Nel 1994 esce un numero speciale della rivista giapponese A+U dal titolo Questions of Perception. A curarlo sono Steven Holl, Alberto Pérez Gomez e Juhani Pallasmaa. Pallasmaa, con un saggio dall’emblematico titolo An Architecture of the Seven Senses, denuncia il pericolo di una architettura che privilegi l’aspetto visivo a scapito degli altri sensi. Ciò porta a una perdita di sensualità “ to drift towards a distancing, a kind of chilling, de-sensualization and de-eroticization of the human relation to reality”31. Come sfuggire al pericolo? Recuperando, come sostiene la sezione centrale della rivista, undici distinte “phenomenal zones”. Dove si dà convivenza tra figura e sfondo, dove la percezione prospettica e' fonte di continue sorprese, dove sia presente il colore, dove ci siano effetti di luce e di ombra,dove l’edificio sia pensato anche nel suo apparire notturno, dove la percezione implichi un concetto di durata, dove l’acqua abbia un ruolo, dove il suono contribuisca a dare qualità allo spazio, dove si giochi sulla tattilità delle superfici, dove si faccia ricorso ai concetti di scala e di proporzione, dove un’idea colleghi l’architettura al contesto.
Da qui un’architettura accattivante anche se a tratti eccessivamente carica di effetti impressionisti. Sicuramente diversa da quella del duo Herzog & de Meuron, il cui lavoro sui materiali e' più freddo anche se intellettualmente più coinvolgente.
Completata nel 1997 la Cappella di Sant’Ignazio a Seattle, Washinghton (1995-1997) e' forse una delle opere più riuscite di Holl per le qualità tattili dei materiali impegnati: cemento, zinco, intonaci, vetri colorati. Per l’ingegnoso modo di accostare i grandi pannelli prefabbricati. Per la complessa volumetria pensata in funzione dei molteplici effetti luminosi ma che nasce a partire da una pianta molto semplice di forma rettangolare.
E’ Peter Zumthor a realizzare però l’opera orientata in direzione “fenomenologica” che godrà il maggior successo di critica diventando per antonomasia l’edificio in cui sono esaltati i valori della percezione e della tattilità: le terme di Vals, Svizzera (1994-1996). Realizzate con pareti in lastre di pietra sovrapposte e in cemento armato con una tecnica ispirata agli antichi muri locali, le terme devono il loro fascino alla piscina sobria e rigorosa ma in realtà ossessivamente e minuziosamente disegnata. E’ articolata in ampi spazi ai quali si alternano angusti quanto suggestivi cubicoli ciascuno dei quali ha una propria luce ed e' caratterizzato da un tema cromatico, acustico e olfattivo. Ma ciò che colpisce di più e' l’abilità con la quale l’architetto e' riuscito a coniugare valori appartenenti all’architettura del passato con geometrie contemporanee, l’amore per il dettaglio con l’essenzialità dell’insieme. Nota Friedrich Achleitner: “Benché sia possibile cogliere i vari passaggi che scandiscono il progetto e lo sforzo enorme compiuto per definire ogni dettaglio, a prima vista resta un mistero come la pesantezza possa tramutarsi in levità e l’involucro spaziale produrre una sensazione di così chiara libertà come avviene in quest’opera di Zumthor”32.
Una simile linea di ricerca orientata e' perseguita negli Stati Uniti da Tod Williams e Billie Tsien. Nel 1995 realizzano The Neurosciences Institute a La Iolla, California dove i tre edifici delimitano una piazza che dà unità all’intero complesso. Luce e materiali sono al centro dell’attenzione dei progettisti , come testimonia l’auditorium delicatamente disegnato sulle forme di un origami.
2.9 Koolhaas: Euralille
E’ difficile pensare a un architetto meno minimalista e più inclusivista di Rem Koolhaas. "Architecture " afferma " is by definition a chaotic adventure". E, aggiunge: " Coherence imposed on an architect’s work is either cosmetic or the result of self-censorship”33.
Koolhaas gode negli anni novanta di una vasta notorietà anche se la definitiva consacrazione internazionale avviene nel 1996 con le 1345 pagine di S, M, L, XL (che significano small, medium, large ed extra large), un libro manifesto che avrà uno straordinario successo grazie alla innovativa grafica di Bruce Mau. In S, M, L, XL le distinzioni tipologiche o morfologiche sono abbandonate. Il padiglione espositivo è trattato in small, l'edificio in medium, il quartiere in large e il progetto urbano in extra large. Tra i progetti innumerevoli scritti collocati, come dice l'Autore stesso, come episodi autonomi e non come elementi di interconnessione.
