari, e spesso rivelatori di meccanismi psichici inconsci) a certi motti di spirito (più o meno intenzionali), alla tradizione orale di certe freddure e barzellette, fino alla elaborazione più o meno sofisticata di marchi merceologici, titoli di giornali, parole per musica, testi letterari e poetici. Certi giochi orali come la rima sopravvivono negli slogan pubblicitari e politici con tanto maggior vitalità in quanto, estinti o in via di estinzione nell'uso poetico, sono progressivamente esclusi dal patrimonio delle nozioni e delle esperienze scolastiche.
161 \ossimoro nascosto - Tutti i vocabolari son d'accordo: si può dire ossimoro o ossimoro, a piacere. La parola viene dal greco, che accosta gli aggettivi "acuto-stupido" per indicare l'unione di due termini contraddittori. Esempi: "ghiaccio bollente" detto di Anita Eckberg; "convergenze parallele" e "partito rivoluzionario e conservatore" detto da Aldo Moro e Enrico Berlinguer. Nella Coscienza di Zeno Italo Svevo scrive: "A Guido si sarebbe adattata una parola che hanno i Greci: astuto imbecille" (nella Trieste plurilingue si diceva davvero "kutopòniros").1
Esempi latini: "festina lente, concordia discors, irrequieta quies". Se questo è l'"ossimoro", l'"ossimoro nascosto" è dato dall'accostamento di due parole all'interno delle quali ne stan nascoste altre due, più corte, formanti ossimoro. È un gioco inventato da Paolo Albani nel 1987.
Il principio di base è quello del gioco tremare-tre/mare; ma, una volta tagliata in due o più fette la parola in gioco, se ne utilizza una fetta sola, come nelle pseudosciarade. Se le due parole in gioco vengono tagliate in due fette, i casi sono 4:
A-x B-y tremila sudicioni, tremi-sudi
A-x y-B ambienti esterni, ambi-terni
x-A y-B albatro implume, atro-lume
x-A B-y pesanti empiastri, santi-empi.
Nel quarto caso rientra "ossimoro nascosto, moro-nasco".
Se si ha taglio in tre fette della prima parola o della seconda o di entrambe, le possibilità si moltiplicano. Citiamo solo qualche esempio: '
A-x y-B-z pratica sportiva, prati-orti
x-A y-B-z primario assillante, Mario-Silla
x-A-y B-z spiedini di gamberoni, piedi-gambe
x-A-y z-B clamorosa violenza, amo-lenza
x-A-y z-B-w nazione onnipotente, zio-nipote.
Alcuni ossimori nascosti possono essere inverecondi: "oculisti spettinati, loculo impenetrabile".
Non è necessario che i due termini siano "contraddittori" (contrario), basta che sia evidente una correlazione elastica, più o meno divaricante, come nel gioco del pescegatto.
È gradevole che il gioco funzioni solo all'occhio ("elettore scomodo, letto-comò; parodia amara, odia-ama").
Giuliano Giunchi ha osservato che i due termini dell'ossimoro possono stare nascosti all'interno di una parola. Le combinazioni possibili sono 7: con "qui" e lì" per esempio "liquidi, quintali, deliqui, equinoziali, aquilino, quisquilie, soliloquio"; parole senza residui: "sino, stava, vasta, foratura". Senza residui anche "ossimori, ossi-mori", per chi pensa alla bandiera dei pirati, con gli ossi bianchi (le ossa bianche).
Estrema finezza, gli "ossimori nascosti doppi": "alloggiare cantinieri, oggi-ieri, giare-tini". L'anagramma di "ossimori nascosti" è "assiomi scontrosi".
