della parola latina plebem. Per via culta mantiene il significato latino
di "plebe", di "popolo" contrapposto all'aristocrazia, di "volgo"; per
via popolare, volgare, diventa "pieve", con riferimento al popolo della parrocchia, alla circoscrizione ecclesiastica minore, all'edificio della piccola chiesa. Qualche altro esempio:
angustia-angoscia
area-ala
arena-rena
avversaria-versiera
bestia-biscia
blasfemia-bestemmia
causa-cosa
cippo-ceppo
circolo-cerchio
clausura-chiusura
collocare-coricare
copula-coppia
corona-cruna
cripta-grotta
cubito-gomito
encausto-inchiostro
epifania-befana
esame-sciame
estraneo-straniero
fauce-foce
favola-fola
flato-fiato
flebile-fievole
flutto-fiotto
fuga-foga
furia-foia
indice-endice
lari-alari
macchia-maglia
mistero-mestiere
nitido-netto
oscuro-scuro
parabola-parola
patrono-padrone
platèa-piazza
podio-poggio
pravo-bravo
razione-ragione
restauro-ristoro
rissa-ressa
ritmo-rima
schivare-schifare
seniore-signore
sibilo-zufolo
sinfonia-zampogna
singulto-singhiozzo
solido-soldo
spatola-spalla
stilo-stelo
stirpe-sterpo
succo-sugo
tono-tuono
vagina-guaina
verecondia-vergogna
vizio-vezzo.
Se il meccanismo non vi è sempre chiaro, e se la cosa non vi lascia indifferenti, divertitevi a guardare alcune fra queste parole sul DELI o sul DIR.
Alcuni usano il termine "allòtropo" per indicare la variante di forma, e, direte, non bisognerebbe far confusioni. Ma queste incertezze non sono da sbeffeggiare. In certi casi non è facile decidere se si sia
in presenza di allòtropi o di varianti di forma. In linea di massima si
riconosce una coppia di allòtropi quando le due parole hanno raggiunto significati diversi, ben divaricati. A volte la divaricazione è di pochi gradi, il goniometro sembra registrare solo sfumature stilistiche. Probabilmente è il caso di "oscuro-scuro"; e di "servigio-servizio"; quasi certamente è questo il caso di "cubito-gomito, bove-bue".
Ma se Zanella e Carducci dicevano "cubito, bove" (come avrebbe
certamente detto il maestro di retorica di Cesare Cantù, che incontriamo alla voce sinonimo); nessuno di noi lo direbbe mai, la sfumatura stilistica diventa una questione di gusto e vomito, di ideologia
e fucilazione. Una volta "negro-nero" erano varianti di forma, ora
"nero" è un eufemismo, obbligatorio per gli anti-razzisti. "Familiare"
viene dal latino familiarem, "famigliare" viene dall'italiano "famiglia"; i due sensi sono inconfondibili.
Nessuno proibisce di considerare "solido-soldo" un gioco di parole
come "canuto-canto" ( tempio-empio), o "serviGio-serviZio" un
gioco di parole come "gioCo-gioGo" ( lava-leva). Ma rendersi
conto del fatto che sono allòtropi dà un'altra luce alla trasformazione. Riconoscere una coppia di allòtropi è uno dei momenti più divertenti nello studio dell' etimologia: si sente un forte, confortante sapore di medioevo contadino.
20 \amaro-amore - Nella voce lava-leva consideriamo il caso della
sostituzione di una lettera vocàlica con altra lettera vocàlica. C'è un
sottocaso notevole: sostituzione simultanea di due lettere vocàliche
diverse tra loro con altre due lettere vocàliche diverse tra loro e diverse (almeno in parte) dalle precedenti. Esempio latino "mUtA mEtU",
in Lucrezio; in italiano "amAro-amorE", che si trova in tanti autori,
per esempio da Nocco di Cenni di Frediano a Dante Alighieri:
simil l'amaro amore alla 'mprimera,.
portan conforto ovunque io sento amore [...]
e portan dolce ovunque io sento amaro.
Annamaria Testa ha scritto un libro intitolato Leggere e amare (Feltrinelli, Milano 1993). Tutti subito leggono "lèggere e amare", ma più
sottilmente s'intende "leggère e amare".