Il fine è dar vita a ciò che Koolhaas chiama "un nuovo realismo". Consiste in una visione disincantata e aderente alle cose così come queste ci vengono prospettate dalla società nella quale viviamo.
Cioè da una realtà metropolitana non più fondata sullo sviluppo ordinato della città, ma sulla caotica localizzazione degli agglomerati urbani e delle reti di interconnessione. Che destino –si chiede Koolhaas- può avere in questo contesto l’architettura? Non possiamo non vederla che come un ostacolo al mutamento, come la palla al piede di un condannato, privato della libertà di muoversi a suo piacimento. Il migliore edificio è quindi quello che non esiste: è lo spazio dove nessun muro ostacola o veicola il corpo. A ispirare Koolhaas è sicuramente il quasi nulla di Mies, un maestro al quale l’architetto olandese ha sempre fatto riferimento, ma non è difficile intravedere in queste riflessioni una personale rielaborazione delle problematiche minimaliste che in questi anni stanno captando l’interesse della ricerca architettonica.
E’ sempre nel 1996 che Euralille, il primo grande masterplan affidato a Rem Koolhaas, prende forma. L’occasione progettuale nasce dalla volontà della municipalità di Lille, trovatasi, grazie alle nuove linee ferroviarie ad alta velocità, al centro dei nuovi grandi assi di mobilità europei di diventare un polo di attrazione metropolitano. L’intervento si estende su un'area di circa centoventi ettari. E’ centrato sulla nuova stazione del Tgv localizzata a circa duecento metri dalla vecchia stazione e a questa collegata tramite un'arteria stradale dall’emblematico nome di rue Le Corbusier. E’ prevista la costruzione di numerose attività commerciali e direzionali, affidate a progettisti diversi. Koolhaas si occupa del Congrexpo; la stazione del Tgv è disegnata da Jean-Marie Duthilleul, il centro commerciale da Jean Nouvel, il Crédit Lyonnais da Christian de Portzamparc, il World Trade Center da Claude Vasconi.
In Euralille ritroviamo le tecniche progettuali che Koolhaas ha messo a punto nei lavori precedenti: l' assemblaggio per fasce e livelli, il disegno per nodi e reti, la drammatizzazione del movimento, la dialettica obelisco-sfera.
L’assemblaggio per fasce e livelli nasce dall' incontro di due sistemi diversi, l’ infrastrutturale, e l’ architettonico. Ciò avviene nella stazione a cui vengono sovrapposti a posteriori edifici per uffici e a destinazione commerciale. Domina la poetica dell'elenco, della sovrapposizione, dell'incontro-scontro: come al Congrexpo dove tre diversi edifici, ciascuno con una propria architettura e logica, si sommano per formare un unico corpo di fabbrica a pianta ellittica.
Concepita come un insieme di nodi a cui afferiscono diversi sistemi di reti ( automobilistica, ferroviaria, pedonale), Euralille vive di un susseguirsi di spazi dinamici: l'unica piazza all'aperto è di forma triangolare ed é, comunque, un momento di transizione tra il centro commerciale e la stazione del tgv. Lo spazio pubblico è ubicato all'interno degli edifici, in grandi cavità dalle quali si dipartono percorsi di ogni genere. Il movimento diventa un principio generatore della forma. Il traffico che scorre lungo Rue Le Corbusier taglia in due l'edificio della stazione del Tgv; il prospetto del Congrexpo muta se guardato da distanze e da velocità diverse; le insegne e i segnali acquistano un ruolo predominante rispetto alle facciate; le architetture, sono articolate in modo tale da aprirsi verso i luoghi dove scorrono automobili, treni, mezzi in movimento. Infine, Koolhaas inventa un grande spazio cavo posto nel punto di raccordo tra il Tgv, il parcheggio e l'autostrada. E’ un nuovo spazio piranesiano che testimonia che il movimento -cioè la forma degli eventi- è il sublime del nostro tempo, ciò che ci incanta e ci terrorizza: il motore di una nuova estetica.
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