(Andate a vedere sul vostro vocabolario. Guardatene anche qualche
altro: non si sono ancora messi d'accordo).
Dall'altra parte della barricata fanno sorridere i critici che analizzano
un verso di Salvatore Quasimodo, "si pettinano fanciulle col petto
d'arancio" insistendo sul fatto che sia "petto" sia "pettine" vengon
giù da una comune radice indoeuropea. Bello da sapere, ma non ci
interessa più che tanto.
Perché questa sfiducia? Perché l'etimologia non è cosa da dare in
mano alle creature. (Sarebbe da lasciare agli uomini scafati, ma Gianfranco Contini ammoniva gli specialisti stessi: "le etimologie non si
cercano, si trovano".)
Siamo tutti creature. A certe cose sarebbe meglio non pensare.
Moltissime porte dell'etimologia italiana restano chiuse per chi non
abbia passato gli anni bui delle scuole medie e medio-superiori a studiare latino, come han fatto in tanti fino a ieri per tutti i secoli della
lingua italiana. La lingua italiana è per gran parte una lingua letteraria; e alle spalle dei letterati italiani ci sono stati fino a ieri più alti e
folti scaffali di libri latini che non di libri italiani. Se non sapete un
po' di latino non potete apprezzare neppure quell'aspetto più divertente delle storie etimologiche che accenniamo alla voce allòtropo.
Poi molte porte della etimologia italiana restano chiuse a chi non ha
passato qualche altro buio anno scolastico a studiare un po' di greco:
abbiamo appena parlato di "strofi" e "catastrofi".
E non è finita qui. Se per caso proverete a sfogliare libri come l'Avviamento alla etimologia italiana di Giacomo Devoto vedrete quante porte vi restino chiuse se non avete qualche infarinatura di quelle
che chiamavo sopra, sorridendo, "radici indoeuropee".
(Porte chiuse. Proprio "porta = apertura" e "porta" da "portare" sono, alla lunga, omogenee, hanno una comune origine indoeuropea.
Liberi tutti di guardare fisso l'interlocutore stringendo le labbra, recitando fra sé quel sonetto di Guittone d'Arezzo che comincia "Deporto - e gioia nel meo core apporta": anche qui le occorrenze di
"porta" e parole correlate sono 28).
Le questioni di omogeneità o eterogeneità etimologica sono spesso
questioni di lana caprina. Dovrò ripetere questa frase volgare, diffidente e sfiduciata, alle voci matrimonio gran destino e coscecoscienza.
Anzi, forse le questioni di omogeneità o eterogeneità etimologica
non andrebbero poste. Mi riferisco, per andare sul difficile, a quanto
ha scritto Roberto Calasso. sulle "catene di associazione verbali" di
Heidegger, che dispone, in aberrante armonia, i composti del verbo stellen ("porre") dal vorstellen ("rappresentare") della metafisica classica al bestellen ("ordinare" in senso commerciale) che risuona quotidianamente nelle aziende.
E che cos'è, infine, il Gestelle?
Il macchinario heideggeriano opera
soprattutto per catene etimologiche. Comincia la riflessione su una parola, scegliamo la parola prima: pensiero. Nel giro di poche pagine si
forma una catena, sul filo dell'etimologia, certa o dubbia non ha importanza: Gedanke - Gedank - Dank - Andenken. In breve, sotto i nostri occhi, è avvenuta una trasformazione: l'indeterminato "pensiero è
diventato "memoria riconoscente". ovvero da Grund nel senso di
ragione e Grund nel senso antico di humus, si salta, attraverso, il
Satz nel senso di principio e il Satz nel senso di salto, nella Grundlosigkeit = assenza di fondamento dell'abgrund = abisso.
Ricordate almeno queste parole: "una catena, sul filo della etimologia, certa o dubbia non ha importanza"...
A questo punto sarebbe scortese non riportare i due sonetti citati sopra, di Iacopo da Lentini e di Guittone d'Arezzo, con le 28 occorrenze di "viso" e "porta" e parole correlate.