162 \ottonario - Nella storia della metrica e versificazione italiana l'ottonario è uno dei versi più antichi. Nasce come verso serio. Lo usano l'imperatore Federico II e Iacopone da Todi, e in quegli anni, diciamo tra il 1224 e il 1278, l'ottonario è anche il metro del Dies irae e del Pange lingua dei due Tommasi, da Celano e d'Aquino. Chi ha una certa età ha fatto in tempo a sentir cantare in chiesa "dìes ìrae dìes ìlla" e "pànge lìngua gloriósi" come ottonari. L'ottonario fu poi largamente diffuso fino a tutto il Quattrocento come verso sempre meno serio, nei "canti carnascialeschi" e nelle canzoni a ballo. La Canzona di Bacco di Lorenzo de' Medici
Quant'è bella giovinezza che si fugge tuttavia!
è stata la poesia più famosa dell'intera letteratura italiana, al massimo livello nazional-popolare.
Col Metastasio e con Da Ponte-Mozart l'ottonario darà il meglio di se, in un cristallino italiano per stranieri, già quasi da Berlitz School. Poi arriva l'Ottocento,
rondinella pellegrina,
tra la luce dei doppieri,
passa un giorno passa l'altro
gli animosi bersaglieri:
siamo al Corriere dei Piccoli che martella ottonari dal 27 dicembre 1908 al 7 aprile 1977. Se non riconoscete neanche uno dei quattro versi or ora citati, se non vi viene in mente nessun incipit del Corriere dei Piccoli, non vuol dire che non conoscete la storia della letteratura italiana: vuol dire che non siete italiani. Buon prò vi faccia. In particolare non siete italiani se non collegate i versi citati più sopra, di Lorenzo de' Medici, con quegli altri che, non a caso tanto simili, dicono
Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza.
(buon test per il gioco della canzone applicata). Questa carrellata sembra casuale, ma è stata lungamente meditata. Ci è stato poi spiegato che in una grandissima varietà di lingue e tradizioni poetiche il metro preferito per le filastrocche infantili è l'ottonario.
163 \oulipo - Sigla di "Ouvroir de littérature potentielle", opificio di letteratura potenziale, che riunì a Parigi dal 1960 vari scrittori, come Raymond Queneau e Georges Perec.
Dedichiamo qualche spazio a tre giochi oulipistici: letteratura definizionale, metodo S + 7, omosintassismo. Nacquero per l'Ou-lipo il sillabario di Italo Calvino e il suo gioco di lipogrammi progressivi di cui alla voce aiuole.
164 \palìndromo - Tutti i vocabolari registrano "palìndromo", sostantivo (o aggettivo) per indicare (o qualificare) parole o frasi che si possono leggere anche da destra verso sinistra.
Alcuni applicano l'etichetta "palìndromo" sia ai giochi del tipo anilina-anilina, sia a quelli del tipo enoteca-acetone. Altri riservano l'etichetta "palìndromo" ai giochi del tipo anilina-anilina, e chiamano "bifronti" quelli del tipo enoteca-acetone. Sembra ragionevole definire "palìndromi di primo tipo" i giochi come anilina-anilina; "palìndromi di secondo tipo quelli come -*-enoteca acetone; e "palìndromi di terzo tipo" quelli come aiuto-otuia.
A parte etichette e definizioni, è essenziale riconoscere preliminarmente che i casi sono tre.
Sono tre giochi che funzionano perfettamente all'occhio; sulla possibilità che funzionino all'orecchio è prudente aver dubbi, gravissimi dubbi.
165 palla-pelle-pollo - Ci sono due personaggi, il dio Apollo (patrono, fra l'altro, dei poeti), e il pittore Apelle, che han sempre fatto un po' impressione, a metterli insieme. Li aveva messi insieme Francesco Berni per parlar bene di Michelangelo Buonarroti:
sì ch'egli è nuovo Apollo e nuovo Apelle: tacete unquanco, pallide viole, e liquidi cristalli, e fiere snelle: e' dice cose, e voi dite parole.
Dir parole o dir cose, è un gusto come un altro, e il gusto di dir Apollo-Apelle" non è né meglio né peggio del gusto di dir "pallide viole, e liquidi cristalli, e fiere snelle" (col che il Berni vorrebbe irridere il linguaggio petrarchesco o petrarchistico). I ragazzi che a scuola devono leggere Petrarca, e Michelangelo, e Berni, e peggio, han corroborato la coppia Apollo-Apelle facendoli padre e figlio:
Apelle, figlio di Apollo,
fece una palla di pelle di pollo.
