Il 30 aprile del 1939 inaugura a New York l’esposizione universale, un evento preparato a partire dal 1935 quando è creato il comitato per proporre la candidatura della città americana. Il titolo scelto e': Building the World of Tomorrow. Sintetizza una serie di riflessioni che coinvolgono esponenti di primo piano del mondo della cultura, tra i quali Lewis Munford, il celebre sociologo americano. Questi vede l’esposizione come l’occasione per mostrare al pubblico americano le possibilità offerte da un approccio organico, mirato all’uomo nella sua totalità e svincolato dalle schiavitù imposte dalla società delle macchine. A tal fine Munford suggerisce di ordinare le esposizioni in nove padiglioni tematici dedicati al tema dell’housing, del cibo, della sanità, dell’educazione, del lavoro, dello svago, dell’arte, della vita politica e della religione. E, attraverso l’illustrazione delle novità previste o prevedibili in ciascuno di questi nove comparti, prospettare al grande pubblico, con immagini chiare e convincenti, una panoramica delle opportunità offerte dal progresso tecnologico per il miglioramento della qualità della vita della popolazione. Propone di affidare l’incarico dell’allestimento a Frank Lloyd Wright, uno dei pochi che può prefigurare concretamente un modello di habitat per il futuro in grado di dialogare con la natura e, al contempo, di rispondere alle sfide poste dall’industria più avanzata. Di entrambe le proposte non se ne farà nulla.
Come accade, anzi, in eventi dove numerosi sono i soggetti coinvolti e cospicuo e' l’impiego di risorse economiche private - all’esposizione partecipano le più importanti industrie nazionali- il programma finale diventa una sommatoria di numerosi temi che incoerentemente, in un modo o nell’altro affrontano il tema del futuro.
Fulcro dell’esposizione sono due strutture il Trylon e il Perisphere, disegnate dall’architetto Wallace Kirkman Harrison, uno degli autori del Rockfeller Center che più tardi sarà in partnership - ma sarebbe meglio dire: in opposizione- con Le Corbusier tra gli autori del Palazzo delle Nazioni Unite. Il Trylon e' un obelisco che si staglia verso il cielo, simbolo della città verticale, dei grattacieli che punteggiano il profilo della metropoli americana. Il Perisphere e' una sfera il cui diametro e' pari a 200 piedi, esattamente la larghezza dell’isolato tipo della città di Manhattan. Il pubblico passando all’interno del Trylon è condotto attraverso due scale mobili ( una di 120 piedi: la più lunga sinora costruita) all’interno della sfera in due balconi circolari rotanti ognuno in una direzione diversa, senza essere apparentemente retti da alcun supporto. Si ha modo così di osservare dall’alto il modello di Democracity, città ideale del futuro. Consiste in un cuore verde dominato da un grattacielo di 100 piani dove sono ubicati i principali servizi della città. Vicino giardini, parchi e attività sportive nonché altri edifici direzionali. Più in là i quartieri suburbani. La vista di Democracity fa parte di uno spettacolo multimediale non privo di effetti scenici all’avanguardia: tra questi, multiple proiezioni sulla calotta con immagini di uomini che ben presto avrebbero popolato la città ideale.
E’ però Futurama, lo spettacolo messo in piedi dalla General Motors nel proprio padiglione a captare l’interesse del pubblico. Consiste in una successione di paesaggi automobilistici del futuro: strade senza intersezioni, autostrade a quattro corsie, sistemi di guida automatizzati. Lo show termina con l’atterraggio in una città, prima vista in immagine e poi vissuta all’interno di un modello in scala reale. Qui, da un percorso pedonale sopraelevato, lo spettatore ha modo di osservare il traffico sottostante, naturalmente popolato dai nuovi modelli della general Motors.
Vi e', infine, City of Light, lo spettacolo progettato da Harrison ed allestito dalla Edison, dove gli spettatori sono posti di fronte a un grande modello di Manhattan dominato dai grattacieli e reso vibrante dal gioco delle luci.
Pur nella loro diversità questi tre allestimenti, insieme con gli innumerevoli altri, comunicano un messaggio di rassicurante ottimismo: la città contemporanea non e' il disastro che molti urbanisti e architetti vorrebbero credere e la tecnologia possiede risorse per emendare i propri errori e per rendere vitale e piacevole la città del domani.
A rendere immediatamente percettibile questo entusiasmo per il futuro e' lo stile streamlining, da alcuni anni in voga negli Stati Uniti. Consiste nel disegnare oggetti con forme aerodinamiche, vagamente futuriste. Vi si rifanno i mezzi di trasporto veloci che servono a muovere i passeggeri da una parte all’altra dell’esposizione e i treni di nuova generazione, nel padiglione dedicato ai trasporti ferroviari, disegnati da Loewy, che di tutti i progettisti che praticano questo stile e' sicuramente il più dotato ( detto per inciso: anche Wright nel disegno degli esterni degli uffici della Johnson Wax ne risente un po’ l’influsso, così come forse anche nel successivo progetto per il Guggenheim).
Meno interessanti sono i padiglioni nazionali, se si fa eccezione – ne abbiamo parlato- per il finlandese disegnato da Aalto, lo svedese disegnato da Sven Markelius e quello della Pennsylvania allestito da Gropius e Breuer. Tra i peggiori padiglioni spicca, con il sovietico, quello italiano: del resto, come mostrano le vicende per l’allestimento dell’E42 - che se non fosse stato per la guerra avrebbe dovuto ospitare la successiva esposizione internazionale- gli italiani mostrano di intendere la modernità, in termini di nostalgia del passato e di retorica imperiale piuttosto che di sviluppo tecnologico.
Nonostante le previsioni di oltre 60 milioni di spettatori, ne arrivano al 31 ottobre, data di chiusura, poco più di 26 milioni. Per evitare la bancarotta la mostra deve continuare, dopo un processo di restyling che ne cambia i contenuti, rendendola ancora più popolare. Titolo della nuova esposizione e' “Peace and Fredom” anche in relazione al fatto che e' appena scoppiata la guerra. Davanti ai padiglioni nazionali si registra qualche tafferuglio ma ciò che e' più inquietante e' che continuano a essere presenti con propri padiglioni, e come stati sovrani, la Polonia, la Cecoslovacchia, la Danimarca, l’Olanda, il Belgio e la Francia invasi dalle truppe tedesche.
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