Lo viso - e son diviso - da lo viso,
e, per aviso - credo ben visare;
diviso - però viso - da l'aviso,
c'altr'è lo viso - che lo divisare;
e per aviso - viso - in tale viso,
de lo qual nome posso divisare.
A quello viso - a viso - è paradiso,
che non è altro che Deo divisare;
'ntr'aviso - e paraviso - no è diviso,
che non è altro che visare in viso;
però mi sforzo tutt'or avisare.
E viso, - per aviso, - che da viso
giamai me no poss'essere diviso,
che l'uomo mende possa divisare.
Deporto - e gioia nel meo core apporta,
emmi desporta - al mal ch'aggio portato,
che de porto - saisina aggio, ed aporta
ch'entr'a la porta - ov'e' for gie aportato.
Fe' porto - tal de lei che non trasporta,
ma me comporta - ov'eo son trasportato;
ch'on porto - me non fa più, semm'aporta
ella, du' porta - su' estar diportato.
Comportat'ho - de mal tanto ch'eo porti..
deporti - opo me fanno a trasportare
de portar - morto 'v'eo s'on mi portara.
Non comportara - ch'altri mi comporti
nei port; - s'ei sia qual vole a portare,
ché del portar - mei lei m'adesportara.
Se invece volete qualcosa di più leggero, prendete la voce topònimo.
Illustrazione n. 35.
Il contatto della gente con la lingua latina generava mostri. Questa stampa
rappresenta la città di Cremona come una "magna phaselus", una grande nave: il
Torrazzo è l'albero maestro, e si aggiunga il fatto che la pianta delle mura era a
mandorla. Da "magna phaselus" era impossibile non passare a "mangia fagioli": un
blasone popolare che infatti viene riferito ai cremonesi da Teofilo Folengo, da
Alessandro Tassoni e da altri. Si può anche pensare l'inverso: che i cremonesi
fossero detti "mangiafagioli" per la loro bovina ottusità, e che il motto latino sia
venuto dopo, per facezia dotta.
nota:
Prima di arrivare alle nostre "etimologie scientifiche" si è tenuta buona per secoli la triplice derivazione di "mors, morte" da "amarus, amaro; Mars, Marte; morsus, morso"
(quello che diede Adamo al frutto dell'albero del bene e del male). A
questo proposito Friedrich ohly ha parlato di una "etimologia speculativa, vicina alla teologia": Geometria
e memoria. Lettere e allegoria nel Medioevo, a cura di Lea Ritter Santini, Il Mulino, Bologna 1985
90 \falso derivato - Nell'accostamento di due parole di diverso significato può sembrare che la seconda sia ottenuta dalla prima per una
derivazione o per una flessione:
falso accrescitivo: "burro-burrone",
falso aggettivo.. "inno-innesco",
falso cambio di genere: "brando-branda",
falso diminutivo: "abisso-abissino",
falso gerundio: orlare- orlando
falso iterativo: "stecca-bistecca, serva-riserva"
falso peggiorativo: "addio-addiaccio",
falso plurale: "coma-come",
falso vezzeggiativo: "casto-castello, merlo-merluzzo" ecc.
Il gioco è basato su un principio di forte allitterazione e può rientrare nelle etimologie sbagliate in malafede. A volte funziona solo
per l' occhio.
Nell'enigmistica italiana il falso derivato è un indovinello, la cui soluzione è data da un falso derivato, etimologicamente eterogeneo (come negli esempi citati), o etimologicamente omogeneo, ma di omogeneità non evidente alla coscienza linguistica media (come "ceffo-ceffone, cazzo-cazzotto"). Nell'intestazione è indicato il numero di
lettere delle due parole in gioco.
91 \filastrocca - La parola "filastrocca" è recente (fine xv secolo?), se
ne ignora l'ètimo, non ha un significato preciso. In accezione spregiativa indica "discorso prolisso, sconclusionato". In accezione tecnica
indica "componimento in versi brevi, con ripetizione di sillabe e parole". (Una divaricazione altrettanto forte fra accezione spregiativa e accezione tecnica si ha per la parola nonsenso).
Usa "filastrocca" in senso tecnico Camillo Sbarbaro, quando dice:
A modo mio, "canto". Quel che viene in bocca; filastrocche alla mercé
della rima, tenute in sesto dal verso.