Tutti i pesci venivano a galla
per vedere la palla
di pelle di pollo
fatta da Apelle figlio di Apollo.
In questa orgia di P e di L la perla è "palla di pelle di pollo". Mentre in -*- lAva-lEva abbiamo la sostituzione di una lettera vocàlica con un'altra lettera vocàlica, qui abbiamo 2 lettere vocàliche uguali, "pAllA", che vengono sostituite simultaneamente, in coppia, da altre due coppie di lettere vocàliche uguali fra loro, per un totale di tre parole: "pAllA-pEUE-pOllO".
Distinguendo vari casi, sembra che le lettere vocàliche uguali possano essere da 2 a 5, in un numero di parole variabile: 2 lettere in 2 parole: "cAsA-cOsO, brAvA-brEvE, brAncA-brOn-cO"; in Ser Conte del fu Giovanni da Massa "fIChI-fOcO"; in Mari' Praz "mEstrE-mOstrO (Mestre è il mostro che distrugge Venezia)"; 2 lettere in 3 parole: "AvA-IvI-OvO, cArA-cErE-cOrO; 2 lettere in 4 parole: "pAzzA-pEzzE-pIzzI-pOzzO, rAsA-rEsE-rIsI rOsO, stAllA-stEllE-stIllI-stOllO"; anche "pAllA-pEllE-pOllO" arriva a 4 con il "pilli" (Pillitteri, sindaco di Milano, cognato di Craxi);
2 lettere in 5 parole, con giro completo: "pApA-pEpE-pIpI-pOpO-pUpU; cAccA-chEcchE-chIcchI-cOccO-cUcU" (perdonati i raddoppiamenti, resta da perdonare la diversa posizione dell'accento in "pipì, popò, pupù, cucù" e in alcuni fra gli esempi che seguono);
3 lettere in 2 parole: "AmAtA-ImItI (imiti), AccAdA-EccEdE, bAccAlA-bOccOlO (baccalà-bóccolo), trAmAndA-trEmEndE, strAppAlA-strOppOlO, ErEdE-IrIdI (erède-ìridi)";
3 lettere in 3 parole: "cAvAlA-cIvIlI-cOvOlO, mEssElE-mIssIlI-mOssOlO, cAlAstrA-celEstrE-cOlOstrO";
4 lettere in 2 parole: "AnfAnAtA-InfInItI, AmmAssAvA-ImmIssIvI, prEdEttElE-prOdOttOlO, scAgliAtAlA-scEgliEtElE, chlcchlrlchl-cUccUrUcU";
5 lettere in 2 parole: "AvAllAtAlA-EvEllEtElE";
4 lettere in 4 frasi ben concatenate: .>;
"se le mete sa l'amata, si lìmiti: solo moto".
166 \pangramma - Nome che alcuni danno al gioco del pranzo d'acqua. Altri2 dicono "pantogramma", che torna ad essere la stessa cosa. In inglese si dice correntemente pangram. L'esempio famoso, "The
quick brown fox jumps over the lazy dog" (la svelta volpe bruna salta sopra il cane pigro) è di uso internazionale per il controllo dei tasti alfabètici nelle tastiere. Serve per esercizi di calligrafia (illustrazione n. 46) e di dattilografia.
Illustrazione n. 46.
Il pangramma inglese della volpe come esercizio di calligrafia. Arthur Baker, Chancery cursive stroke by stroke, Dover, New York 1982.
Si conoscono alcuni esempi latini.
è un pangramma l'omino-monogramma della illustrazione n. 44. 1 rima variante del pangramma, di Silvio Sinesio: le consonanti compaiono in ordine alfabetico e non sono ripetute:
Baci di figlio? Ma no: piquerie sì o tivù.
Mancano all'appello H e Z. Didascalia: la madre chiede al figlio non svenevolezze bensì piante ornamentali, o un televisore.