Ser Alberto da Massa di Maremma fa questa variazione, passando
appunto a un "amare-amare" della famiglia di sei-sei ("amare"
verbo all'infinito e plurale femminile di "amaro"):
dunque ben è d'amare
tal donne, già d'amare
cose non ha che dea.
Nel Detto d'amore Dante Alighieri salda le due possibilità:
Tu mi vuo' trar d'amare
e dì ch'amor amar'è.
Questo tormentone poi s'intreccia col gioco di aggiunta di una lettera, "amore-a moRte", o di più lettere, "amore-amARore" ( tempio-empio,).
Ser Conte del fu Giovanni da Massa fa "Conte-canti, chale-chulo,
lupo-l'epa, fango-funghi"; Guittone fa "merta-morte". Negli esempi
di ser Conte le 4 lettere vocàliche in gioco sono tutte diverse. Gidino
di Sommacampagna fa uguali la 1 e la 2, diverse da 1 e 2 e diverse tra
séla3 e la 4:
Nel mondo non se vive senza menda,
virtude cara fa posar lo core,
per oprar mara troppo l'omo more,
volgiesi in tondo la ben fatta tenda.
Il detto "donna danno" può essere inteso in tre modi:
1. come sostituzione di lettere vocàliche;
2. come gioco della famiglia di marchesa-maschera;
3. come gioco della famiglia di banana e ananas.
In ogni caso, "chi Dice Donna Dice Danno" fa una bella allitterazione iniziale: un _ poker.
\\21 \amo il mio amore con la a - Gioco analogo a è arrivato un bastimento carico di. Si può fare a voce o per iscritto, in un numero illimitato di persone. Fissata una certa lettera, tocca a un giocatore dopo l'altro di rispondere a voce a varie domande, oppure ogni giocatore deve rispondere a tutte, a voce o per iscritto.
Le domande possono variare e moltiplicarsi: come si chiama? cosa
fa? dove vive? cosa mangia? cosa beve? ecc. Un esempio:
Amo il mio amore con la A
perché si chiama Armando,
fa l'Alpinista,
vive ad Alessandria,
mangia Albicocche,
beve Aleatico...
Un libretto Sonzogno anteriore alla prima guerra mondiale chiama
questo gioco Alfabeto dell'Amore e dice:
Amo il mio Amante dall'A perché egli è Accessibile, si chiama Andrea,
gli dò la mia Ametista, lo nutro di Ananassi e gli fo un mazzolin di
Anemoni.
Molto simile è il gioco dell'Alfabeto in viaggio:
Vado a Ancona per Aggiustare Attaccapanni Arrugginiti; vado a Bologna per Barattare Bambole Brune, vado a Como per Cucinare Cavoli Cappucci, vado a Domodossola per Domare Dodici Draghi, vado a Empoli per Eseguire Esercizi Estrosi...
Questo Alfabeto in viaggio può avere molte varianti. Gli esempi che
abbiamo dato si possono considerare "puri" perché accostano parole senza connettivi. Vengon facili coi plurali, ma anche col singolare si può andare a Mantova per Mangiare Molta Minestra. Si possono accettare esempi "impuri" dove fra parola e parola si intromettano articoli, congiunzioni, preposizioni: "Vado a Livorno per
Lavare le Lenzuola con la Lisciva, vado a Torino per Tirarti un Tavolo in Testa...".
Altra variante, si può cercar di mettere a profitto allitterazioni
consolidate da modi di dire ("vado a Firenze per Far Fuoco e
Fiamme"), da canzoni popolari ("vado a Bergamo perBallare con una
Bella Bimba" ), d a versi famosi ( " vado a Pstoia per Piangere col Pietoso Pastor": è Torquato Tasso che ha scritto "il Pietoso Pastor Pianse al suo Pianto" ) .
Ultima variante, da consigliare a depressi e ipocondriaci, l'Alfabeto
all'ospedale. Dovete vedere voi cosa vi viene in mente: "Mi son beccato un...", e se vi vien forza e voglia di dirlo, o no.