Alcuni' raggruppano le filastrocche al centro di zone varie e parzialmente sovrapposte (burle, dileggi, insolenze e parodie; cànoni; canti
cumulativi; canzoncine; conte; contrari incatenati; dialoghetti; filastrocche caudate e scioglilingua; indovinelli; ninnenanne; rime mnemoniche; rime usate dagli adulti per intrattenere i bambini. rime usate dai bambini per giocare; rime rivolte a piccoli animali; riti, invocazioni e scongiuri. scampanii. simili incatenati e intercalari. storielle
storielle senza fine e finali; volta la carta).
Parte di questo patrimonio si raggruppa in inglese dicendo "nursery
rhymes". Le prime raccolte di simili testi inglesi rimontano al 1744 o
al 1719; per i testi italiani si deve attendere il 1877.
Le filastrocche, e soprattutto le conte, possono essere manifestazioni
di glossolalìa lùdica, per la quale è frequente il riferimento al patrimonio inglese. Si dà il caso che certe conte italiane siano adattamento di conte inglesi:
Inimini mani mo
chissanìa baistò
effiàla retingò
Inimini mani mo
si diceva sulle spiagge di Viareggio, e altro non era se non
Eeny meeny miney mo
catch a nigger by his toe.
If he hollers let him go
eeny meeny miney mo.
92 \fiori-frutti-mari-monti - Gioco a carta-e-matita che si può fare
in un numero illimitato di persone o anche da soli. Ciascuno divide
un foglio in quattro colonne, intestate "fiori-frutti-mari-monti" o
altre categorie. Scelta una lettera a caso, ciascuno (secondo un
meccanismo analogo a quello che regge il gioco di è arrivato un
bastimento) cerca parole inizianti con quella lettera, da inserire
nelle quattro colonne. In un tempo fissato, vince chi ne trova di
più. Alcune varianti prevedono calcoli di punteggio più o meno
sofisticati.
Questo gioco è diffuso in molti paesi; in Francia si chiama "baccalauréat", in Gran Bretagna e Usa "categories". Ne esistono confezioni in scatola, che offrono strumenti per scegliere la lettera iniziale: un
dado, una roulette. Vedi illustrazioni nn. 7 e 32.
Generalmente per decidere se una parola è valida o no ci si affida
all'arbitrio di un giudice di gara (un adulto in una compagnia di ragazzi); sarebbe utile scegliere strumenti precisi (un qualsiasi vocabolario, o un dizionario enciclopedico, un atlante, un annuario ecc.).
93 \flessione - Una parola può essere leggermente modificata nella forma e nel significato ("buonO-buonA, amavo-amavA") per fenomeni
linguistici che si chiamano "flessioni", ma resta fondamentalmente la
stessa parola, con lo stesso significato fondamentale. Sui vocabolari
troviamo una parola sola (solo "buono" al maschile singolare, solo
"amare" all'infinito presente).'
Non siamo nei confini dei giochi di parole come lava-leva (parole
diverse con significati diversi).
In tutti i giochi di parole si possono usare le forme flesse. Nell'enigmistica classica le forme flesse sono rigorosamente messe al bando.
94 \fonema - Alcuni dicono che il "fonema" è la unità minima distintiva di suono nell'ambito di una lingua particolare. il fonema consente,
da solo o in combinazione con altri, di formare dei significati e di fare una distinzione tra di essi (per esempio con la tecnica delle
coppie minime).
Altri ritengono obsoleto questo concetto, come il concetto di atomo
prima che si arrivasse alla scissione dell'atomo. è prudente, stando
alla superficie, essere più grossolani ancora, e non parlare nemmeno
di "fonema" ma solo di "suono".
La parola "fonema" potrebbe tornare comoda in certi casi, per esempio si potrebbe dire che vénti-vènti sono omògrafi non omòfoni
per fonema, mentre súbito-subìto sono omògrafi non omòfoni per
"tonema" (è stato inventato anche questo termine); ma a certe comodità si può rinunciare.
