La Storia dell’architettura 1905-2008 Di Luigi Prestinenza Puglisi


Tra gesto e percezione: Fuksas e Holl



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1.8 Tra gesto e percezione: Fuksas e Holl


Nel 1985 Massimiliano Fuksas si trasferisce a Parigi. Il trasferimento è motivato dalla ricerca di nuove occasioni professionali generate dal fatto che la Francia verso la fine degli anni ottanta vive una straodinaria stagione. Ad essere poste a concorso, oltre alle grandi opere volute da Mitterand, sono, infatti, anche le numerosissime opere pubbliche realizzate sia nell’area parigina che nelle altre realtà urbane. Nello stesso periodo Fuksas abbandona lo stile che ha segnato la sua produzione precedente caratterizzata da figure geometriche elementari organizzate in modo volutamente disequilibrato e frammentario. Lo stacco definitivo da queste forme, che preludono al decostruttivismo ma che per il loro aspetto iconico sono di derivazione postmoderna, avviene nel 1986 quando su invito di François Geindre, sindaco di Hérouville-Saint-Clair, Fuksas chiama Otto Steidle, William Alsop e Jean Nouvel per lavorare insieme alla costruzione della Torre Europea. I progettisti evitano di produrre un organismo unitario per accostare, impilandoli, i quattro progetti in modo casuale, sviluppando quella logica della sovrapposizione che nel 1983 aveva portato Tschumi e Koolhaas a sviluppare le loro proposte per il parco de La Villette. Con i progetti successivi tra i quali il centro Culturale e la mediateca di Réze, Francia (1986-1991), , l’Ilot Candie Saint-Bernard a Parigi (1987-1996), il Collegio Saint-Exupéry a Noisy-le-Grand, Francia (1989-1993), la Facoltà di Diritto e di Scienze economiche a Limonges (Francia (1989-1996), Fuksas riconduce la progettazione all’interno di un’immagine unitaria, di un gesto progettuale unificante. Nello stesso tempo , utilizzando in ciascun progetto materiali diversi – dal vetro alle reti metalliche, all’acciaio corten, al rame, al legno-, sperimenta una architettura sensuale, carica di valori materici e cromatici. Punto culminante di questo approccio e' il Museo dei Graffiti di Niaux, Francia (1989-1993) dove realizza, all’ingresso della grotta sede dei celebri dipinti preistorici, una passerella compressa tra due pareti taglienti di acciaio corten che ricorda la rappresentazione astratta di un animale preistorico o di una forza ancestrale che emerge dalla caverna. Mentre la ruggine che riveste l’acciaio, conferire all’oggetto una forte componente tattile e ne favorisce l’inserimento nel contesto naturale.

Anche per l’americano Holl il decostruttivismo va superato: “ Deconstruction – afferma Holl riprendendo le parole di Mark Taylor- has finally run his course. We have tried to deconstruct, to fragment everything ad infinitum. What we need now is a philosophy of how to put things together. My insistence is on the value of the whole, especially for architecture”.

Per raggiungere questo risultato Holl attua una strategia che ricorre insieme alla fenomenologia e ad un approccio concettuale.

L’approccio fenomenologico, che Holl dice di riprendere dalla filosofia di Maurice Merleau Ponty, lo porta a valorizzare i materiali, i luoghi, i colori e la luce. L’aspetto concettuale deriva dal cercare un concept guida a ciascun progetto dà unità alla composizione evitando così una progetazzione caotica e disordinata dove i vari effetti si susseguirebbero senza un preciso filo conduttore.

Così, per esempio, nella casa Stretto a Dallas, Texas (1990-1992) il concept e' ricavato da una composizione musicale del compositore Bèla Bartók, i cui quattro tempi a sua volta sono stati ispirati dall’osservazione del luogo caratterizzato da four existing dams.

Le opere più interessanti prodotte in questi anni da Holl , oltre alla casa Stretto sono le abitazioni a Fukuoka (1998-1991) e il D.E. Shaw & Co. Office and trading area a New York (1992). In entrambe Holl gioca sulla dialettica tra la semplicità dell’impianto e la varietà delle componenti. A Fukuoka realizzando ogni alloggio diverso dall’altro e articolando ciascuno attraverso un elegante sistema di quinte colorate e pivottanti che si ispirano all’ideale giapponese di uno spazio fluido e flessibile. A New York disegnando un atrio centrale illuminato da molteplici finestre da ciascuna delle quali traspare una luce di colore diverso.