Seconda variante del pangramma, di Giannalberto Bendazzi: sia le consonanti, sia le vocali compaiono in ordine alfabetico; una volta comparse, possono essere ripetute:
A bacca d'efeba ghiaccia la mano plebea q.b. restituisce d'effervescenza. A bacca d'Efeba ghiaccia la manO plebea q.b. restituisce... a BaCca D'efeba GHiaccia La MaNo Plebea Q.b. ReSTituisce d'efferVescenZa.
167 \paragoge - Si chiama paragoge il fenomeno linguistico per cui alcuni ancora al giorno d'oggi aggiungono un suono (vocàlico) alla fine di una parola, come in "vermut-vermutte".
Il significato non cambia, mentre cambia il significato in giochi di parole come "mai-maiS, sport-sportA" (che vediamo alla voce tempio-empio), per i quali dunque sarebbe meglio non parlare di "paragoge" (se proprio si volesse, si potrebbe parlare di "pseudopa-ragoge").
"Vermut-vermuttE" sono varianti di forma. Altri esempi: "tram-tramme, cognac-cognacche, Rascel-Rascele". Gli esempi sono numerosissimi in autori, specie toscani, dei secoli scorsi. Qualcuno invece di "paragoge" dice "epìtesi", che serve a far confusione con epèntesi. La paragoge è speculare alla apòcope.
168 \parola - Cosa sia "una parola" lo sappiamo tutti e non val la pena di fare tante sottigliezze. È più difficile decidere cosa sia "una parola". Vediamo.
Per le persone di buon senso, grosso modo, la parola è un elemento linguistico che ha un significato; è composta da uno o più suoni; la si scrive staccata dalle altre, fra due spazi bianchi; comunque la si usi conserva una sua forma, anche se parzialmente alterata da flessioni; indica un oggetto (sostantivo), un'azione (verbo), una qualità (aggettivo), una relazione (preposizione) ecc.
Il primo problema, per chi se lo vuol porre, nasce dal fatto che una parola spesso non ha un significato bensì vari significati, a volte un po' diversi, a volte molto diversi: campo-campo. "Termine" sarebbe "parola che ha un significato unico in questa o quella scienza", ma di solito parliamo fuori dai confini sicuri di questa o quella scienza.
Altra possibile distinzione: "parola" è unità di testo (nel Cid di Corneille ci sono 16.690 parole), il "vocabolo" è unità di vocabolario (nel Cid ci sono 1518 vocaboli), ma decidere che due diverse parole
del testo sono un solo vocabolo del vocabolario ci riporta al problema di prima: campo-campo (e, se non stiamo attenti, sei-sei). Se il mondo sembrasse meno complicato di quel che è potremmo dire che i Promessi sposi di Alessandro Manzoni cominciano con 7 parole e 6 vocaboli ("Quel ramo del lago di Como che") come l'Inferno di Dante Alighieri ("Nel mezzo del cammin di nostra vita"). Parallelismo casuale, ma aiuta la memoria.
Un secondo problema, per chi se lo vuol porre, nasce dal fatto che non sempre non tutte le parole si scrivono staccate, fra due spazi bianchi: Manzoni a volte scriveva "infatti", una parola, a volte scriveva "in fatti", due parole. "Nel mezzo" son due parole o costituiscono un'unica locuzione avverbiale? Giocando agli omosintassi-smi siamo inciampati subito in questo dubbio. "Una volta" si dice olim, once.
L'inglese "word", che di solito si traduce "parola", è unità di misura: il presidente ha pronunciato un discorso di tot parole equivale a un discorso di tot cartelle.
nota:
a facilità di giocare sulle parole
va attribuita soprattutto all'imperfezione delle lingue. Se avessimo meno termini metaforici, e se le nostre espressioni fossero più variate, avremmo meno parole con la medesima consonanza, e di conseguenza
meno equivoci.
2. Analogamente si direbbe che nei Promessi sposi di Alessandro Manzoni ci sono 223.880
parole e 8949 vocaboli ma sembra
che questi calcoli non siano attendibili.