A questo punto ci troviamo sul confine fra giochi scemi e giochi "idioti" (jeux idiots dicono i francesi: come il Gioco della Verità o il Gioco della Torre). Se starete attenti, troverete pur sempre qualcosa
di indiziario o di interpretabile anche nelle reazioni più meccaniche
dei giochi precedenti. Per esempio, nel gioco de!l'Alfabeto in viaggio,
arrivati alla lettera o saranno tre persone abbastanza diverse quelle
che si troveranno sulla strada che mena a otranto, la prima per ottenere orgasmi ottimali, la seconda per obbedire a ordini oculati, la terza per oziare a un'ombra opaca...
22 \anagramma - Il gioco di travaglio-giravolta ha un nome preciso,
inequivocabile: "anagramma". Questo nome risale al greco antico e
si ritrova ben riconoscibile in varie lingue.
Presente in molte letterature, l'anagramma è il più prestigioso fra i
giochi di parole, e spesso suscita stupore. I greci ne attribuivano l'invenzione a Licofrone il tragico. Nato nel 330 a.C. visse ad Alessandria sotto Tolomeo Il Filadelfo e fu premiato per l'anagramma che
cavò dal nome del sovrano: "Ptolemaios apomelitos, Tolomeo dolcissimo". Nella tradizione cabalistica l'anagramma è principio costitutivo della temurà.
In termini magici si crede che in un nome sia racchiuso un presagio
(si dice in latino "nomina sunt consequentia rebus, i nomi sono legati
alle cose con un rapporto di causa-effetto; nomen-omen, il nome è
un presagio"; "onomanzia" è l'arte di predire l'awenire di una persona interpretandone il nome e le lettere di cui è composto). A questa stregua l'anagramma sarebbe un oracolo che svela il segreto del
nome, che porta in luce le doti o il destino di una persona o di una
istituzione. Per esempio si ritenne di buon auspicio che "Calvinus"
fosse anagramma di "Alcuinus" (v = u) e "Gustavus" di "Augustus"
(v = u). Anagrammi encomiastici e satirici furono diffusi in Francia
nei secoli XVI-XVIII: dal nome di "frère Jacques Clément", il fanatico
assassino di Enrico III, si ricavò "c'est l'enfer qui m'a créé" (J = i); da
"Révolution Française" si ricavò "un veto corse la finira" (ç = c).
Nella cultura anglosassone si tende a distinguere l'aptagramma (anagramma che si riveli adatto, cioè pertinente) dal'antigramma (anagramma che si riveli pertinente per antifrasi); questa distinzione si
presta a sottigliezze ironiche negli anagrammi praticati come gioco di
società. "Eugenio Montale", anagrammato, dà "uomo inelegante":
aptagramma o antigramma? Aptagramma!
Aptagrammi, antigrammi e anagrammi oracolari in genere sono giochi per così dire impegnati. Più liberi e vaporosi risultano gli anagrammi vicini al nonsenso. All'anagramma "on. Giulio Andreotti
= un gelido Totò Riina" si può preferire "Giulio Andreotti = Attilio
Gerundio" .
Anagrammi totalmente nonsènsici possono servire per cacce al tesoro (vedi vartiloga).
Sono anagrammi certi pseudonimi come Voltaire (Arouet l[e] j[eune]: u = v, j = i), Americo Scarlatti (Cesare Mascaretti), Ugone di Certoit (Guido Ceronetti).
Se, come negli ultimi due esempi, si parte da un nome-e-cognome, e,
anagrammando, se ne cava un nuovo nome e cognome, Si ha un
"anagramma onomàstico". Carmelo Filocamo ha fatto una serie di
indovinelli, intitolati La padrona di casa. Eccone un esempio:
Che festa! C'era tanta bella gente, donne stupende. Carmela Candeli,
Armance Cadelli, Marlène Caldaci, Imelda Lernacca, Linda Cercamale,
Amanda Reccelli, Clara Mendélica, Ermelinda Lacca, Darella Meccani,
Enrica Del Calma, Rina Della Mecca, Nilde Malacerca, Nella di Ramacca, Alcina Malcrede, Alma Cenci-Lerma. Ma la più incantevole era
la padrona di casa.
I nomi di tutte le signore sono anagrammi l'uno dell'altro; l'ennesimo anagramma è quello della padrona di casa (non difficile da indovinare: Camilla Cederna).