95 \frammenti - Il massimo divertimento degli archeologi è quello di
rimettere insieme i frammenti del passato. Un libro di archeologia inglese recava il titolo Piecing together the past; la traduzione italiana lo
indebolì dicendo I frammenti del passato.
Starete immaginando che manca sempre qualche frammento. Se, oltre che un po' di archeologia, aveste studiato un po' di storia, sapreste che spesso succede il contrario: i frammenti del passato sono
troppi, ci soffocano; quante volte, dopo aver rimesso insieme i frammenti, ne avanza qualcuno! Un paio di millenni fa in Grecia fecero
un vaso, che finì poi al British Museum, dove lo chiamarono Portland Vase. Nel 1845 un ubriaco lo spaccò. Prontamente restaurato,
il Portland Vase sembrava perfetto, ma i curatori del British Museum
sapevano la verità: erano avanzati 27 pezzi. Non li buttarono via. Un
restauro successivo (al quale si giunse dopo aver nuovamente spaccato il vaso, apposta) rimediò in buona parte all'inconveniente: avanzarono soltanto 11 pezzi.
Potete ripensare a questo aneddoto mentre cercate di risolvere l'Archeopuzzle, un gioco tuttora in commercio. Risolto il puzzle tridimensionale vi trovate in casa un vaso, un soprammobile, un ciàpapùar come si dice con efficacia dalle mie parti: un prendi-polvere.
Niente paura: una martellata e ricominciate, se il gioco del piecing together the past, vi era piaciuto. Conosco una persona la quale sostiene che la martellata è il momento più bello. (Non appartiene alla famiglia di quelli che, dopo aver risolto un puzzle bidimensionale, lo
incollano e lo mettono in cornice, sottovetro.)
Con gli scritti il gioco dei frammenti capita di farlo quando si deve o
si vuole rimettere insieme una lettera che qualcuno ha strappato in
mille pezzi. Ma anche qui si può fare apposta, come martellando un
vaso. Per esempio prendete un sonetto (meglio, la fotocopia ingrandita d'un sonetto), lo tagliate a strisce verso per verso, e poi sforbiciate in due o tre mozziconi ogni verso. Ricostruire il sonetto sarà più
o meno difficile: ci si aiuta con le rime, col ritmo, col senso (quando
c'è).
Infinita follia degli umani, anche questo gioco si è fatto "seriamente". Raymond Queneau ha scritto, architettato, costruito un "libro"
intitolato Centomila miliardi di poesie, di cui vi risparmio la descrizione. La trovate, se volete, nei libri dell'oulipo. Da noi si trova ancora in commercio un libro ottocentesco intitolato L'oracolo della Sibilla Cusiana.s La Sibilla Cusiana viene dal Cusio, che è poi il lago
d'orta, legato ai nomi di Ernesto Ragazzoni, Gianni Rodari e Ersilia
Zamponi. Non ha a che fare con Cuma, dove stava la Sibilla Cumana
(può darsi troviate in commercio libri intitolati per errore L'oracolo
della Sibilla Cumana). Il libro è opera di Giovanni Finazzi, sindaco di
omegna, morto nel 1833. Ha scritto anche Le invenzioni del Dottor
Ftsico Cusiano, sottotitolo "Descrizione di un vegetabile anticonvulsivo, di un trebbiatojo, di una barca innaufragabile e di un metodo di passeggiare sulle acque". L'oracolo della Sibilla Cusiana è basato sugli
stessi principi dei Centomila miliardi di poesie ma è più bello e più
utile, perché Giovanni Finazzi era un vero folle, mentre Raymond
Queneau faceva finta.
L'oracolo della Sibilla Cusiana permette un gioco divinatorio paragonabile a quello dell'I Ching o I King o Yiiing. Il postulante formula
una domanda. Sulle lettere delle parole che costituiscono la domanda si effettua una prima serie di operazioni numeriche; i risultati rimandano a tabelle complesse, dalle quali si ricavano (con pazienza,
attenzione e un po' di estro) responsi in endecasillabi a rima baciata.
Non ricordo la prima domanda che rivolsi alla Sibilla Cusiana; ricordo la risposta:
Te lo dirò ma alcun non vo' che il senta:
alla tua etade un pochettin si stenta.