169 \parola di casa - Una parola eteroletterale di 10 lettere serve come chiave per segnare i prezzi di merci preziose a più o meno libera contrattazione. Vi sarà capitato di vedere in una gioielleria, in una pelletteria di lusso, da un antiquario, dei cartellini, minuscole etichette, che verosimilmente indicano un prezzo, ma recano lettere dell'alfabeto anziché numeri. Ebbene: sono indicazioni cifrate che il negoziante (o il commesso di fiducia) decifra riferendosi alla "parola di casa". La prima lettera della parola vale 1, la seconda 2 ecc. Particolarmente utili alla memorizzazione e al riconoscimento immediato sono parole come simulatore in cui lettere consonàntiche e lettere vocàliche si alternano ordinatamente: una lettera consonàntica è un numero dispari (S=1, M=3 ecc.), una lettera vocàlica è un numero pari (i=2, U=4 ecc.) tranne l'ultima, che vale zero. Sulla base di simulatore per esempio aotrl vorrà dire 68.795, o, sottintendendo gli zeri, 68 milioni 795 mila.
Ciascun commerciante ha una "parola di casa" che si tramanda di padre in figlio, a meno che non debba esser cambiata per ragioni di sicurezza.
Si divertì a cercare parole come queste Jean-Paul Sartre, in una lettera del 1° giugno 1940.
170 \parola inventata - È una parola che non s'era mai sentita, come sarchiapone, verbum inaudìtum: nel momento stesso in cui la si inventa, si inventa anche cosa vuol dire; oppure non indica proprio
niente, sfuma nel nonsenso assoluto, come vartiloga, o come le parole che si inventano per il gioco del vocabolario, terza variante.
Certe parole vengono inventate per risolvere problemi posti da certi giochi di parole. Ad esempio, la parola precipitevolissimevolmente è stata inventata per costruire un endecasillabo in una parola sola; "accavallavacca" è stato inventato da Marco Morello per avere una parola come anilina che arrivasse a 14 lettere. Invenzioni non meno mostruose si possono fare per battere i primati di parole come assatanata o per completare la collezione di aiuole. Alcuni apprezzano tali parole; altri preferiscono cercare parole che "esistono in natura". Apprezzano le "trovate" della fantasia ma preferiscono "trovare" certe parole con un lavoro da minatori, da geologi. Per colmare la casella 15 (AOIEU) nel gioco delle aiuole Valerio Maiandi aveva inventato "assorbiketchup": spugnetta a forma di wurstel, per pulire tavolini e banconi di locali fast-food. Geniale, iperrealistico. Ma poi si scoprì che su tutti i vocabolari c'è "carbolineum", AOIEU. Il mondo è bello fin che è vario. C'è chi preferisce "assorbiketchup", c'è chi preferisce "carbolineum". (Oh, certo, anche "carbolineum" è una parola inventata, marchio di fabbrica per una miscela di oli di carbon fossile usata contro gli organismi distruttori del legno, come altri marchi che vediamo alla voce vespa; e anche "oro" è una parola inventata, per indicare un metallo il quale a sua volta fu inventato dal Padre Eterno). Nel libro Attraverso lo specchio di Lewis Carroll, citato alla voce nonsenso, si trova una parola inventata, "tove", di cui ebbe a servirsi Ludwig Wittgenstein.
Valgono come parole inventate qzerty & C. (tastiera), eiarol & C. {frequenza) e gli infiniti prodotti di aiuto-otuia. Una parola inventata che entra nell'uso e viene registrata dai vocabolari si chiama "neologismo". Chi l'ha inventata si chiama "onomaturgo".
Certe parole difficili sembrano parole inventate: esistono e non lo sappiamo. Un italòfono che giochi a Scrabble in una lingua a lui poco nota, per esempio l'inglese, può azzardare parole di radice latina sconosciute agli altri giocatori. Ricorrendo a un buon vocabolario inglese si constata poi, con stupore generale, che quella parola "esiste". In italiano, tra italòfoni, è successo con "garoso". Sono un po' parole inventate quelle che vediamo alla voce etimologia (per "etimologie sbagliate in buona fede"). Una bella storia di parole inventate è quella della Fibula Praenestina, dove si legge il famoso "fhefhaked". Margherita Guarducci ha dimostrato che la fibula, e l'iscrizione, sono un falso architettato nel 1871 da Wolgang Helbig, vicedirettore dell'Istituto archeologico germanico di Roma.