Diverso è il gioco di partire da un nome-e-cognome, e, anagrammando, cavarne qualcosa che, pur sembrando un nome-e-cognome, suoni palesemente falso onde per dargli senso, se non credibilità, si debba inventare una storia, una biografia del nuovo, improbabile personaggio. Umberto Eco ha fatto molti di questi, che si potrebbero chiamare "anagrammi pseudo-onomastici". Rinunciando alle brevi storie, ne citiamo quattro, riferibili all'autore del presente volume: Leossio Pagadoman, Moana Possi Lagode, Magno Piselo Asado, Pio Algone Sadomas.
Per suggestione di certe ipotesi di Ferdinand de Saussure (vedi illustrazione n. 17), alcuni critici letterari hanno voluto riconoscere anagrammi in punti-chiave di testi poetici famosi: per esempio la prima
strofa di A Silvia del Leopardi si apre con "Silvia" e si chiude con
"salivi", che ne è l'anagramma; analogamente sono stati definiti anagrammi giochi imperfetti come "nave/vanì" in Pascoli, "valva/lava"
in Montale ecc.
In realtà non è impossibile cavare buoni anagrammi da versi di poeti
antichi o moderni, anzi è facile, con computers potenti e ben programmati, scoprire in un verso di un poeta l'anagramma di altro verso di altro poeta ( versi per-versi).
Nella classificazione dei giochi di parole l'anagramma sta al punto
Illustrazione n. 17.
Questi sono gli schemi di alcuni tra gli "ipogrammi" o "paragrammi" che nel 1908-1909 Ferdinand de Saussure andò cercando a titolo d'ipotesi nei versi saturni; lasciò
inediti i suoi appunti. altri li pubblicarono parlando di "anagrammi". Ciascuno fa
quel che vuole, soprattutto con gli inediti dei morti. Questa illustrazione può farvi
venir voglia di guardare gli appunti di Ferdinand de Saussure, oppure può farvene
passare la voglia per sempre.
Molti anagrammi funzionano all'occhio ma non all'orecchio. Basta osservare, in "travaglio-giravolta-volgarità", i diversi suoni a cui corrispondono la G di Giravolta, la G di volGarità, la G di travaGlio. Che l'anagramma abbia a che fare con le lettere e non coi suoni è detto dal suo nome stesso, con riferimento alla parola greca
"gramma = lettera".
Un esempio efficace si ha negli anagrammi "eterosillabici", costituiti
da parole con diverso numero di sillabe. Se da "acidulo" e "acinaci"
si passa a "Claudio" e "ciancia", si perdono due sillabe: dove vanno
a finire?
La domanda è magistralmente ingannevole, perché l'anagramma è
un gioco basato sulle lettere, i suoni non c'entrano (e le sillabe sono
suoni).
Un esempio inverso, di anagramma che funziona all'orecchio ma non
all'occhio si ha in Toti Scialoja: "Crimea-Chimera (krimea-kimera)".
Per gli enigmisti italiani, "anagramma" è un indovinello la cui soluzione è data da una parola e da un suo anagramma. Nella intestazione è indicato il numero di lettere della parola in gioco. Fra tanti vocabolari, solo il Gabrielli distingue nettamente i due significati di
"anagramma": 1. gioco di parole, 2. indovinello basato su tale gioco
di parole.
Quando si anagrammano contemporaneamente più parole si hanno
giochi particolari, che gli enigmisti italiani distinguono con sottigliezza: vedi frase.
Due notevoli ibridi dell'anagramma sono il logogrifo e il metanagramma. ibridando l'anagramma con l' acròstico si ha l'acròstico anagrammàtico.
La storia dell'anagramma nella "letteratura italiana" di livello "alto"
sembra si fermi al 1682. Come tutte le storie potrà avere integrazioni. Per esempio La Delia di Giulio Strozzi (1639) mette in scena soldati con scudi a lettere d'oro: cantano e ballano e cambiano schieramento formando frasi inserite nei loro canti:
Delia saluto, l'idea tu sola.
Venetiana, neve natia.
La beltade riveriamo
d'età bella amori veri.
Abbiamo dizionari anagrammatici di due tipi.
Il primo raccoglie le parole in ordine alfabetico all'interno di sezioni
(che possono andare da "parole di quattro lettere" a "parole di diciotto lettere"). Accanto ad ogni parola sono scritti gli anagrammi che se ne possono cavare. Per esempio "giravolta = travaglio, virgolata, volgarità". poi c'è una voce "travagliò" ecc.'