Un altro modo per giocare coi frammenti è quello dei bigliettini. Se
ne conoscono alcune varianti. La più semplice prevede cinque giocatori. Il primo scrive su un foglio (1) un sostantivo; piega il foglio in
modo da nascondere quanto ha scritto, passa il foglio al secondo giocatore. Il quale scrive (2) un aggettivo, piega e passa al terzo. Così
via: scrivendo (3) un verbo transitivo, (4) un sostantivo, (5) un aggettivo. Praticavano questo gioco i surrealisti (Queneau in gioventù fu
dei loro, o fu vicino a loro), quando sperimentavano la "scrittura automatica". Un buon risultato fu "il cadavere squisito berrà il vino
nuovo". Questa variante dei bigliettini è nota come Il cadavere squisito.
Dopo i surrealisti e dopo Queneau altri fecero giochi analoghi in
Francia. Nel 1962 Marc Saporta pubblicò presso le Editions du Seuil
un libro che l'anno stesso fu tradotto in italiano, per l'editore Lerici
di Milano, ad opera di Ettore Capriolo, titolo Composizione n. 1. Fisicamente si presenta nella forma tradizionale del parallelepipedo-libro, ha una copertina-cofanetto e una camicia recante frontespizio,
colophon, copyright ecc. Nella camicia stanno dei fogli volanti non
numerati, "carte" stampate solo sul recto: il verso è bianco. Un'awertenza sulla camicia dice:
Si invita il lettore a mescolare queste pagine come un mazzo di carte. Se
gli fa piacere, può anche alzarle con la sinistra, come si fa dalla cartomante. In ogni caso l'ordine in cui appariranno allora i fogli determinerà il destino di X.
La copia di questo "libro" che posseggo io consta di 142 carte: insisto: non numerate. La non-numerazione delle carte è essenziale per
contrapporre la macchinazione di Saporta ai game books dove si saltabecca da una pagina all'altra, non rispettando la successione numerica.
Il paragone col mazzo di carte è l'idea migliore, nella macchinazionedi Saporta Non so se già ai suoi tempi fosse stato trasformato in
mazzo di carte il libro dell'I Ching o I King o Yi1ing. Intrinsecamente
tendono già a trasformarsi in mazzi di carte altri libri occidentali come (per restare in Italia) il Libro della ventura di Lorenzo Gualtieri
detto Lorenzo Spirito (1482), il Triompho di Fortuna di Sigismondo
Fanti (1526), Le ingeniose sorti o Giardino di pensieri di Francesco
Marcolini (1550).
è un mazzo di carte il gioco Le Balene ideato da Alessandro Banci e
Mauro Marino, pubblicato dalla Imagommage nel 1993. Sulle due
facce di 108 carte sono stampati frammenti di frasi e parole sciolte
Scopo del gioco: disfarsi delle proprie carte mettendole in banco secondo certe regole così da collaborare alla composizione di frasi di
senso compiuto, anche dissennate, purché sintatticamente corrette
Un gioco di frammentazione minuscola è nel fumetto che apre la vignetta del Corvo parlante nella Settimana enigmistica dall'8 febbraio
1964. La firma del disegnatore Mollendorff fu eliminata negli anni
'70 "poiché trattandosi di disegno che il solutore deve esaminare attentamente, essa potrebbe costituire un elemento grafico fuorviante
o creare dettagli di erronea interpretazione"."
Giochi di frammentazione elementare alla voce tmesi, in fine.