171 \parola-rima - Nella sestina in fin di verso si hanno non parole che facciano rima (per le loro sillabe finali) bensì parole che costituiscono rima (nella loro interezza). Ha non rime bensì parole-rima anche questo sonetto di Francesco Petrarca:
Quand'io son tutto vòlto in quella parte direzione
ove 'lbel viso di Madonna luce, risplende
e m'è rimasa nelpensier la luce fiamma
che m'arde e strugge dentro a parte a parte tutto quanto
i' che temo del cor che mi si parte spezza
e veggio presso il fin de la mìa luce, vita
vammene in guisa d'orbo, senza luce, ' vista
che non sa ove si vada e pur si parte. avvia
Così davanti a i colpi de la morte morte
fuggo; ma non sì ratto che 7 desio desiderio
meco non venga come venir sòie. è solito
Tacito vo, che le parole morte luttuose
farian pianger la gente, et i' desìo voglio
che le lagrime mie si spargan sole. in solitudine
Le "rime" sono tutte rime equivoche: quattro parole-rima appartengono alla famiglia del campo-campo (o, se vogliamo sottilizzare, alla sottofamiglia del lancia-lancia), una appartiene alla famiglia del colla-colla. Questa salta agli occhi: "sòie-sóle". Una brutale traduzione in prosa direbbe quanto registrato sopra nella colonna di destra.
172 \parola sepolta - Prendiamo due parole, per esempio "Alessandro Manzoni". Se applichiamo il meccanismo di taglio che vediamo alla voce tremare-tre/mare, possiamo avere "alessand-ro manzo-ni". Buttiamo via la prima parte della prima parola, "alessand-" e la seconda parte della seconda parola, "-ni", saldiamo quel che resta e abbiamo "romanzo". Risultato notevole, perché quando al neonato Manzoni venne imposto il nome di Alessandro (nato il 7 marzo 1785 tu battezzato in San Babila l'8 agosto) il "romanzo" nel senso che diamo noi alla parola non era sulla bocca di tutti.
Se diciamo che la parola "romanzo" è "sepolta" nelle due parole "Alessandro Manzoni" diciamo un fatto eccezionale; ma altre parole sepolte son facili da trovare. La ricerca di parole sepolte può essere un gioco per ragazzi: "andare e venire di meretrìci - redimere; è un vero manicomio: a dicembre sciavano in canottiera e i genitori non li lasciano correre - Roma, Brescia, Torino".
Il gioco della parola sepolta è basato su uno schema Xa + bY = ab da non confondere con altri, per esempio con quello di droga-ladro-gala.
173 \parola-valigia - Si può tradurre "parola-valigia" o "parola-baule" il termine inglese "portemanteau word" usato da Lewis Carroll per indicare certi giochi di parole con meccanismo telescòpico. Si legga il capitolo sesto di Attraverso lo specchio (cfr. nonsenso).
Il "portemanteau" era una valigia o un baule di tipo particolare, oggi non più in uso, in due parti staccate (senza cerniere), una delle quali entrava nell'altra, telescopicamente, pressappoco come una scatola entra in un coperchio che la racchiuda completamente in sé. È sbagliato tradurre "parola-attaccapanni" come ha fatto Alberto Arbasino.
Si possono fabbricare parole-valigia per il gioco del vocabolario, terza variante.
In Topolino, 25 agosto 1955, si trovano esempi di parole-valigia che venivano da una tradizione puerile-goliardica (e la hanno alimentata):
Quando un topo appare sazio noi diciamo che è un topazio. Quando un bue porta il fardello noi diciamo che è un budello. Quando un cane fa un malestro noi diciamo che è un canestro.
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