Nel 1947, il Museum of Modern Art, su interessamento di Philip Johnson, decide di tributare un omaggio Mies, organizzandogli una personale e pubblicandogli una monografia. La mostra presenta una ampia panoramica dei lavori dell’architetto: da casa Kröller del 1912 al padiglione di Barcellona del 1929 sino ai più recenti progetti in corso di realizzazione. L’evento ha una grande eco e non solo tra gli architetti newyorkesi. Tra i tanti che si recano alla mostra vi sono, per esempio, Charles Eames il quale scriverà un articolo per Arts and Architecture e Frank Lloyd Wright, che così gli rende pubblico riconoscimento anche se poi, esibizionista come sempre, durante la vernice, fa alcuni commenti a sproposito sul “quasi nulla” miesiano, storpiato in un “tanto rumore per nulla”, che contribuiscono a freddare i rapporti tra i due (ricordiamo che Mies era rimasto affascinato dalla figura di Wright ,tanto da andarlo a trovare a Taliesin non appena giunto negli Stati Uniti e che Mies e' l’unico degli architetti contemporanei europei che il maestro americano mostra di apprezzare).
A colpire l’immaginazione del pubblico americano e' l’uso poetico dell’acciaio e del vetro, due materiali che, nell’impiego che ne fa Mies riescono a conferire alle costruzioni una monumentalità lontana dalla retorica degli edifici pubblici realizzati nei terribili anni Trenta dai regimi totalitari e, allo stesso tempo, una leggerezza e trasparenza che esaltano la tecnologia di una nazione uscita vincitrice dal conflitto mondiale e dotata di un apparato industriale moderno ed efficiente.
Tra i progetti più recenti presentati alla mostra vi sono casa Farnsworth (1945-1951) e gli edifici per l’ Illinois Institute of Technology di cui Mies e' direttore già dal 1937, anno del suo trasferimento negli States.
La prima e' una glass house, un edificio caratterizzato da pareti vetrate che sarà completato nel 1951: ne saranno influenzati, tra gli altri, gli Eames, Raphael Soriano, Craig Ellwood e gli altri architetti della West Coast -che però, come abbiamo visto, declineranno il tema della costruzione in acciaio e vetro in termini più prammatici e meno lirici- e Philip Johnson che ne riprenderà il disegno per la propria abitazione a New Canaan, completata nel 1949.
Appesa su due file di quattro pilastri in ferro ad ali larghe, Casa Farnsworth flotta ad un metro e mezzo di altezza sopra il terreno. Vi si accede mediante due rampe di gradini intervallati da una piattaforma sfalsata rispetto alla casa e posta ad una altezza intermedia. Nonostante l’uso di materiali industriali che ne rendono l’immagine decisamente contemporanea, vengono alla mente le abitazioni tradizionali giapponesi e il dialogo che queste intessono con la natura circostante. E, in effetti, vi è in Casa Farnsworth una spazialità fluida e una ricerca ossessiva del dettaglio e della perfezione formale che ricordano la cultura orientale: a partire dalla volontà di eliminare ogni imperfezione delle opere in ferro mediante una preliminare sabbiatura e successiva pittura con vernice bianca sino alla cura con la quale e' realizzato il corpo centrale di servizio rivestito in legno ed eseguito da un artigiano tedesco di fiducia dell’architetto.
Su un registro simile, anche se pensati per un contesto più urbano, sono gli edifici per il campus dell’ITT. I primi ad essere realizzati sono il Laboratorio di Ingegneria chimica e Metallurgia, l’Istituto di Chimica e l’Alumni Memorial Hall (1945). Esibiscono la struttura metallica dipinta in nero e sono tamponati con parapetti in mattoni color sabbia sopra i quali sono montate le vetrate delle finestre. L’impressione e' della massima leggerezza e trasparenza nonché di un rigoroso formalismo minimalista che evita effetti decorativi, per prediligere soluzioni di dettaglio tanto semplici quanto raffinate. Più appariscente, grazie all’uso di travi estradossate che coronano l’edificio e all’espediente della piattaforma di accesso già messa a punto con casa Farnsworth, e' l’edificio per la Crown Hall e Scuola di Architettura e Design (1950-56).
Nel 1946 Mies incontra Herbert Greenwald un imprenditore di origini ebraiche il quale gli commissiona prima i Promontory Apartaments (1946-49), un edificio di 22 piani con struttura in cemento con tamponamenti in mattoni fino all’altezza del parapetto, poi le torri al Lake Shore Drive, 860-880, di 26 piani, interamente realizzate in ferro e vetro (1948-1951). Con la loro immagine trasparente costituiscono una novità per Chicago e, alla fine, si rivelano anche una operazione economica conveniente, costata 112 dollari al metro quadrato, una cifra minore di quella richiesta da altri sistemi costruttivi, e formalmente così convincente da rappresentare un motivo di ispirazione per numerosi edifici degli anni 50, tra i quali Lever House a New York , realizzata nel 1952 da Gordon Bunshaft, della SOM. Tra il 1953 e il 1956, Mies continua la sua sperimentazione realizzando, sempre a Chicago, i Commowealth Preomenade Apartaments (1953-56) dove nasconde la struttura dietro a un curtain wall intervallato dai consueti travetti a T. Ma l’occasione più importante gli viene dall’incarico – procuratogli da Philip Johnson- di realizzare un grattacielo, il Seagram Building a Park Avenue, nel pieno centro di Manhattan (1954-58). Nonostante un regolamento edilizio impossibile che, per massimizzare le superfici costruibili, impone edifici a gradoni, Mies disegna un prisma perfetto arretrato rispetto all’allineamento stradale. La minore volumetria e' compensata dalla maggiore essenzialità della costruzione e dalla realizzazione di una piazza antistante l’ingresso dalla quale si può meglio apprezzare l’ austero curtain wall in bronzo e in vetro scuro dell’edificio. Non si potrebbe pensare a una soluzione più essenziale ed elegante. Con il Seagram “il meno” e' effettivamente “il più” e Mies realizza concretamente quell’ideale di classica perfezione che persegue da quasi trent’anni di attività e che trova le sue radici nei progetti europei degli anni Venti e Trenta. Il prezzo da pagare, tuttavia, e' quello di una rigidezza eccessiva, di un’algida monumentalità che non esita a sacrificare la fluida e avvincente spazialità che aveva caratterizzato le opere precedenti: dai grattacieli di cristallo, alla casa Tugendhat, al padiglione di Barcellona. Dopo il Seagram non resta che il silenzio.
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