1.9 La linea minimalista: Herzog & de Meuron


E’ nella Svizzera di lingua tedesca che, verso la fine degli anni ottanta, emerge quella che sarà la più decisa linea di ricerca antitetica alla decostruttivista. Ad accorgersene e' il The Architectural Review che nel 1991 al fenomeno dedica un numero, introdotto da un articolo di Peter Buchanam.

There is – sostiene il critico- an up and coming generation of architects whose work is a welcome relief after the fashionable formal excesses of the ‘80s. Some of them such as Jacques Herzog & Pierre de Meuron and the very un-Swiss Santiago Calatrava are starting to achieve near cult status internationally; others deserve to be better known. Except for Calatrava, most of these architects share a continuing fascination with Modernism, with its early architecture and its contemporary art, both of which inspire a common concern to distil and express essentials.”13

Le previsione si rivela esatta: nel giro di pochi anni il duo Herzog & de Meuron acquisterà enorme notorietà e lo stesso accadrà per almeno un altro degli architetti proposti nel numero: Peter Zumthor. Non minor fama arriderà allo spagnolo Calatrava, che però proprio perché persegue una ricerca diversa da quella rigorista e minimalista, analizzeremo in un prossimo paragrafo.

E’ nella seconda metà degli anni ottanta, con i Magazzini Ricola (1986-87), a Laufen, una cittadina vicino Basilea, che Herzog & de Meuron mettono a punto una strategia che supera l’approccio vernacolare che aveva caratterizzato la loro produzione precedente per puntare, con immagini più astratte e figurativamente più efficaci, all’involucro dell’edificio, a ciò che Robert Venturi avrebbe definito come il tema del “decorated shed”. A tal fine propongono un parallelepipedo semplicissimo le cui facciate sono disegnate dalla sovrapposizione di pannelli in fibrocemento, disposti in maniera tale da ricordare il modo in cui all’interno sono stoccati i prodotti. Lo scostamento tra i singoli pannelli serve a consentire l’aerazione interna ma, interessando, nel progredire verso l’alto, fasce di altezze crescenti organizzate secondo le misure della sezione aurea, conferisce all’edificio una qualità che ricorda le sculture minimaliste. Lasciati in vista, i listelli di legno, i pannelli di fibrocemento e l’isolante richiamano la poetica dei materiali poveri delle architetture-sculture di Gehry, ma ne capovolgono i presupposti, orientando la ricerca non più in direzione decostruttivista ma in senso decisamente rigorista.

I magazzini della Ricola - mi confesserà Antonio Citterio- furono per noi giovani una rivelazione. Ci mostravano che c’era un modo di procedere che non era quello oramai asfittico dello storicismo del post-modern e nello stesso tempo che non si perdeva negli eccessi della forma, come avveniva per i decostruttivisti.”14

Negli edifici progettati intorno al 1989 la svolta annunciata dai Magazzini Ricola si concretizza con opere in cui il tema diventa sempre più chiaramente quello della pelle, dell’epidermide dell’edificio. Sono la cabina di segnalazione Auf dem Wolf a Basilea (1989-1994), gli edifici per uffici e Appartamenti Suva a Basilea (1988-1993), il centro sportivo Plaffenholtz a St. Louis, Francia (1989-1993), la Galleria Goetz a Monaco (1989-1992), l’edificio per appartamenti in Schützenmattstrasse (1991-1993). Sono caratterizzate da involucri pensati come se fossero opere d’arte e quindi giocati con le medesime tecniche messe a punto dagli artisti quali la decontestualizzazione, lo spaesamento, l’inganno percettivo, il salto di scala. La cabina di segnalazione Auf dem Wolf , per esempio, ricorda una pila elettrica, apparendo così un gigantesco inserto pop e, grazie ai delicati giochi chiaroscurali provocati dal diverso orientamento delle lamelle di rame che lo rivestono, una vibrante scultura minimalista. Le persiane dell’edificio sulla Schützenmattstrasse, che riprendono il disegno dei tombini di Basilea, creano una dislocazione percettiva causata dal fatto che ciò che ci si aspetta di trovare sul piano orizzontale del pavimento lo si trova su quello verticale della facciata. Le lastre serigrafate del centro sportivo Plaffenholtz -che riproducono, ingigantendola, la grana del calcestruzzo- giocano sull’equivoco che a decorare un materiale visivamente povero e' proprio il materiale stesso, ma mostrato ricorrendo ad una virtuale lente d’ingrandimento.




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