1.12 Post Modernism e linee moderniste tradizionaliste
Se nei cinque anni che vanno dal 1988 al 1992 emergono alcune linee di ricerca, altre si esauriscono e altre ancora si consolidano.
Ad esaurirsi e' il postmodern che però continua a produrre opere, alcune di un certo interesse. Tra queste , sicuramente la più interessante e' la Sainsbury Wing della National Gallery a Londra (1986-1991) di Venturi, Scott Brown & associates. L’incarico a Robert Venturi e a Denise Scott Brown nasce dopo che il Principe Carlo bolla un’ipotesi di Ahrends, Burton & Koralek come “ a monstruos carbuncle on the face of a much-loved and elegant friend”18. La scelta dei due architetti americani e' ricostruire una quinta in stile non dissimile da quella dell’adiacente museo eliminandone un pezzo con un taglio deciso, in prossimità dell’ingresso, per denunciarne il carattere moderno. Una scala monumentale all’interno, non priva di ironici riferimenti al passato, porta alle sale superiori.
Completato nel 1990 ( il progetto e' del 1985) e' la neus Haas Haus a Vienna di Hans Hollein, un edificio esuberantemente contemporaneo ma non per questo privo di riferimenti all’architettura tradizionale viennese e alla logica dell’eccesso e della sovrabbondanza tipica del gusto postmodern.
Sempre nello stesso anno si inaugura la Cité de la Musique a Parigi (1984-1990) di Christian de Portzamparc che bene ne rappresenta la volontà di evitare edifici giganteschi per proporre composizioni urbane equilibrate di edifici più piccoli articolate in maniera tale da evitare rigide gerarchie o composizioni monumentali.
Di Arata Isozaki e' il Disney Building a Orlando, Florida (1987-1991), un macrogiocattolo composto da stereometrici volumi vivacemente colorati culminanti con una gigantesca ciminiera che funge da hall di ingresso.
Negli stessi anni Aldo Rossi, oramai divenuto una star internazionale tanto che nel 1990 gli viene attribuito il premio Pritzker, completa l’hotel Il Palazzo a Fukuoka, Giappone (1987-1989), ed e' al lavoro per il museo Bonnefanten a Mastricht, Olanda (1990-1994), l’ampliamento per l’aeroporto di Linate a Milano, Italia (1991-1993), gli uffici della Walt Disney Corporation a Orlando, Florida (1991-1996), l’isolato della Schültenstrasse a Berlino (1992-1998), edifici tutti composti accostando tra loro frammenti tratti da un immaginario che si ispira alle forme, spesso archetipiche, della città del passato.
C’è anche un approccio che pur, riducendo al minimo le concessioni al post modernism, ha cercato di coniugare ricerche risalenti alla tradizione del movimento moderno con linee di ricerca più conservatrici, tese a recuperare il rapporto con l’architettura del passato o con le tradizioni costruttive locali.
Vi appartengono lo spagnolo Rafael Moneo, il portoghese Alvaro Siza, lo svizzero ticinese Mario Botta e l’italiano Vittorio Gregotti. Presenti da tempo sulla scena architettonica ( Botta, che e' il più giovane, ha vissuto in pieno la stagione postmoderna) si pongono in opposizione al decostruttivismo e a quelle che reputano le effimere mode del momento. Al di là di quello che può essere l’interesse specifico delle loro architetture, fungono da elementi di coagulo della protesta. Ma mentre Botta e Gregotti lo faranno da posizioni sempre più conservatrici e, a tratti, reazionarie. Siza e, soprattutto Moneo - che mostrerà un atteggiamento più aperto, prammatista e a tratti sperimentale- diventeranno rispettivamente in Portogallo e in Spagna il punto di riferimento di una generazione più giovane che, sebbene critica rispetto agli eccessi formali delle mode postdecostruttiviste, cercherà di aggiornare il proprio linguaggio architettonico.