Il secondo tipo, all'interno di sezioni (che possono andare da "parole
di due lettere" a "parole di diciannove lettere") raccoglie in ordine
alfabetico non parole bensì stringhe di lettere accanto alle quali sono
scritte le parole che se ne possono cavare. Per esempio "aagilortv =
giravolta, travaglio, travagliò, volgarità".'
Formula. "Giorgio Manganelli" è 17 lettere. Per vedere quanti anagrammi se ne possono cavare, si moltiplica lx2x3 ecc. fino a 17. Si
arriva alle decine di miliardi. Ma ci sono lettere doppie o triple... Allora la cifra ottenuta (se l'avete ottenuta) prima si divide per il numero di permutazioni delle tre G, delle tre I e delle due A, L, N, o
6x6x2x2x2x2
Vorrei concludere, sulla base della mia esperienza personale, che
l'anagramma frutta sempre molte lettere, per chi faccia posta coi lettori in rubriche di giochi. Scattano spesso molle d'amore, di rivalità
amorosa, di odio per amore non corrisposto, di ferocia per futili motivi, e scatta sempre la voglia di mettere in piazza l'anagramma dolce
o amaro. Un anagramma dolce, lusinghiero, è un'arma di seduzione
efficace. E la molla di far anagrammi scatta nelle circostanze più impensate. Ai tempi del rapimento di Aldo Moro fu recapitato ai monaci della Novalesa questo messaggio: "Il mandarino è marcio". Anagrammato, dava "il cane morirà domani": e l'indomani Moro fu assassinato.
Nella critica dantesca, dopo secoli di ricerche sul verso "Pape satan, pape satan aleppe" forse si è cominciata a intrawedere una lucina ricorrendo all'anagramma: "pela patate, passa panna, pepe"
(notevoli la coerenza culinaria e la allitterazione in P), o forse
"appena palpate, pena passate" (basta una toccatina, e subito arriva il castigo).'6
Per civetteria mi piacciono le cattiverie, per cattiveria non mi piace la
creatività.
nota:
ugenio Greco,
professore alla Bocconi, scrisse un
paio di libri su "Evelina de Puitter",
anagramma di "perdite eventuali".
23 \anilina-anilina - Se scrivete la parola "anilina", e poi la leggete da
destra verso sinistra, avete ancora "anilina".
Nella classificazione dei giochi di parole siamo al punto L: una
parola, che, letta normalmente da sinistra verso destra vuol dire una
certa cosa, se la leggiamo da destra verso sinistra vuol dire la stessa
cosa, anzi resta la stessa parola. Diversi sono i casi di enoteca-acetone e di aiuto-otuia.
Questo gioco da molti viene chiamato "palindromo"; in realtà è un
palindromo di primo tipo, da non confondere con gli altri due tipi, enoteca-acetone e aiuto-otuia.
Questo gioco funziona prevalentemente all' occhio. Se si dispone
di apparecchiature abastanza sofisticate si può sentire che "anilina"
invertendo la marcia del nastro diventa qualcosa di diverso da "anilina"; e basta guardare il diverso valore che hanno le due G di "inGeGni" .
La più lunga parola italiana di questo tipo sembra sia "onorarono".
Anziché lettera-per-lettera il gioco si può fare sillaba-per-sillaba: "comi-co".
Irresistibile è la tentazione di scrivere testi di tipo "anilina". Già gli
antichi greci e latini caddero in questa tentazione.
è abastanza famoso un verso latino che vorrebbe definire le falene o le torce:
in girum imus nocte et consumimur igni,
"andiamo in giro di notte e siamo consumate dal fuoco".
Alcuni dicono che è di Virgilio. Nelle opere di Virgilio non c'è. Alcuni spiegano che è un brutto verso, come Virgilio non ne ha mai scritti. Sarà di un poeta successivo, forse Sidonio Apollinare.
Sul pavimento del Battistero fiorentino è scritto in cerchio un altro
verso, in un punto che rimane illuminato da un raggio di sole, a mezzogiorno, attraverso una feritoia praticata nei pressi della lanterna, il giorno in cui il sole entra nel Cancro, o vi entrava quando fu fatto
quel buco nel tetto. Ne parla Giovanni Villani, 2.23. Dice:
en giro torte sol ciclos et rotor igne.