96 \frase - Gli enigmisti italiani parlano di "frase" quando fanno un
gioco di parole costituito non da una parola singola o da parole slegate, bensì dall'insieme di due o più parole sintatticamente connesse
(anche semplicemente articolo + sostantivo). In questo senso, "frase"
è quasi di uso corrente e registrato da alcuni vocabolari. In termini
retorici si direbbe che il gioco avviene non in verbo singulo né in verbis disiectis bensì in verbis coniunctis
La distinzione comporta, pur con terminologia rozza, sottigliezze fra
le più lodevoli dell'enigmistica italiana. Vediamo cosa succede se si
parla di "frase" a proposito della sciarada. Se riduciamo la sciarada semplice allo schema A + B = x (dove il segno + indica accostamento senza connessione sintattica: per esempio "tre + mare = tremare"), si definisce
1. sciarada a frase lo schema ABC = x (dove il trinomio ABC indica
connessione sintattica: per esempio "me lo dici = melòdici"); quando
sussista ulteriore connessione sintattica si parla di sciarada continuativa (per esempio "di versi diversi, con tanti contanti"). e Achille Campanile ha scritto che il vento le foglie "aduna ad una ad una ad una
duna );
2.frase a sciarada lo schema A + B + C = xy (dove il binomio xy indica connessione sintattica: per esempio "mari + tono + vello = marito novello);
3. frase doppia lo schema AB = xy (per esempio "tre mendicanti =
tremendi canti"); una variante della frase doppia è la frase a ripetizione (per esempio "mi odi o mio Dio? mi odio!). Ma la frase doppia merita una voce a sé.
Vediamo ora cosa succede se si parla di "frase" a proposito dell'anagramma. Se riduciamo l'anagramma semplice allo schema A = x
(per esempio "travaglio = giravolta"), si definisce
1. anagramma diviso lo schema A + B = x (per esempio "cani + ladri
= cardinali": in un sonetto di Giuseppe Gioachino Belli) oppure A +
B + C = x (per esempio "Dio + Patria + Re = idroterapia") e anagramma diviso in parti uguali lo schema A + A = x (per esempio
"morte, morte = termometro");
2. anagramma afrase lo schema ABC = x (per esempio: "beato coi libri = bibliotecario");
3. frase anagrammata divisa lo schema A + B + C = xy (per esempio
"vento + lampi + saette = violenta tempesta") e frase anagrammata
divisa in parti uguali lo schema A + A + A = xyz (per esempio "scale
+ scale + scale = la classe eccelsa");
4. frase anagrammata o frase ad anagrammi abbinati lo schema AB =
xy (per esempio "capelli d'oro = dolci parole").
Distinzioni analoghe sono state studiate, con risultati meno interessanti, per altri giochi di parole. Se teniamo conto del fatto che gli enigmisti italiani chiamano "scambio" il gioco del tipo marchesamaschera, possiamo apprezzare lo scambio a frase (per esempio
"contAdinotte, cAnto di notte") e la frase a scambio (per esempio
"il Posto del Cane, il Costo del Pane, Empio pAtto, Ampio pEtto"),
anche se preferiamo ridurre tutto al gioco della caccia furiosa. Se
teniamo conto del fatto che gli enigmisti italiani chiamano "cambio"
il gioco del tipo lava-leva, possiamo apprezzare la frase a cambio
(per esempio "uMile idioMa, uTile idioTa").
A parte merita di essere considerata quella che gli enigmisti italiani
chiamano inversione di frase.
97 \frase doppia - Gli enigmisti italiani chiamano "frase doppia" un
gioco come "tre mendicanti = tremendi canti". Lo intrawediamo
nella voce frase, ma vale la pena di considerarlo a sé, per tre ragioni.
Uno. Il colonnello Mario Zaverio Rossi ha scritto un'intera poesiaintrecciata con questi giochi. Comincia:
Un tuo sogno modesto,
untuoso gnomo desto...
Due. Questo gioco è matrice (col calembour) dei versi olorimi.
Tre. La frase doppia è essenziale per la "prima lettura" e la "seconda lettura" del rebus. Va detto che la "prima lettura" è senza senso.
Nota bene: nelle "frasi doppie" intervengono dei tagli? secondo il
principio del tremare-tre/mare. non ci sono tagli, invece, nelle
"frasi bisenso" delle crittografìe mnemòniche.
98 \frequenza - Definire il concetto di "frequenza" non è facile, ma se
intendiamo "il numero delle volte che un fatto si ripete", e queste
volte possono essere tante o poche, possiamo intendere che alta è la
frequenza della lettera E in italiano. Chi ha pratica di parole incrociate (specialmente degli Incroci obbligati della Settimana enigmistica) si è fatta una certa idea della frequenza delle lettere, e gli torna
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