Negli stessi anni registriamo, infine, l’attività di professionisti che realizzano opere di qualità, laterali rispetto alle tendenze del momento ma non per questo meno significative. Tra questi emergono Richard Meier e Ieoh Ming Pei. Il primo con opere quali il The Hague City Hall and Central Library a The Hague (1986-1995), i Royal Dutch Paper Mills Headquarters , Hilversum , Olanda (1987-1992), i Canal+ Headquarters a Parigi (1988-1992) continua a sperimentare il proprio linguaggio fatto di forme tratte dal vocabolario purista del primo Le Corbusier. Il secondo, dopo aver realizzato l’ampliamento della piramide del Louvre (1982-1989) e l’elegante Bank of China a Hong Kong (1982-1989), e' attivo con numerosi progetti tra i quali il Miho Museum a Kyoto , Giappone (1991-1998) dove il tema principale e' l’inserimento dell’oggetto architettonico nel contesto naturale.
1.13 L’eredità del decostruttivismo
Il fenomeno di gran lunga più rilevante e controverso degli anni che vanno tra il 1988 e il 1992 e' stato il decostruttivismo. Non e' azzardato affermare che proprio questo fenomeno, paradossalmente non abbracciato da alcun architetto in particolare, abbia dato uno straordinario impulso all’architettura contemporanea. Il decostruttivismo ha, infatti, portato un’intera generazione di giovani progettisti a reinteressarsi della ricerca spaziale, mettendo da parte gli eccessi iconici del post modern e rielaborando una figurazione in grado di dare forma agli aneliti di libertà e di sperimentalità della società contemporanea. Merito del decostruttivismo e' stato anche aver prodotto una stagione di riflessione teorica senza precedenti e stimolato un acceso dibattito che ha portato all’elaborazione di linee di ricerca contrastanti e alternative. Motivo per il quale e' difficile condividere il giudizio di coloro per i quali è stato un formalismo tra i tanti, la degenerazione del post modern, uno stile eccessivo, se non la negazione dell’ architettura19. Qualunque giudizio si decida di dare del fenomeno e' innegabile che uno dei meriti degli architetti decostruttivisti, sia stato l’aver riscoperto, recuperandole dalla tradizione dell’avanguardia, o introdotto, inventandole ex novo, nuove tecniche di progettazione dello spazio facendole diventare un patrimonio comune della ricerca architettonica, anche non decostruttivista. Tra queste la sperimentazione su l’in between; sulle piegature e sul cambiamento del punto di vista; sulle dinamiche della metropoli contemporanea; sulle deformazioni, vibrazioni ed oscillazioni; sulle nuove relazioni intercorrenti tra costruito e natura; sull’esasperazione degli opposti al fine di stimolare la percezione dell’osservatore; su un rapporto più coivolgente tra il corpo e l’architettura.
Merito del decostruttivismo e' stato, inoltre, aver mostrato -dopo il conformismo postmodernista che privilegiava stucchi, pietre e mattoni- che qualsiasi materiale, dal bandone metallico ai pannelli di truciolato alle reti di plastica per delimitare i cantieri, può essere adoperato con successo. E’ difficile pensare alle stesse ricerche minimaliste sulla pelle degli edifici senza questa premessa anticlassicista e liberatoria.
A partire dal 1993, come vedremo nel capitolo successivo, il decostruttivismo sarà dichiarato superato anche da coloro che ne erano stati più fortemente influenzati. Tuttavia, sia perché le sue tecniche di progettazione continueranno ad essere utilizzate – e molti giovani architetti riconosceranno esplicitamente il loro debito- sia perché saranno completati edifici la cui ideazione risale proprio a questi anni, non cesserà di esercitare il suo influsso, se non altro sino all’ottobre del 1997 quando con un fragore mediatico senza precedenti sarà inaugurato il museo Guggenheim di Bilbao di Gehry o il gennaio del 1999 quando sarà il turno del museo ebraico di Berlino di Libeskind.
Share with your friends: |