Sembra un latino ancor peggiore di quello precedente. Si potrebbe
tradurre: "ecco nel giro obliquamente il sole [portare] i cicli ed [ecco] il rotore nel [suo] fuoco". La illustrazione n. 18 dà un'immagine fortemente restaurata per facilitare la lettura.
Il verso latino sul pavimento del Battistero di Firenze,
è leggibile sia da sinistra verso destra, sia da destra verso sinistra (sia in senso orario, sia in senso antiorario).
In tedesco vien spesso citata (e attribuita a Schopenhauer) la frase
"Ein Neger mit Gazelle zagt im Regen nie", un negro con gazzella
non esita mai nella pioggia.
In inglese si hanno frasi meravigliose, come questa (sono le prime
parole che il primo uomo pronunciò nell'Eden): "Madam, I'm
Adam", signora, io sono Adamo.
In francese Georges Perec ha scritto lunghe pagine in questo modo,
ma l'impresa suscita solo un imbarazzato rispetto.
Anche in casa nostra si son fatti testi lunghi o lunghissimi, leggibili
sia da sinistra verso destra, sia da destra verso sinistra. è già troppo
ricordare il biglietto che Arrigo Boito mandò a Eleonora Duse col
dono di un anello:
E fedel, non lede fe'
e Madonn'annoda a me.
ibrido di "anilina-anilina" e di alcune-lacune è il gioco di banana e ananas.
24 \apòcope - Si chiama "apòcope" o "troncamento" il fenomeno linguistico per cui cadono uno o più suoni alla fine di una parola, come
in "automobile" cade "mobile" e resta "auto".
Il significato non cambia, mentre cambia il significato nei giochi di
parole come "maiS-mai, sportA-sport" (che vediamo alla voce tempio-empio), per i quali dunque sarebbe meglio non parlare di "apòcope" (se proprio si volesse, si potrebbe parlare di "pseudoapòcope" ) .
"Automobile-auto" sono varianti di forma.
Sembra che questo fenomeno sia molto più diffuso di quello della
afèresi. Da "Nicola" sembra più frequente "Nico" che "Cola". Gli
esempi di apòcope sono infiniti, e in veloce espansione. Da "cinematografo" si ha "cinema" e da "cinema" si ha "cine". "Frigo, moto, bici" suonano bene. "Profe" e "prof" sono sgradevoli. Il Pillitteri sindaco di Milano e cognato di Craxi era popolare coll'affettuosa apòcope di Pilli.
Nel lento passaggio dal latino all'italiano "virtutem" può dare sia
"virtude" sia "virtù". La seconda è una forma apocopata. Altri esempi: "signore-signor, grande-gran, santo-san, piede-piè, fede-fé, fecefé, buono-buon, bello-bel...".
Alcuni distinguono l'apòcope dall'elisione, che vuol l'apostrofo
("l'eroe"). Però anche alcune apòcopi vogliono l'apostrofo ("ca',
mo', po', sta', di', fa'...").
L'apòcope è speculare alla paragòge.
La poesia più nociva del colonnello Mario Zaverio Rossi (per la quale l'infame aveva composto anche la musica) diceva:
Io, uomo d'onor,
con grande dolor
ho visto un belfior
in preda al terror.
O nobile fior!
tu non sei l'allor,
ma col tuo calor
ridoni a color
il loro color.
Ah, gioia e decor!
ah, forza e pudor!
Tu, d'oggi ad allor,
resterai sempre nei nostri cuor.
L'effetto era micidiale se si permetteva al feroce colonnello di cantare
il testo una seconda volta, con una musica doppiamente stravolta:
Io, uomo d'onore,
con grande dolore
ho v/sto un bel fiore
in preda al terrore.
o, nobile fiore!
tu non sei l'alloro
ma col tuo calore
ridoni a coloro
il loro colore.
Ah, gioia e decoro!
ah, forza e pudore!
Tu, d'oggi ad allora
resterai sempre nei nostri cuori.
Il primo testo è monorimo: un Dottor Jekill melenso ma onesto. Il
secondo è un Mister Hyde. Effetti non meno devitalizzanti si hanno
leggendo con orecchio sospettoso poeti come abba, Berchet
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